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Ci sono le porte e gli specchi che, in questi anni, sono diventate labirinti e passerelle, case, stanze e luoghi della memoria.
Ci sono le ruote di bicicletta, che qualche tempo fa facevano riecheggiare una parte del mondo di Carol Rama e, ora, diventano supporti per girare il mondo.
E, ancora, tessuti intrecciati e lasciati liberi di sciogliere nodi e pensieri, ricamati con i ricordi delle prime volte e con i desideri di quelle che verranno.
E poi il mare e le storie, i mondi che uniscono.
La Sardegna, la Campania e la Puglia, con ceramiche, vedute, tessuti, lampade e coralli
E ancora Atlantide, con quella irresistibile connessione che lega il mito alla Sardegna.
È il mondo delle sovrapposizioni di Antonio Marras, che in questo Salone del Mobile (dal 16 al 21 aprile), in una Milano ventosa che saluta un’estate anticipata, continua a rinnovare quel senso di magia che rende, da anni, il suo cortile profumato dal glicine e il suo spazio, in continua trasformazione, oasi piene di poesia.
L’invito, stavolta, è di immergersi nel “mare dove non si tocca”, titolo dell’allestimento. Un mare di fragilità e relitti, tesori e cose eteree, così delicate da non poter essere sfiorate che con il pensiero. E, anche, per chi quel mondo lo conosce da un po', un gioco nel ritrovare elementi che sono diventati pezzi di memoria. Ogni cosa fluisce e ritorna, in un eterno ritorno che, di anno in anno, riesce sempre a stupire.
In un'epoca sempre più incline alla dematerializzazione, il tessuto assume il ruolo di protagonista come oggetto simbolico di trame tra persone, territori e storie. Nel Centro Polifunzionale di Nuoro due mostre celebrano il lato artistico del tessuto. "Intrecci di luce: 50 Anni di Fiber Art" di Nietta Condemi De Felice e "Notte stellata: un’interpretazione tessile del capolavoro di Van Gogh", curata da Eva Basile e Fabio Giusti, esaltano l'arte tessile, sottolineando l'importanza dell'artigianato, della condivisione e della materialità nell'arte contemporanea.
Che cos’è la grazia?
Forse per trovarla, per rintracciarne il significato più profondo e immediato, serve perdersi, lasciarsi trasportare da quello che ascoltiamo, che accade, che ci circonda.
Emiliano Deiana è partito da questa stessa domanda e l’ha trasformata in un libro, L’infinito in un istante (MaxOttantotto edizioni), un delicato gioiello di richiami, suggestioni, richiami.
Seguendo lo spirito dell’opera, l’intervista è stata al buio: prima le risposte, poi il libro.
Di questo testo, infatti, a parte i post sulla pagina social di Deiana, non avevo letto nulla. Ho deciso, allora, di lasciarmi guidare dalle parole dell'autore di La morte si nasconde negli orologi per indagare le suggestioni e le domande che portano poi, in fase di lettura, a una ricerca personale che si appiglia alla nostra esperienza, a quello che siamo, ascoltiamo, ricordiamo.
Alla nostra idea di grazia.