Di Maria Giovanna Dessì
Il Natale è arrivato anche quest’anno. Nonostante i disastri umanitari, la crisi economico-sociale e la perdita dei principi e dei propositi, appesi agli alberi in attesa del nuovo anno.
In un mondo schizofrenico, dove alla richiesta di comportamenti sostenibili e rispettosi dell’ambiente si accostano guerre e conflitti, anche quest’anno abbiamo festeggiato il Natale, puntuali come ogni 25 dicembre.
I pacchi e i regali di cui vi parlerò non hanno niente di concreto e solido, non si scartano, non si posseggono, ma si possono accogliere. Si palesano davanti a noi solo se, come ci ricorda Antoine de Saint-Exupéry in “Il piccolo principe”, oltre che con gli occhi riusciamo a guardare anche con il cuore.
Il primo regalo l’ho avuto a Roma, il 17 dicembre, in un bus che da Termini porta a Piazza Venezia, dove ci aspettava la splendida mostra di Escher a Palazzo Bonaparte.
Era nascosto in un monologo tra archeologia, letteratura e sport, lungo quanto due fermate del bus. Sintetico, ma sentito.
“Qui a Roma pagate anche per vedere la polvere delle pietre. Le pietre si, proprio quelle, anche quelle del Colosseo. Ma voi lo sapete che le nostre sono più vecchie di 2000 anni? Ebbene sì, ma i sardi ancora non lo sanno. Grazia Deledda lo scriveva e lo diceva, la nostra storia è speciale. Lei, la prima premiata. E Voi lo sapete che noi abbiamo la nostra lingua? I romani no, il loro é un dialetto.
Quest’anno ci salviamo, il Cagliari ce la farà.”
In queste parole ho visto e sentito l'importanza della conoscenza delle proprie radici. Ho realizzato quanto questo ci renda saldi al terreno a prescindere da dove si trovi la nostra casa. Perché forse in primis, la casa è nel nostro cuore, proprio come nella storia della persona senza fissa dimora di cui vi ho parlato.
Il secondo regalo l’ho incontrato a Domusnovas il 21 dicembre, aveva il sapore di buon kebab, preparato da due persone speciali, che dopo un lungo viaggio iniziato in Afghanistan sono arrivate in Sardegna e qui, da capo, hanno ricostruito una vita e un lavoro.
Questo regalo si può scartare solo se si fa l’esercizio di chiudere gli occhi, vedere per un attimo distrutta la propria casa, il proprio paese e, valigie alla mano partire alla ricerca di un’altra vita.
Nei loro sorrisi, nel loro orgoglio nel mostrare le foto della realizzazione di un sogno, si può scorgere la bellezza del saper ricostruire, nonostante tutto.
Il Natale è dove non te lo aspetti e porta messaggi speciali.
Ci chiede di guardare oltre l’apparenza, di capire e non giudicare.
In queste due storie di persone private, per scelta o per necessità, della loro casa, delle loro certezze ho visto la forza delle radici nel cuore, radicate e forti tanto da donare agli altri con i loro frutti, speranza e fiducia.
Maria Giovanna Dessì
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