C’è un luogo unico e prezioso che parla di inclusione, nuove possibilità e amore per la natura.
Un luogo da scoprire e tutelare che ha alle sue spalle il sogno di una coppia che vede sempre il bicchiere mezzo pieno e che rischia di non avere il futuro radioso che merita.
Andiamo con ordine. Siamo a Desulo, in zona Melanu, piccolo paradiso di castagni e meleti dove nel 2012 Sonia Peddio, insegnante di scuola primaria e dell’infanzia e suo marito, Stefano Marrocu, medico militare e patologo clinico, affetto da sclerosi multipla, avviano in un terreno di famiglia i lavori per realizzare il primo parco montano accessibile, dedicato a chiunque voglia vivere delle esperienze a contatto con la natura.
“Abbiamo unito la comune passione per gli animali al desiderio di rendere accessibile questo luogo meraviglioso a chiunque – spiega Sonia Peddio – e l’abbiamo fatto attraverso lo studio, la determinazione e il coinvolgimento di realtà e manifatture locali.”
In realtà, infatti, il progetto è molto di più: nella sua filosofia, il parco montano Pindoro vuole essere un punto di riferimento per le attività connesse alla pet therapy, per l’educazione faunistica e botanica e per la promozione di uno stile di vita slow e inclusivo.
E’ l’unico parco montano accessibile in Sardegna, il terzo in Italia. Un primato di cui vantarsi.
L’intero parco è, infatti, totalmente pensato per garantire una piena accessibilità a chi ha problemi di deambulazione e studiato per garantire un attento coinvolgimento sensoriale, adatto ad ogni età.
Il parco è accessibile ma non lo è la strada che vi ci conduce che, invece, è ostaggio di una burocrazia infinita. E’ su questa che, da anni, Sonia e Stefano combattono una battaglia che, se vinta, avrebbe ricadute positive su tutto il territorio. Asfaltare e mettere in sicurezza la strada che da Desulo porta a Melanu significherebbe riqualificare un quartiere del paese e dare ufficialmente il via al progetto del parco montano.
Per ora, parlano le evidenze scientifiche che ci portano alla scoperta dei benefici delle iniziative promosse nel parco, per ora dedicate a piccoli gruppi scolastici e contatti stretti della coppia che hanno potuto beneficiare del contatto con una natura incontaminata e con gli animali che popolano Pinodoro e della preziosa compagnia di Lola e Heidi, in primis, i due cani che ci guidano verso i percorsi, un trovatello e un San Bernardo; ancora gli asinelli grigi e quelli bianchi, le galline ovaiole e le ornamentali, supervisionate da due galli, una cavalla, i gatti e una piccola famiglia di mufloni che ogni tanto fa capolino, attirata da cibo e coccole.
Non con tutti gli animali, però, si svolge quella che comunemente nota come pet therapy ma che in Italia si definisce come “interventi assistiti con gli animali" (IAA) con diverse tipologie di approccio a seconda che prevalga la componente ludico-ricreativa (AAA), educativa (EAA) o terapeutica (TAA).
Cane, asino e cavallo sono gli animali coinvolti come ponti di conoscenza ambientale e coautori di cuore dedicate ad anziani, disabili, persone con disturbi dello spettro autistico, difficoltà di apprendimento, concentrazione e problemi di aggressività.
L’influenza positiva dell’animale è trasversale a prescindere dall’esistenza di un problema clinico, “perché gli animali non ti giudicano – continua Sonia – ma ti considera no sulla base del tuo comportamento nei loro confronti: se ti poni con amore e rispetto ne riceverai altrettanto, se li maltratti avrai prima una reazione di paura ma poi o vendetta o abbandono. L’asino, per esempio, protagonista delle attività di onoterapia ha bisogno di calma: se dall’altra parte vede atteggiamenti scontrosi, va via.
Sei tu, insomma, che devi adattarti a questo animale intelligente e lentissimo. Ecco perché indicato per bambini aggressivi o con difficoltà di concentrazione che, nel gesto della spazzolata, lenta e controllata, ritrovano una nuova armonia”.
La spazzolata è, però, la punta di un iceberg dove quello che non si vede sono anni di studio e preparazione e un lavoro di team.
La relazione non è solo tra persona e animale ma a seconda della problematica da andare a risolvere e del beneficio atteso, interviene un'equipe multidisciplinare composta da veterinari, medici, psicologi ed educatori, coordinati da un referente di intervento, un responsabile di progetto e chiaramente l’esperto in IAA.
