Un mondo onirico, fatto di fotogrammi di luoghi in cui sappiamo di non essere mai stati ma per cui vien facile provare quella nostalgia della lontananza che i tedeschi chiamano "Fernweh". Un mondo in cui i personaggi si fondono con la natura e con la casa che, spesso sono uno stesso corpo. Un mondo di ricerca attenta e collaborazioni importanti che fanno di Giulia Achenza, classe 1989, una delle videomaker più promettenti della nuova generazione.
Nata a Olbia, studi in Fashion Stylist allo Ied di Milano, Giulia vanta una produzione artistica ampia e dettagliata dove spiccano, tra gli altri, i nomi di Armani, Etro, Emilio Pucci e Antonio ed Efisio Marras. Con il video "Leakage", parte del suo lavoro di tesi dedicato al tema della casa, ha vinto la prima edizione del Fashion Film Festival di Milano. Il suo stile, ricercatissimo, strizza l'occhio a una estetica della natura e all'amore per il cinema con un tocco e un punto di vista prettamente femminile a rendere tutto più aulico e leggero. L'amore per la Sardegna la porta a una ricerca costante di nuovi luoghi e giardini segreti, borghi abbandonati e paesaggi lunari in cui dare una seconda immagine a quell'isola patinata da vacanze estive. La Sardegna di Giulia è sintesi di una ricerca estetica è, come recita la protagonista di un suo lavoro: "La mia casa. Un luogo dove sentirmi sicura".
Sardegna come casa o casa come Sardegna?
Quando posso realizzo i miei video in Sardegna, sono una amante della mia casa, il mio luogo ideale. Sento il bisogno fisico di respirare quell'aria ma, allo stesso tempo, anche la necessità di andar via. Ho dedicato alla mia isola il lavoro di tesi, riassumendo quell'idea di casa che ti dà sicurezza e che, allo stesso tempo, ti opprime. Noi, da sardi, vivendo in un'isola, una sorta di casa nella casa, tendiamo a vivere contemporaneamente le due sensazioni di nido caldo ma, anche di gabbia opprimente.
Il video "Leakage", parte di un più vasto progetto in quattro capitoli dal titolo La Casa, Vincitore della kermesse internazionale Fashion Film Festival a Milano vede Gairo vecchia diventare cornice di un particolare ritratto di famiglia.
Leakage è una parola complessa che significa perdita, fuga e dispersione liquida nell'ambiente.
Tra le tante ricerche fatte per la tesi c'era un elemento che mi affascinava tantissimo, quello delle foto post mortem nei ritratti di famiglia. Nell'Europa nell' 800 vi era una altissima casistica di mortalità infantile. Pensavo che le foto post mortem realizzate usando il bambino defunto e immortalandolo fosse legato al volerne mantenere il ricordo. Invece si trattava di una credenza pagana che legava, con uno scatto, l'anima alla casa.
Per questo video pensai dunque a due ragazzi che mettevano la sorellina in posizione da foto post mortem. Giuro, niente di macabro. Era tutto molto puro, nei toni del bianco.
E' una sorta di album di famiglia invecchiato dal tempo, dove i fratelli si aggirano per le stanze di case logore e abbandonate mentre la sorellina diventava parte delle cose della casa, vi si fondeva.
Girai a Gairo vecchia, in tre parti, raccontando un allontanamento dei personaggi dal centro abitato che poi si spogliavano di tutto per congiungersi con la natura. C'era una specie di panismo, una cosa mistica, quasi baudeleriana.
Frames da Leakage
Come definirebbe il suo stile?
Il mio stile è qualcosa di naturale e imperfetto.
Penso che la natura sia la cosa più estetica che esista. La perfezione umana è antiestetica. La natura è realmente perfetta anche nel suo non essere sempre comprensibile: noi la chiamiamo imperfetta ma ha una sua geometria. Tendiamo ad associare la perfezione a qualcosa di regolare ma l'estetica è caos, sono forme irregolari che proprio essendo irregolari raggiungono la bellezza, la cosa più etica che esista.
Noi sardi siamo contagiati da questa bellezza, da questa esplosione unica della nostra natura, così diversa e sorprendente.
I suoi video raccontano molto di questo contatto con la natura ma come qualcosa di onirico, lontano.
E invece dovrebbe essere reale, dovremmo percepirla come qualcosa di normale, di vicino. Invece la natura ci spaventa perché è qualcosa che non controlliamo, come tutte le cose belle che però, continuano ad affascinarci.
