Ci sono progetti culturali necessari. Attesi, sospirati, sussurrati, percorrono strade diverse e spesso attendono anni prima che qualcuno riesca a captarne lo spirito e a tradurre in forma qualcosa di etereo. Ecco, Civitates Babariae del duo Ilienses è questo. È molto altro. Perchè è un progetto musicale e culturale, un progetto di ricerca e avanguardia, un progetto intimo e al contempo comunitario. È, il sofisticato lavoro di Natascia Talloru e Mauro Medde, anche, un viaggio.

Un viaggio, a tratti onirico e altre volte talmente fisico da essere tangibile, vicino, tra le pieghe del tempo e della storia sarda. Nei sette brani ( più una sorprendente ghost track) del disco, autoprodotto, pubblicato dalla ILI Music, anche se il territorio protagonista è quello della Barbagia, tutto si fonde in un melting pot che affonda le sue radici nel carnevale barbaricino e nei rituali delle prime popolazioni della Sardegna, nelle leggende e in quei brebus mai urlati.

Il progetto recupera sonorità a tratti ancestrali, le smantella per ricostruirle in forme nuove o le tiene immutate per accostarne di altre.

Così, grazie agli strumenti tradizionali di Gavoi (tumbarinos, pipiolos, tumborro, corno, triangulu), dei campanacci di Tonara e delle voci gutturali del canto, insieme a sonorità contemporanee che si svelano con l’uso del basso elettrico, del pianoforte, della chitarra elettrica, del sinth e della batteria, Civitates Babariae trasporta l’ascoltatore nella quotidianità dei sardi dimenticati, facendo riaffiorare alla memoria fatti storici dalla forte drammaticità. È qui che emerge tutto l’orgoglio e la forza di un popolo che non aveva alcuna intenzione di piegarsi davanti agli invasori. Ma è qui che trapela, anche, con estrema dolcezza, la loro fragilità. È un grande popolo, quello narrato in Civitates Barbariae, con un forte attaccamento alla terra e una innata spiritualità ma è, insieme, debole per le sue divisioni interne e le lotte circoscritte agli stessi confini territoriali. 

Ad accompagnare le musiche, come in un viaggio letterario, è un narratore esterno che ci fa immergere nella quotidianità delle tribù Ilienses che, senza filtri, confidano aneddoti, fatti e storie dense di saggezza. Ad affiorare, talvolta, sono le parole di Peppino Mereu, in sardo: stralci delle sue poesie e d i quelle parole senza tempo, conferiscono preziosità alla narrazione . 

Ecco perchè Civitates Barbariae è un progetto necessario. Perchè ci ricorda che la conoscenza della nostra storia, della nostra cultura, parte anche dalla suggestione, in grado di attivare un desiderio di sapere.

Non solo.

Civitates Barbariae è, anche, una storia di caparbietà che sfida l’immobilismo culturale, coinvolgendo mondi diversi per dar vita a un disco e a un cortometraggio in una logica di cultura partecipativa dove Natascia e Mauro sono stati coinvolgitori attenti e attivi. La  realizzazione del cortometraggio che un anno fa ha anticipato l’uscita dell’album ha infatti coinvolto comparse e aiutanti di Gavoi e Tonara, luoghi di provenienza dei due autori e dei paesi vicini che si sono sentiti parte attiva del progetto sin dal primo momento. Per questo e tanto altro, Civitates Barbariae è un progetto da ascoltare con attenzione e da vivere lasciandosi trascinare tra quelle storie, urlate e sussurrate, tra visioni e fatti, passando tra reale e fantasy senza soluzione di continuità ma vivendo attivamente le sonorità create da Natascia e Mauro, come in un viaggio atteso. 

 

A quali progetti esistenti vi siete ispirati? 

