Di Angelica Grivèl Serra*
Due sardi, una coppia, due personalità distinte. Sarà l’armonia che creano i loro nomi accostati, ma viene istintivo pensare a Lucio Aru e Franco Erre come un’entità unica.
Eppure, non è difficile scorgere in loro un divergere per attitudine che è rivelativo dell’indole di ciascuno: se Lucio è di una vivace fantasia elettrica, Franco è decisamente più metodico e razionale.
Oggi, Lucio e Franco sono pionieri di Narènte (in sardo, participio presente del verbo narrare), un titolo evocativo a suggellare il duo, ma non solo: primariamente, infatti, il loro è un sodalizio artistico pienamente isolano che si compie nella fotografia e nella concretezza di un’agenzia di moda.
Lucio conosce la fotografia durante gli studi di Arti visive a Bologna, Franco vi si avvicina piano, dopo un passato professionale da fashion designer. Decidono però di coltivare insieme l’amore per il linguaggio fotografico, dapprima a Berlino, occhieggiando la loro patria solo di tanto in tanto e sempre da lontano, in un silenzio carico di attese che si fa voce nel momento in cui scelgono di fare dell’isola la loro nuova sede operativa, in aggiunta alla già stabile base tedesca.
L’obiettivo principe del progetto visivo dei due artisti risiede nell’esigenza di proiettare la Sardegna oltre i suoi confini e renderla protagonista internazionalmente, in tutta la sua ricchezza.
Il pensiero è opposto, quindi, a quello di chi progetta una scoperta occasionale dell’isola dall’esterno, colonizzandone certi punti appena per il tempo di un servizio fotografico, per poi ripartirne.
Ecco, invece, lo scopo del connubio artistico di Lucio e Franco è quello di far sì che la Sardegna diventi centro fertile da cui, pur mantenendo la propria identità, sia possibile diramare un linguaggio fruibile a livello globale. Nasce così anche l’idea dell’agenzia di moda, a Cagliari, vestita di uno stampo professionale che suggerisce un respiro amplissimo: sa di Milano, di New York, di Berlino. Sa di metropoli. E dell’agenzia Lucio e Franco gestiscono ogni aspetto, in una spartizione di compiti musiva, dalla ricerca dei nuovi volti agli shooting, dai contatti internazionali alla post produzione.
E se Lucio si occupa dello scatto, l’impegno di Franco giunge al momento della postproduzione, ma una cosa è certa: nel lavoro, come nella vita, il loro sguardo agisce sempre come se fosse connesso a una mente sola.
- Cosa amate di più di quello che fate?
LA: Amo dire quello che mi va di dire attraverso le immagini, e, in egual misura, amo tradurre il ‘non mio’ con il nostro linguaggio. E, chiaramente, scoprire.
FE: Fin da piccolo ho sempre avuto una naturale tendenza rispetto a ciò che mi circondava: trovavo il bello nelle cose, lo cercavo e, quando proprio non lo vedevo, cercavo di crearlo. Mantenere questa abitudine attraverso il processo necessario alle nostre creazioni visive per me è il massimo: costruire un’immagine, rifinirla, interpretare tramite il nostro sguardo e le personalità dei soggetti che fotografiamo sono le cose che amo di più.
- Cosa vi piace trovare in un volto, in una figura, in una persona, per le vostre esigenze artistiche (e quindi non solo i requisiti d’agenzia)?
INSIEME: Storie. I volti che scegliamo sono delle storie fatte di pelle, di spigoli, di curve. Unici, irripetibili. Cerchiamo naturalezza, senza artifizi che costringano le caratteristiche di ognuno in cliché stanchi e obsoleti o temporaneamente ‘in’.
- Qual è quel che sognate o auspicate di fare in futuro?
INSIEME: Siamo ambiziosi. L’isola proiettata nel mondo, sempre di più. Capita, decodificata, e raccontata da sempre più persone in questo settore. Non è una location da ‘una botta e viaì in cu venire a scattare la campagna per un profumo a un’ora dall’aeroporto. Non solo. E questo, per ora, lo sanno ancora in pochi.
- Come vedete voi stessi tra dieci anni?
LA: Bella domanda. Più che come, posso dire dove. Ci vedo in una casa studio su una scogliera. E il giorno dopo a Berlino per un meeting. Poi di nuovo qui, a scoprire, progettare, respirare.
FE: Non mi riesco a pensare o immaginare da qui a una settimana. O forse non mi va di farlo!
- Qual è il progetto da voi realizzato di cui andate maggiormente fieri?
INSIEME: Non esiste quell’uno su tutti. Gli ultimi progetti sono quelli che più assomigliano al ‘noi di oggi’. È un crescendo, per ora. Siamo molto felici di come stanno andando le cose.
- Trovate tre parole per descrivervi, non solo in quanto artisti, ma proprio come personalità
FE: ‘Love iseverything’, la faccio semplice!
LA: È divertente, perché è la stessa cosa che a Berlino chiedevo ai miei ‘primi’ modelli: '3 wordsthatwoulddescribeyou'. Potrei descrivermi come un ‘innamorato del bello.’ Sono tre parole, no? Che cosa sia il bello, poi, ce lo racconteremo la prossima volta.
Angelica Grivèl Serra
Angelica Grivèl Serra nasce a Cagliari dove vive e studia filosofia, ma rivendica con fierezza le origini ulassesi per parte materna. Nel 2015 vince a Roma il Concorso Letterario Nazionale ‘Diregiovani Web - La creatività fa scuola’. Intraprende poi una collaborazione con L’Unione Sarda. Ha inoltre scritto per svariate testate, cartacee e online: una rubrica di racconti sul portale web Sardinia Fashion, recensioni di libri su Satisfaction, pezzi di cronaca su Vistanet, una rubrica con Scuolazoo. ‘L’estate della mia rivoluzione’ è il suo romanzo d’esordio, edito da Mondadori, pubblicato il 3 Giugno 2020.
(Foto © Andrea Ferrario)
Articolo realizzato per il progetto "FocuSardegna a più voci"
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