La musica, si sa, ama giocare con i limiti. Quelli fisici, quelli della mente. E per farlo viaggia, scopre, esplora e torna a raccontare, sempre. O immagina. E lo fa con suggestioni inusuali che sconvolgono e aprono porte, che offrono ali a chi fino a quel momento aveva solo bramato il cielo senza poterlo possedere. Amano viaggiare, gli SVM. Lo fanno con la ricerca musicale e soffermandosi ad ammirare il cielo stellato che avvolge la Sardegna. Pensando a nuovi mondi. Nuovi incontri. E provando a raccontarli.
Il loro è un genere sul quale ci sarebbe da dedicare ben più di un’intervista. Si chiama Nujazz Math Rock Progressive e in questi mesi estivi sta conquistando la Sardegna, tappa dopo tappa, al ritmo dei brani di Always Know, secondo album realizzato dal trio, attivo dal 2014, composto da Mauro Medde (basso), Andrea Sanna (piano, rhodes, synth) e Nicola Vacca (batteria). I brani di Medde (Gavoi), Sanna (Turri) e Vacca (Lunamatrona) sono di matrice jazz, “scuola” e radice di tutti i componenti con suggestioni che provengono dall’elettronica e dalle sonorità anni Settanta.I giovani portavoce di quello che viene anche definito “jazz matematico” non sembrano affatto scoraggiati dall’aver intrapreso una strada sicuramente meno commerciale rispetto alla loro generazione e momento storico. La affrontano come decisi pionieri, lavorando su innovazioni musicali che, nel secondo disco, guardano al cielo e raccontano uno dei viaggi più affascinanti del secolo scorso, quello del messaggio di Arecibo, comunicazione radio inviata nello spazio durante gli anni Settanta. Always Know è un viaggio astrale ma, anche, un percorso alla scoperta dei propri limiti rappresentati nella copertina del disco, una emblematica formica con le ali. Li abbiamo incontrati in occasione del tour estivo.
Chi sono, in una frase, gli SVM?
Siamo tre amici che hanno una visione comune della musica.
E com’è questa visione comune?
Senza rivalità, nel modo più libero possibile. E’ un modo democratico di guardare alla musica, in grado di abbracciare generi diversi. Fino ad ora quello che abbiamo fatto è stato improntato sul jazz con influenze progressive e rock. Il tutto in una visione zappiana, senza limiti alla sperimentazione. Ci piace indirizzare le nostre note dove ci porta la creatività senza paletti né etichette, associando a generi ben precisi elementi diversi in un qualcosa di naturale che viene direttamente dal nostro istinto musicale.
Always Know, il vostro secondo disco è stato presentato ad inizio estate al pubblico di Gavoi, in occasione del Festival Letterario “Isola delle Storie”. Raccontateci un po’ la storia del disco e quali sono le vostre aspirazioni o aspettative rispetto a questo lavoro.
L’ispirazione per Always know viene dal messaggio di Arecibo, comunicazione radio spedita nello spazio, nell’ammasso globulare di Ercole M13, 25 000 anni luce di distanza dalla terra, il 16 novembre 1974. Gli anni Settanta rappresentano per noi un momento storico di forte fascino. Siamo partiti dalla descrizione di questo viaggio per raccontarlo in un concept album suddiviso in 4 tempi per 4 differenti canzoni. Il primo brano parla, attraverso la musica, della creazione del messaggio; il secondo narra del viaggio nello spazio e il terzo ha il nome della galassia in cui è stato inviato; l’ultimo porta il titolo dell’album, Always Know e descrivendo l’ipotetico arrivo del messaggio, ricorda la nostra consapevolezza del non esser soli nello spazio. Con Arecibo l’umanità ha aperto porte che conducono a possibilità di trovare vite e situazioni oltre le nostre. L’ultimo brano è volutamente enigmatico e il simbolo che abbiamo scelto a corredo dell’album rappresenta, esso stesso, un limite: una formica con le ali. Sono i limiti dell’essere umano per quanto riguarda la conoscenza dell’universo ma anche quanto accade nel pianeta, con complotti e guerre. Le ali, al contempo, simboleggiano una sorta di speranza.
