La libertà è una fotografia che prende vita. Che a tempo di musica lascia il bianco e nero e acquista colore, intrisa del sapore di libertà, di indipendenza.
Antonio Marras racconta ancora una storia che incanta e sorprende. Lo fa, in occasione della settimana della moda milanese, partendo dagli scatti di Malick Sidibè, il grande fotografo del Mali scomparso il 16 aprile di questo anno. La collezione donna e uomo, per la prima volta insieme, della prossima stagione primavera estate 2017, si snoda tra i caschi da messa in piega dei negozi delle parrucchiere di Bamako, la capitale del Mali che si scatena, all’indomani dell’indipendenza, in una danza corale di libertà. Di bellezza, di twist e rock’n’roll. E il geniale sarto di Alghero, la interpreta ricucendo insieme, con il filo della libertà, tradizione e innovazione, il gusto personale e quello collettivo, desideri voluti e realizzati.
Per questo non si pongono limiti alla scelta dei tessuti e come in un ballo, di passione o di culto, ci si lascia andare al senso del ritmo, facendo svolazzare frange e fiocchi, velette e inserti. I tagli sartoriali si alternano a linee fluide per uomini e donne che indossano gli stessi tessuti in un nuovo ibridismo vestimentario dove s’incontrano cotone, pizzo, jeans e ancora tulle e pailettes, drappeggi e stampe. I colori del mare s’intrecciano con stampe bouquet e rossi intensi, bronzi e grigi con la predominanza di bianco e nero, su tutto, come nel vichy di cotone, a metafora dei contrasti tra ragione e istinto, sogni e realtà, paura e coraggio. Come negli scatti di Sibidè, il gioco dei contrasti spazia dalle coppie che si sfiorano a tempo di twist ad austeri capofamiglia, nell’eleganza dell’abito tradizionale e nella novità delle ragazze vestite all’occidentale. Marras spazia su dualismi e sovrapposizioni e mescola austerità, tagli e stampe geometriche a scollature ampie e profonde dove il corpo gioca con la sensualità delle trasparenze e con seni che non hanno paura di mostrarsi nella loro fierezza, sotto tessuti impalpabili che accompagnano ogni passo di danza. Tuniche e parei, caftani e camicioni compongono un elogio alla freschezza raffinata che si tinge d’oro e argento, rosa polvere e verde malva, kaki e denim. Le linee sono decise e fluide come nelle silhouette disegnate dall’artista afroamericana Kara Walker o più decise, racchiuse da stretti corpini. I capispalla scivolano morbidi lungo il corpo, le gonne, voluminose, si arricchiscono di frange. Il denim si sfrangia e ricompone come l’idea di una memoria collettiva che va a ricrearsi su note comuni, a riscoprire se stessa. Lo fa, anche, riempendo ancora di sogni la sua borsa che per Marras si fa importante, maxy, nelle tonalità del mare per l’uomo e la donna. E in chiusura, quella fotografia riprende vita e le donne posano gli accappatoi e le riviste sulle poltroncine della parrucchiera e si lasciano andare alla danza. Come una foto in bianco e nero. Da guardare e annusare. Per sentire, ancora, il profumo di libertà perché, come amava dire Malick Sidibè (i cui scatti saranno in mostra al Nonostante Marras a partire dal 24 settembre), “La fotografia è un modo per vivere più a lungo”.