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Il giornalista Leopoldo Carta (1878-1932), il 6 giugno 1910, sulla rivista Il Secolo xx pubblicò un articolo dedicato a Nuoro e alla sua élite intellettuale. L’intento era quello di offrire una rappresentazione del capoluogo barbaricino diversa da quella della cronaca dilagante del periodo. Non solo delinquenza ma anche grande fervore culturale. Nel 1900 il Tenente dell’Arma Giulio Bechi aveva firmato il libro-scandalo dal titolo Caccia grossa, un ritratto crudele della criminalità in Sardegna sul finire dell’Ottocento, dove Nuoro, in particolare, veniva rappresentata come la culla del banditismo. Carta, insomma, voleva spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su un altro versante. Nell’area più interna dell’isola, infatti, stavano crescendo e si stavano affermando scrittori e artisti di qualità eccelse e di valore universale. Nuoro era un laboratorio di idee e di invenzione artistica, uomini e donne che iniziavano a produrre nuova cultura nonostante la povertà, l’arretratezza e l’isolamento di un villaggio che Salvatore Satta definì “nido di corvi”. Non c’erano infatti scuole (“a Nuoro le scuole finivano con il ginnasio”), non c’erano università e neppure biblioteche.
-Natascia Talloru*-
-Irene Bosu*-