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Ci sono libri che profumano di mare, coraggio e libertà. Di spensieratezza e voglia di vacanze. Di quelle giornate lunghissime da trascorrere lasciando che lo sguardo si perda tra onde e cielo. Sono quei libri che ti fanno sospirare, perché vorresti che oggi, in queste giornate d’autunno e quasi inverno, fosse ancora un po' ieri e fosse ancora Sardegna e feste in piazza, e canti e risate e quel buon profumo che il mare sardo lascia, anche a distanza di mesi sul tuo asciugamano. Sono libri che rendono più dolce la partenza e ti fanno pensare, per un attimo, che sia ancora ieri. Libri che, nelle loro pagine, apparentemente così leggere, hanno tutto il peso di una guerra da combattere.
La prima volta che ho sentito parlare di Archivio Marras non sapevo nemmeno di chi si trattasse. Osservando alcune immagini trovavo una realtà, quella dei boschi del Gennargentu, nel modo in cui l'ho sempre vista attraverso i filtri dei miei occhi, come se loro stessi le avessero concretamente sviluppate in quella maniera.
Un teatro non dovrebbe mai smettere di essere tale. Nessun abbandono e nessun insolente schiaffo del passar del tempo può cancellarne le storie, i personaggi, gli applausi e fischi, i bis e tutto quello che le sue mura sono riuscite a custodire.
Antonio Marras, nella sua costante ricerca della seconda vita segreta delle cose, arriva in quello che vent’anni fa fu il grandioso Teatro Lirico di Milano, a due passi dalle guglie del Duomo e decide di restituire a quelle mura, chiuse dal 1999, la magia di un sipario che si apre davanti a un pubblico da grandi occasioni.