Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a un progressivo allontanamento dai principi democratici in molte nazioni un tempo considerate bastioni della libertà e della partecipazione popolare: la democrazia sembra sempre più un orpello di cui il capitalismo può fare a meno.
Questa transizione non è il frutto di un complotto o di un improvviso cambiamento di rotta, ma il risultato di un'evoluzione strutturale. In un'epoca segnata dalla percezione costante di pericolo - che si tratti di minacce terroristiche, crisi economiche, pandemie o guerre - le società democratiche hanno mostrato fragilità nel rispondere con prontezza e decisione.
La democrazia richiede dibattito, consenso, mediazione, mentre il capitalismo globale esige rapidità, efficienza e prevedibilità. La soluzione, per molti governi e per gli stessi grandi gruppi economici, sembra dunque essere l'adozione di modelli più autoritari, capaci di garantire stabilità e continuità senza le "disfunzioni" democratiche.
La rinuncia ai principi democratici trova una delle sue spiegazioni più profonde nella diffusione di un costante senso di pericolo. La paura è diventata il leitmotiv delle società contemporanee, amplificata da una narrazione politica e mediatica che insiste su minacce reali e presunte. Il terrorismo islamico negli anni Duemila, la crisi finanziaria del 2008, la pandemia di Covid-19 e ora la guerra in Ucraina e la gestione dei flussi migratori hanno contribuito a rendere la società occidentale sempre più incline ad accettare restrizioni alle proprie libertà in nome della sicurezza.
Questo meccanismo è ben noto ai regimi autoritari, ma il vero cambiamento è che ora anche le democrazie liberali sembrano aver adottato lo stesso paradigma. Il cittadino medio, bombardato da un flusso incessante di notizie allarmanti, accetta con meno resistenza leggi e regolamenti che limitano la sua libertà personale. I poteri forti - dalle multinazionali ai governi - hanno imparato a sfruttare questa condizione per rafforzare il proprio controllo senza bisogno di ricorrere a colpi di stato o dittature esplicite. Il nuovo autoritarismo non ha bisogno di carri armati nelle strade, ma si insinua attraverso il consenso passivo di cittadini esausti.
Un altro fattore chiave nella crisi della democrazia è il modo in cui l'informazione viene oggi consumata. L'avvento dei social media ha portato a una sovrabbondanza di dati, immagini, opinioni e fake news che ha reso impossibile per l'individuo medio distinguere il rilevante dall'irrilevante. L'iperinformazione, lungi dal rendere le persone più consapevoli, ha generato un effetto paradossale: il sovraccarico cognitivo.
L'essere umano non è progettato per elaborare una quantità infinita di informazioni senza filtri. La continua esposizione a contenuti contrastanti, iper-semplificati e spesso emotivamente manipolatori porta a due risultati principali: il disorientamento e la radicalizzazione. Alcuni reagiscono sviluppando un cinismo generalizzato, rifiutando qualunque narrazione ufficiale e rifugiandosi in teorie del complotto. Altri si chiudono in bolle informative, seguendo solo fonti che confermano le proprie idee preesistenti. In entrambi i casi, il risultato è una società meno capace di analisi critica e più vulnerabile alla manipolazione.
Questo ha conseguenze dirette sulla tenuta delle democrazie. Un elettorato confuso, polarizzato e incapace di discernere tra fatti e propaganda è l'ideale per chi vuole governare senza ostacoli. Se le persone non riescono più a orientarsi tra le informazioni disponibili, diventa più facile per il potere indirizzare il dibattito pubblico secondo le proprie necessità. La politica stessa ha abbandonato i programmi concreti in favore di slogan emotivi, che funzionano meglio in un ambiente di continua emergenza percepita.
Un Futuro Senza Democrazia?
L'attuale traiettoria sembra indicare un futuro in cui il capitalismo globale continuerà a operare sempre più svincolato dai principi democratici. La crescente influenza di modelli autoritari dimostra che si può avere un'economia fiorente senza necessariamente garantire libertà politiche e civili ai cittadini. Se in passato il capitalismo e la democrazia sembravano due facce della stessa medaglia, oggi il primo sta dimostrando di poter prosperare senza la seconda.
Questo non significa che la democrazia sia destinata a scomparire del tutto, ma piuttosto a diventare un guscio vuoto, un rituale formale privo di reale contenuto decisionale. Le elezioni continueranno a tenersi, ma in un contesto in cui le opzioni disponibili saranno sempre più limitate e preconfezionate. I diritti civili saranno garantiti solo finché non intralciano gli interessi economici dominanti. Le proteste saranno tollerate solo se non mettono in discussione il sistema stesso.
Se la democrazia vuole sopravvivere, è necessario un profondo ripensamento del nostro rapporto con l'informazione, con la paura e con il potere economico. Serve una nuova alfabetizzazione digitale per permettere alle persone di orientarsi nel caos informativo. Serve un'azione politica coraggiosa per rimettere la partecipazione popolare al centro del processo decisionale. Ma soprattutto, serve una consapevolezza collettiva che la libertà non è un bene garantito, ma qualcosa che va difeso attivamente ogni giorno.