“Ogni progetto – specifica Sonia – prevede dei micro obiettivi il cui successo va monitorato settimanalmente con eventuali rimodulazioni o ripetizioni fino al pieno raggiungimento. Un lavoro complesso e costoso che, però, restituisce benefici importanti. Non parliamo di una terapia classica ma di coterapia: non stiamo scavalcando la terapia tradizionale ma si vanno ad affiancare gli animali che sono, appunto, coterapeuti e permettono di svolgere delle attività, anche legate alla fisioterapia, per esempio, in un ambiente demedicalizzato”.
Conoscere questo mondo significa sapere che si possono ritrovare gesti e sensazioni perdute e che ci può sempre essere una speranza.
L’ippoterapia, per esempio, è utile nella riabilitazione e nel trattamento di persone con autismo, sindrome di Down e paralisi celebrale e nel caso di persone che hanno perso l’uso delle gambe, attraverso il movimento ondulatorio del bacino nella cavalcata assistita, si ha la percezione di camminare.
La natura come parte della cura, insomma, dove animali, flora e persone contribuiscono alla creazione di un nuovo equilibrio.
Dietro, chiaramente, c’è la passione. La stessa che ha portato Sonia e Stefano a studiare i percorsi dedicati agli Interventi assistiti con gli animali, diventando coadiutori per cane, gatto, cavallo, asino e coniglio, nel caso di Sonia e responsabile di progetto e referente di intervento Stefano, in quando medico.
La loro, è una coppia che vede ogni difficoltà come un’occasione per costruire felicità e vi ripongono tutta la cura necessaria. Basta guardare alla loro casa, all’interno del parco, un piccolo gioiello di legno, interamente progettata da loro che guarda all’accessibilità non come limite ma come cura dei dettagli.
Il parco risponde a questa loro caratteristica e permette di arrivare sino a 1080 metri d’altezza in sedia a rotelle e godere di un panorama senza eguali.
“Quando abbiamo scoperto la malattia di Stefano - racconta Sonia - non ci siamo dati per vinti. Questo progetto ci sta dando input necessari per andare avanti e proprio perché sappiamo che non è una cosa solo per noi fa crescere la voglia di fare dell’altro. Ecco dove abbiamo trovato la forza per i due anni di formazione, a Roma, per realizzare questo luogo a nostre spese, per vincere lo sconforto davanti a richieste lasciate cadere nel nulla, come quella della strada. Ma sappiamo quanto la natura e gli animali possano essere d’aiuto nella cura e nell’educazione ambientale e vogliamo condividere con quante più persone la bellezza di questo luogo”.
Uno dei progetti in essere vede il coinvolgimento delle scuole primarie di Desulo che la scorsa estate sono state coinvolte in un campus dedicato a percorsi di stampo Montessoriano, momenti sensoriali (dall’angolo delle erbe aromatiche alla camminata a sorpresa su foglie e sassi) ed educazione ambientale.
“E’ importante fare in modo che si impari a prendersi cura degli animali sin da piccoli - conclude Sonia - a capire che non sono solo fonte di reddito. I miei animali sono tutti NDPA, non destinati per uso alimentare e nascono e vivono liberi. O lo diventano, come nel caso delle quattro galline ovaiole che vengono da un allevamento intensivo e hanno ritrovato qui i loro ritmi. L’educazione alla natura, a 360°, la sua scoperta e conoscenza fa, dei bambini, adulti rispettosi”.
Le attività con i bambini sono state un primo banco di prova che ha restituito un diffuso clima di soddisfazione. Ma il parco non si deve fermare.
La rete con le associazioni come Sardegna Accessibile, con i gruppi Rotary e Lions, con la sezione Sardegna dell’istituto Italiano dei Castelli (attiva, come abbiamo raccontato nelle nostre pagine in processi di inclusione e accessibilità) è pronta a supportare il progetto ma serve una collaborazione ancora più forte con le istituzioni locali affinchè da un punto di vista infrastrutturale il sito possa essere reso davvero accessibile.
Lato loro, Sonia e Stefano, continuano a mettere in cantiere nuovi e possibili obiettivi come la costruzione di un agriturismo che possa permettere pernottamenti lunghi, percorsi di riabilitazione, un paddock per l’ippoterapia e una cucina per laboratori didattici. Non solo: la presenza del frutteto può diventare un’occasione per fare agricoltura sociale, accogliendo persone con problemi di socialità o che stanno scontando misure detentive o alternative alla pena per insegnare un lavoro da spendere, poi, nel rientro in società.
Il tutto, con una mission ben chiara: il paradiso deve essere per tutti.
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