Lanfranco Dettori, conosciuto da tutti con il nome Frankie, è il fantino sardo più celebre al mondo. A fine anno compirà 50 anni. L’unica certezza che ha nella sua vita è quella di non avere alcuna intenzione di scendere da cavallo. «Ogni giorno c’è qualcuno che mi chiede quando andrò in pensione, ma per il momento la cosa non è in programma». Carta d’identità alla mano, Dettori è conscio d’aver imboccato l’ultimo rettilineo della sua straordinaria carriera, ma fintanto che seguiterà ad essere così richiesto, resterà in sella.
«So che non resterò in giro per sempre – ha continuato – e pavento il giorno in cui dovrò ritirarmi, perché non so come sarà. Sono 30 anni che faccio questa vita e quindi non sarà facile cambiare. Quando ho iniziato, cinquant’anni era un’età magica e lontana, ma adesso ci sono persone che gareggiano a 55 anni. Nel mio sport basta una caduta per smettere, per fermarti davvero, quindi tocco ferro perché questa caduta resti molto lontana e intendo andare avanti fino a quando il mio fisico non sarà più in grado di tenere il passo. Anche se da fuori sembra tutto molto glamour, in realtà questo è uno sport duro, fisicamente impegnativo, dove viaggi molto e perdi l’80% delle volte, vincendo solo nel restante 20%».
Figlio del “grande” Gianfranco, soprannominato il Mostro per la sua bravura in sella, originario di Serramanna, vive in Inghilterra dove è diventato mito con una carriera stellare.
Lanfranco Dettori ha un grande talento. Ma ha anche di fronte a sé una montagna alta e molto impervia da scalare. Quando sei figlio di un grande campione e fai lo stesso mestiere, la vita può essere dura. Il paragone è sempre dietro l’angolo e raramente se ne esce illesi. Qualsiasi successo, anche importante, contiene in sé un cono d’ombra molto ampio e ritrovare la luce non è semplice. Un super vincente il padre, venuto dal nulla e scoperto campione quasi per caso. Vale la pena di raccontare brevemente questa storia. Alla fine degli anni ‘60 Gianfranco, classe 1941, è emigrato dalla Sardegna a Roma. Il suo sogno era quello di divenire un fantino ma per vivere si è arrangiato a fare un po’ di tutto. Tra i vari lavori che in quegli anni svolge, viene assunto all’Ippodromo delle Capannelle come uomo di pulizia dei cavalli e delle scuderie. Non ha mai cavalcato, ma a forza di bazzicare intorno ai quadrupedi, ha capito molto della loro natura e del temperamento che distingue ronzini e purosangue. Ci vuole comprensione con i cavalli, ma loro devono sempre intuire chi comanda. E lui non è tipo da farsi sottomettere, né da bipedi né da quadrupedi. Un giorno decide di cavalcarne uno ritenuto da tutti particolarmente ostico e, sia pure con uno stile ancora da rivedere, lo doma. Il cavallo sarà anche duro, ma ha trovato pane per i suoi denti. Dettori scopre così di avere una grande capacità, un talento che va affinato e utilizzato al meglio. Nasce di fatto quel giorno la carriera di un fantino capace di vincere 3798 volte, secondo assoluto nella storia dell’ippica italiana. All’inizio degli anni 90 il campione decide di ritirarsi. Anche suo figlio Lanfranco è molto bravo e Gianfranco decide di seguirne al meglio lo sviluppo della carriera. C’è una parte del patrimonio tecnico che risiede nella tempra e che non si può tramandare, ce l’hai o non ce l’hai, ma da un uomo come Dettori senior si può imparare tantissimo.
Lanfranco seguì da subito le orme paterne, racconterà lui stesso in diverse interviste di non aver mai molto amato la scuola, e fu spinto proprio dal padre a trasferirsi giovanissimo in Inghilterra per tentare di sfondare nella patria dell’ippica. Aveva 14 anni quando divenne allievo fantino nelle scuderie del trainer italiano Luca Cumani a Newmarket. Non fu una strada semplice la sua, ma nel 1990, non ancora ventenne, iniziarono ad arrivare le vittorie nelle corse di gruppo britanniche, e con loro la fama e il denaro. L’arrivo poi come prima monta alla corte degli sceicchi del Dubai lo consacrò definitivamente come il migliore.
