In quella serata del 6 agosto a Tokyo, in una notte magica nell’Olimpo delle stelle dello sport, ancora ansimante per l’immane sforzo protratto mezzo minuto addietro, ha osservato trepidante il suo compagno di staffetta tagliare per primo il traguardo. Nientedimeno che quel Filippo Tortu, sardo di origine che vive in Brianza. Incredulo e sorridente, si è messo le mani fra i capelli correndogli incontro, non rendendosi ancora conto della vittoria. Una medaglia d’oro fantastica che avrebbe portato nella sua Oristano. Ha ventun anni Lorenzo Patta, di Samugheo, gareggia per il gruppo sportivo delle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza. Era il primo staffettista di quella miracolosa 4x100 maschile.
Il sardo, misurato e genuino nella vita come in pista, ha un passato a giocare a calcio nei campi di periferia prima dell’amore per le piste d’atletica, convinto dal suo maestro di sempre.
“Ho cominciato a fare atletica con i Giochi Sportivi Studenteschi al liceo, dove mi ha notato il mio allenatore – evidenzia con soddisfazione Lorenzo -. Da calciatore, ero un po’ scettico perché non avevo intenzione di cambiare, giocavo nel La Palma Monte Urpinu e dapprima mi sono diviso tra i due sport per poi consacrarmi solo all’atletica quando sono arrivati i primi successi, come il titolo italiano nei 200 metri. All’inizio l’ho presa come un gioco, l’Olimpiade era un sogno a cui non pensavo minimamente e che è iniziato a diventare realtà dopo Savona (il 13 maggio 2021 ha corso i 100 metri in 10″13, settima miglior prestazione italiana di sempre)”. Successivamente si è confermato in Coppa Europa ed è entrato di diritto in una 4×100 che sembrava già definita.
Abbiamo imparato a conoscerlo, oltre alla gara vincente di Tokyo, non appena ha sorpassato le porte scorrevoli dell’area bagagli dell’aeroporto di Cagliari Elmas, dove indugiavano le televisioni regionali e nazionali. L’oristanese è scoppiato in un pianto liberatorio correndo ad abbracciare i genitori, mentre un centinaio di persone, tra compagni di squadra e amici, giunti appositamente per tributargli i meritati onori, lo sommergevano del proprio affetto tra coriandoli e cori da stadio.
Lorenzo è terminato in un vortice di interviste, conferenze stampa, messaggi e telefonate d’affetto: ha fatto fatica a metabolizzare tutto questo. “Adesso a distanza di mesi, sto realizzando. Abbiamo fatto qualcosa di enorme, abbiamo fatto la Storia. E son fiero di averne fatto parte.”
Racconta di sé, dei sacrifici per arrivare all’apice di una carriera con l’alloro più rilevante. “Non sono mai stato uno studente modello. L’ultimo anno di liceo è stato particolarmente difficile. Gli allenamenti cinque volte a settimana e le gare spesso mi imponevano a fare assenze. Chiaramente devi sacrificare dei momenti anche con gli amici, ma non sono una persona da lunghe serate e non mi piace molto andare in discoteca. Sono un ragazzo casa e campo”.
Col pensiero torna a quei 37 secondi che hanno fatto la storia dello sport in Italia.
“In quegli istanti pensavo unicamente ad osservare il tabellone e volare ad abbracciare Filippo Tortu.”
Riferisce del suo legame particolare con Filippo, non solo per la terra che li accomuna. “Lui non aveva capito ancora ma io ho visto dal maxischermo che aveva messo la testa davanti agli altri. Non ricordo cosa gli ho detto, ma quando l’ho visto arrivare sul traguardo seguitavo ad urlare «No, no, non è possibile!». Con lui ho un legame stretto perché lo conosco da più tempo. Però ho un bellissimo rapporto anche con Marcel e Fausto, e inevitabilmente dopo questa medaglia è come se fossimo diventati tutti fratelli. Filippo ha un carattere che ho visto in poche persone: superare tutte quelle critiche che ha ricevuto e poi fare quella frazione”.
Lorenzo, cresciuto nell’Atletica Oristano sotto le ali di Francesco Garau, leggenda della specialità sportiva in Sardegna.
“E’ una persona speciale. E’ come se fossimo nonno e nipote. Ci vediamo quasi ogni giorno da cinque anni e c’è una stupenda sinergia che va oltre la pista e gli allenamenti, perché mi ha insegnato molto al di là dello sport. È una figura mitologica dell’atletica oristanese e per me lo è anche a livello mondiale. Non posso che ringraziarlo per tutto quello che fa e quest’oro è merito suo. Mi hanno detto che dopo la gara si sono sentiti con mio padre e sono rimasti due minuti soltanto a piangere al telefono. Questa medaglia è il giusto riconoscimento per tutto quello che ha fatto e son felice di avergliela portata. Se riesco a trovare le motivazioni in me stesso è grazie al mio allenatore che mi sprona ed è stato presente anche nei momenti più difficili come gli infortuni. L’ultimo curato giusto in tempo per Tokyo. In questi momenti lui e la mia famiglia sono stati fondamentali perché mi hanno aiutato a trascorrere il periodo senza farmi perdere la fiducia.”
Adesso Lorenzo Patta getta le basi per i prossimi obiettivi: non solo staffetta ma gare individuali, in particolare i 200 metri dove ancora resiste uno storico record, quello di Pietro Mennea.
Battere quel record sarebbe meraviglioso - confida il campione olimpico -. Non nascondo che tutta l’attività 2022 sarà volta a continuare a dare il mio apporto alla staffetta ma soprattutto a preparare le gare individuali, in particolare i 200 metri, specialità che sento più mia.
E poi Parigi 2024, la nuova sfida ai Cinque Cerchi, non è lontana. “I prossimi obiettivi sono mondiali ed europei nel 2022. A Parigi preferisco non pensarci troppo, ma fare un passo alla volta fino al 2024. Per una medaglia è tosta, sarebbe già un grande traguardo arrivare in finale, magari nei 200 metri. Nella mia attività non mi sono mai posto limiti cercando di dare sempre il massimo. Questo è importante per chi, come me, sogna di diventare grande. Quanto ottenuto è indubbiamente un traguardo, ma né un punto di arrivo, né un punto di partenza. Sono giovane, ho voglia di misurarmi con me stesso, mi costruirò la possibilità di fare altre Olimpiadi.”
Allenamenti e sacrifici: binomio che non si può scindere e che è stato il segreto per far esplodere il talento del giovane atleta oristanese. Non solo passione, dunque, ma anche tanto impegno. “Mi piacerebbe che grazie ai successi olimpici di tutta la nazionale italiana tanti giovani si riavvicinino allo sport - conclude Lorenzo Patta -. Praticare una disciplina, qualunque essa sia e aldilà dei risultati che si possono ottenere e che ti gratificano, è la cosa più bella che un giovane possa fare, per la sua crescita personale e per il suo stare dentro la società.”
Massimiliano Perlato