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Se dovessi riassumere quello che si prova quando non si vive in Sardegna, pur avendoci le radici, è l’istantanea del porto che si allontana. Il momento in cui la nave si stacca dalla banchina e le luci di Porto Torres, Olbia, Golfo Aranci, Cagliari si fanno sempre più lievi e sfumate, sino a sciogliersi in un impalpabile contorno che lascia spazio a un mare che sembra sconfinato e che collima con uno straziante stato d’animo. È la sensazione di ignoto, il martellante presentimento di non poter far ritorno a breve, la percezione di scollamento da qualcosa che, anno dopo anno, comincia inevitabilmente a non appartenerti più. Da quel preciso istante in cui l'immagine della banchina si stropiccia come una vecchia foto riparte, in un ciclo infinito, una ruota sentimentale fatta di contrasti, ossimori, consapevolezza e speranza, malinconia ed entusiasmo che dialoga con un calendario diverso da quello della quotidianità. Un calendario di ricorrenze, occasioni, ponti, ferie. Il calendario di chi non vive più in Sardegna con il corpo, ma vi ha lasciato un pezzo d'anima.
Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a un progressivo allontanamento dai principi democratici in molte nazioni un tempo considerate bastioni della libertà e della partecipazione popolare: la democrazia sembra sempre più un orpello di cui il capitalismo può fare a meno.
Karim Aga Khan IV, Principe e Imam musulmano della comunità degli Ismailiti Sciiti, cui venne attribuita tra gli anni cinquanta e sessanta, la creazione della Costa Smeralda, è venuto a mancare il quattro febbraio all’età di ottantotto anni. La sua dipartita, ma anche tutta la sua vita e il legame con la Sardegna ha però suscitato, come era ragionevole aspettarsi, una serie di reazioni e prese di posizione contrastanti sia all’interno che fuori dall’isola.