Ma ciò che accade il 28 settembre 1996 è davvero l’opera di un cannibale. Ascot, non è un semplice ippodromo, è un templio dell’ippica mondiale. Già il semplice fatto di essere presente è l’indice chiaro di un valore molto alto. Quel pomeriggio Frankie Dettori trascende quel valore e passa direttamente alla storia. Diventando leggenda. Sette corse in programma, le vince tutte. Nessuno avrebbe creduto in un’impresa del genere, ma non per sfiducia. Semplicemente perché il Magnificent Seven è qualcosa che non ha dell’umano.
I francesi lo chiamano “Le diable”, gli inglesi “The King”. Se è vero che è nato a Milano, nelle sue vene scorre sangue sardo e nel cuore si sente profondamente isolano. «Il mio cognome rivela le origini – dice con orgoglio – ma se questo non bastasse mi sono anche tatuato i quattro mori sul braccio destro, giusto per chiarire a tutti che la Sardegna è la mia terra».
Per 18 anni, fino al 2012, Frankie Dettori è prima monta del team Godolphin, di proprietà dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktum. Il lungo sodalizio porta un numero di successi impressionante. Vince ovunque: negli Usa, in Giappone, a Dubai e a Melbourne, oltre che in Inghilterra, per un totale di 553 Gran Premi. Poi nel 2012 il rapporto con il team s’incrina all’improvviso. Poco dopo, a Parigi il jockey italiano viene trovato positivo alla cocaina. Gli viene comminata una squalifica di 6 mesi ma è soprattutto il danno d’immagine a fare molto male. Poi ci si mette anche la sfortuna. Quando rientra in pista nel 2013, è pronto per correre all’Arc de Triomphe, ma un incidente a pochi giorni dalla manifestazione cambia tutti i programmi. È un momento molto duro per Frankie, forse il peggiore. Qualcuno lo dà per finito, ma non soltanto i cavalli possono essere purosangue: il talento fa la differenza, ma il carattere crea le distanze. E poi le mantiene. È il 4 ottobre del 2015 e Frankie ci riprova. “L’Arc” è sempre quello “de Triomphe” e la pista è ancora quella di Longchamp. Al vincitore andrà un premio di 5 milioni di euro. Il cavallo è Golden Horn e il fantino è sempre lui. Una corsa mitica, a 45 anni il numero uno assoluto è ancora Frankie Dettori. È lui a salire sul podio parigino per la quarta volta in carriera, forse la volta più bella. Chi lo dava per finito, è costretto a mutare opinione. Sta qui l’importanza di credere in se stessi sempre, non soltanto nei momenti di gloria. Troppo facile, nei momenti in cui la propria stella splende.
Come molti sportivi diventati vip, anche Frankie Dettori ha allargato i suoi interessi al di fuori del mondo delle corse. Negli anni il fantino ha infatti aperto diversi business, è diventato una star delle tv e ha prestato il volto a diversi giochi online. Come molti campioni italiani espatriati all’estero, anche Frankie ha puntato sulle sue origini dandosi al mondo del cibo e della ristorazione. In collaborazione con chef stellati Dettori aprì infatti il Frankie’s Italian Bar and Grill, nel 2004 a Londra, che ben presto poté vantare ben tre location nella capitale inglese. Fedeli alle passioni del loro proprietario, questi ristoranti offrono, oltre che al cibo, la possibilità di assistere ai principali eventi sportivi su mega schermi presenti nei locali. Il grande successo di Dettori ha ispirato anche diversi giochi dedicati alle sue imprese tanto che oggi numerosi casino online offrono la possibilità di giocare a ben tre slot ufficiali dedicate al campione e alle sue sette leggendarie vittorie ad Astor.
Massimiliano Perlato