Il percorso di studi in fashion stylist l'ha avvicinata a nomi importanti della moda e, anche in questo caso, la realizzazione dei fashion film ha avuto come cornice la Sardegna così come quella di alcuni video clip musicali e di Chea, prodotto da Guido Cella di Collateral Film scelto come manifesto del Fashion Film Festival 2014.
Diciamo che detesto girare in studio! Se ho la possibilità esco e torno a realizzare nella mia terra le mie inspirazioni. "White Island" per Etro è stato interamente realizzato nell'isola dell'Asinara per raccontare una storia malinconica, immersa in una natura sovrana. "Chea" ha come cornice S'Archittu, su quella roccia bianca che riflette la luce in modo quasi lunare. Ho girato anche sul lago di liscia dove sembra sia caduto un meteorite e abbia trasformato il paesaggio. Ma ci sono anche le antenne sulla cima del Limbara che tratteggiano un mondo quasi futuristico.
Frame da White Island - Etro
Come nasce la collaborazione con Antonio ed Efisio Marras per cui ha realizzato il fashion film "Eva" e quello della nuova linea I'M Isola Marras?
Nutro da sempre una stima infinita per Antonio e il suo lavoro. Ci siamo conosciuti personalmente due anni fa grazie a un amico comune mentre curavo la parte video per il gruppo Condé Nast. Con Efisio si è creato subito un bel legame e lavorare per loro è stato un qualcosa di assolutamente naturale sia con il fashion film per la nuova linea I'M Isola Marras che per The Marras Family con il video "Eva", girato in una villa di Olbia dove torna ancora l'idea della casa ma, soprattutto, quello della natura con cui fondersi e ritrovarsi.
Diversi suoi lavori portano nomi al femminile. Vi è un fil rouge?
Ho una passione per i nomi di donna o con assonanze femminili ma non saprei dire perché. Chea è una parola sarda che vuol dire terra, argilla. C'è Anita, che richiama dei fiori colorati e spinosi che fioriscono di notte ed Eva che fa pensare a una delle prime botaniche, Eva Mameli, madre di Italo Calvino, una personalità prorompente.
A chi si ispira? Ha un regista di riferimento?
Mi piace molto Terrence Frederick Malick, un regista che nella sua produzione evidenzia la natura divina nella natura e questa sensazione del corpo che si eleva e diventa tutt'uno con essa.
In che modo la tecnologia ha cambiato il lavoro del videomaker? Qual è nell'epoca degli youtuber il valore aggiunto di chi fa il suo lavoro?
Io devo ringraziare in primis il fatto di aver studiato per fare questo lavoro, non mi sono improvvisata. Ma la differenza sostanziale, è che il valore aggiunto ce l'hai o non ce l'hai. Non ci sono mezze misure e ognuno dovrebbe cercare di coltivare sè stesso, il suo talento. Tutti hanno tutto e tutti gli strumenti per poter fare questo lavoro ma il talento o ce l'hai o non ce l'hai anche se pare vada di moda sbandierare di non averne. Mi capita di incontrare tante persone che mi dicono: "Ah, ma tu fai video? Anche mio figlio fa lo youtuber, non sa cantare ma fa un sacco di video!" E io rimango di stucco. C'è stato un momento, inizialmente, in cui Youtube rappresentava davvero una opportunità per chi viveva in un luogo sperduto e non aveva modo, se non tramite la tecnologia, di uscire allo scoperto. E'quella era veramente inspiring: è importante, secondo me, ricercare esempi che siano fonte di stimoli che hanno un talento che tu sai di non poter avere e osservarli cercando il proprio non emulando qualcosa che non si ha.
Ha, in Sardegna, un luogo del cuore?
Vicino a Porto San Paolo, Costa Dorata con i suoi colori e quei risvegli meravigliosi, davanti all'isola di Tavolara. Mi dà un infinito senso di pace.
Che consiglio darebbe a un giovane ragazzo sardo?
È importante che impariamo a circondarci del diverso, di stimoli. Per questo consiglio di partire e aprire la mente. Quando vai via dalla Sardegna inizi ad apprezzare cose a cui prima non facevi caso e cresce in te il desiderio di raccontare quelle unicità e, magari, di tornare ad invecchiare in Sardegna.
In chiusura, c'è una frase che la rappresenta, che sente sua?
Il mio professore di Lettere mi consigliò un libro: "Potevo far meglio", di Montanari. È un testo di filosofia del diritto che racchiude una frase che riassume quanto diceva Kant a proposito del modo in cui percepiamo i concetti metafisici e universali anche se non li possiamo raggiungere nella loro finitezza.
"Non esiste un metodo per essere liberi e buoni: ci si può solo interrogare continuamente se si poteva esserlo di più, se si poteva fare meglio".