Nel 2014 avete vinto il contest Conad Jazz a Umbria Jazz come band emergente proponendo alcuni brani del vostro primo disco SVM per l’appunto. Cosa avete portato in valigia dopo questa esperienza e quali sono stati i riscontri postivi e negativi in seguito, anche dopo la pubblicazione dell’album? Cosa è cambiato tra i due lavori musicali?
Il primo album è un misto di nostre composizioni che già avevamo e abbiamo arrangiato per il nostro trio, forse un po’ meno mature rispetto a quello che oggi riusciamo a fare. Suonare all’Umbria Jazz è stato bellissimo: palco importante, pubblico attento, ottimo trampolino di lancio. La principale differenza tra SVM e Always Know sta nella scrittura e arrangiamento delle musiche, totalmente nostre nel secondo album. Il primo è un disco di presentazione, il secondo un concept album che racconta una storia.
(Foto credit Natascia Talloru)
Come definireste il vostro stile musicale? Vecchio stampo, live, improvvisazione e sonorità vintage, oppure vi sentite più propensi verso l’elettronica e il digitale?
Partiamo da un percorso jazz, parte importante della nostra formazione e genere che tutt’ora amiamo. Non ripudiamo l’approccio improvvisativo e di vecchio stampo ma siamo in un periodo di transizione per quanto riguarda l’elettronica. Quanto avviene oggi è quasi un ritorno ai nostri albori: siamo nati come rockettari legati alla musica degli anni Settanta e al rock progressive. Una vera e propria attitudine musicale, più che un genere che sta riaffiorando con cognizione di causa diversa ma nella necessità di andare a sviluppare un genere scomparso. Siamo molto contenti di questa riscoperta che ci ha permesso di trovare una sorta di pace dei sensi.
Chi è il vostro pubblico di riferimento? A chi si rivolge il vostro genere, il Nujazz Math Rock Progressive?
La nostra è una musica ascoltabile anche da persone della nostra generazione abituate alle sonorità della musica elettronica che strizzano però l’occhio anche a persone affini a quel tipo di approccio musicale. Secondo noi il segreto sta nell’attirare l’attenzione del pubblico cercare di incuriosire verso qualcosa che non ha mai sentito prima. Cerchiamo un pubblico curioso, non uno che si accontenti di una cosa rassicurante, buttata lì, ma che cerchi qualcosa di diverso. Forse la nostra potrebbe essere considerata una utopia. Non cerchiamo di riempire uno stadio, ci accontentiamo anche solo di piacere.
Sia nel disco di presentazione che, soprattutto, in “Always know” è molto forte il senso del viaggio che va a scoprire e ricercare in luoghi lontani, sia terreni che ultraterreni ed extraterrestri. Che significato ha per voi, in tal senso, l’idea di un viaggio astrale?
Sicuramente abbiamo una passione per la fantascienza e astronomia e abbiamo voluto stimolare chi ci ascolta partendo proprio dal messaggio di Arecibo, punto di incontro e partenza di molteplici situazioni. Ci capita spesso di ammirare insieme l’impressionante cielo stellato sopra la nostra terra. Ci soffermiamo molto ad osservare le stelle e pensare cosa potrebbe esserci oltre quello che conosciamo. L’idea dei viaggi spaziali diviene motivo di riflessione tra noi. Come in quella Dark side of the Moon, la parte oscura della luna dei Pink Floyd, soffermarci a una sola parte del cosmo non ci bastava. Volevamo spingerci oltre e abbiamo iniziato a immaginarlo.
Progetti futuri degli SVM?Ci sarà un tour?
Intanto stiamo lavorando alla presentazione del disco in Sardegna e oltremare. C’è da trovare una etichetta e dar via al tour. Poi, inizieremo a pensare al terzo disco.
(Foto credit Roberto Farace)
Contact: https://www.facebook.com/svmband/
Mariella Cortes
(Grazie alla collaborazione di Natascia Talloru)