“Davvero ho vinto io”?
Dietro quella frase di Mahmood, colma di tenerezza, c’è tutta la bellezza di un momento, della musica italiana, che da 69 edizioni continua a sorprendere. Lo fa, tra le immancabili polemiche, tra gli affezionati appassionati e gli indefessi detrattori, tra chi si è innamorato di recente e chi ha mandato in letargo il suo affetto per il Festival. Di fatto, Sanremo non lascia indifferenti. Non l’ha mai fatto. La kermesse è, da sempre, specchio di una società che della musica vive e si circonda e che, con la musica, racconta mondi. Mondi vicini, di una quotidianità spesso disarmante, a volte banale, altre ribelle, con sonorità più classiche, altre avanguardistiche. È comunque un momento che rimane nella memoria.
"Chi ha vinto Sanremo?" "Sì, mi ricordo di lui, ha fatto Sanremo!" "Ma ricordi quel Sanremo?…ero…" sono frasi che hanno caratterizzato almeno un momento, un ricordo della nostra vita.
E così, immancabilmente, Sanremo diventa parte di tutti noi. Fuori e dentro la tv. Ecco che allora quella canzone sarà, sotto i nostri occhi, specchio di una società, di un sentire comune. Il club dei selfisti anonimi di Gabbani e la tenacia di un mondo che rinasce col sorriso di un bambino di Meta e Moro diventano portavoce di un comune sentire. E, anche, di un sano campanilismo che, per la Sardegna, si rinnova dal 1965 (l’abbiamo raccontato qui).
Eccolo allora, Alessandro Mahmood e quel mix di talento e umiltà che racconta di un rapporto difficile, ma anche di come, attraverso la musica, le culture si possano mescolare con grazia. Mahmood, madre sarda, di Orosei e padre egiziano, non è solo integrazione. E non è nemmeno e soltanto emanazione di una società che cambia e si evolve, che diventa sempre più aperta, più multiculturale.
Mahmood, sardo, italiano e cittadino del mondo, è ancora di più, un artista che, con la raffinatezza propria di questa fortunata categoria, riesce a riassumere le logiche di un momento storico e sociale. Lo fa raccontando di un legame complesso con un padre assente con la leggerezza di quel battito di mani che accompagna la canzone e con un ritornello che non ti abbandona più. Ma lo fa anche ricordandoci che c’è una nuova generazione di artisti, di giovani, pronti a rivoluzionare un mondo che scricchiola. E lui, Alessandro, è pronto a lasciare il segno.
(E a raccontarsi, presto, sulle nostre pagine).