I nostri ascolti spaziano dal rock, al prog, al metal, dal jazz alla world music, alla musica sperimentale. Le nostre influenze sono talmente tante che è difficile dire nello specifico quali siano stati i progetti a cui ci siamo ispirati maggiormente. Più che un progetto o uno stile musicale ciò che forse può aver influito su Ilienses è stato l’approccio utilizzato da alcuni artisti nel creare la loro musica, da cui ne è derivato un miscuglio sonoro personale. Dovendo citare qualche influenza potremmo oscillare tra la musica tradizionalsarda, Tigran Hamasyan, Tool, Iron Maiden, il jazz e le musiche popolari di diverse zone del mondo. A volte un artista ti può influenzare anche solo dal punto di vista intellettuale, non per forza musicale.

Chi è il vostro ascoltatore tipo? A chi vi piacerebbe arrivare? 

Il nostro ascoltare tipo è attento, curioso, disposto a vedere la musica non secondo un genere o un canone specifico. E un appassionato di cultura sarda ma in generale è anche un appassionato di culture del mondo, della storia, della letteratura e della tradizione. Questo è il tipo di pubblico che pensiamo si possa avvicinare a Ilienses. Ma non è detto.  Abbiamo potuto constatare che molte persone apparentemente distanti musicalmente da Ilienses in realtà poi si sono avvicinate e si sono mostrate interessate.

Ilienses è anche un progetto video: quali suggestioni cinematografiche vi convivono? 

Le suggestioni sono del tutto personali. Possiamo dire ciò che noi pensavamo di voler mostrare dal principio: suscitare ad esempio curiosità nei confronti del nostro passato, misterioso e arcaico, curiosità nei confronti della nostra cultura, del territorio e del nostro Carnevale. Suscitare anche interesse verso una forma d’arte che in Sardegna ha da sempre fatto la differenza e fatto anche la storia, poiché senza di essa molti fatti sarebbero a noi sconosciuti: la poesia sarda. Come? Attraverso sentimenti di inquietudine e di fascino allo stesso tempo. Portare chi ascolta a percorrere un viaggio immaginario in questo mondo ignoto degli Ilienses.

Quali emozioni avete provato voi, come autori e realizzatori, nella creazione e stesura del progetto? 

Ci siamo avvicinati ulteriormente alla nostra terra con questo lavoro. Abbiamo sentito maggiormente il senso di appartenenza attraverso lo studio e la sperimentazione musicale: le sonorità degli strumenti tradizionali, dei canti a tenore e tutto il paesaggio sonoro che ci accompagna da quando siamo bambini, durante le feste o nelle ricorrenze paesane, in questo lavoro hanno assunto un significato diverso, più intimo. Ci siamo accorti che tutto ciò che viene chiamato folklore è la matrice principale di Ilienses, anche se in realtà non possiamo definirlo un progetto folk, per diverse ragioni.

La cosa più bella sarebbe sapere che chi ascolta la musica Ilienses provi i nostri stessi sentimenti e le nostre stesse emozioni. E’ il regalo più bello che potremmo mai fare alla Sardegna.

Se Ilienses fosse una colonna sonora on the road della Sardegna, quali luoghi toccherebbe? 

La musica Ilienses è stata pensata come colonna sonora immaginaria, è nata con questa definizione e parla del territorio,  dei suoi boschi, dei suoi alberi dai tronchi contorti. Ed è in assoluto per noi la colonna sonora dei siti archeologici, perché sono quei luoghi che ci inducono a porci mille domande e che sottilmente e misteriosamente ci ricollegano a una storia remota di cui attualmente conosciamo ben poco.

D’altronde è stata proprio la curiosità nel conoscere il nostro passato ad averci indotto a crearlo attraverso la musica.

 

Photo Credits @Ilienses 

Scopri Ilienses su:
https://open.spotify.com/artist/1ohcSfBbuLcM9pi5c8PSks…
https://www.youtube.com/channel/UC2ECeJM-LUGEM21ckM9AnCw

 

Autore dell'articolo
Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
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