Narra una antica leggenda che una regina nuragica chiamata Iddocca, al termine di una riunione con i sacerdoti decise che il nuraghe doveva essere edificato velocemente. Il nuraghe serviva per dare sicurezza alla sua gente, oltreché per tenere ben disposti gli dei; le richieste dei sacerdoti erano dunque da appoggiare. Ma la regina Iddocca era molto preoccupata poiché i tempi erano ristretti ed era venuta a conoscenza che gente sconosciuta sbarcava nella costa a Sud della sua terra. La figlia della regina si accorse della preoccupazione della madre e cosi decise di parlarle.
A me devi dire tutto mammai perchè quando tu te ne andrai con la nave del tempo, io sarò regina.
Iddocca le rispose: Non ti preoccupare, sei ancora giovane, ci sarà tempo, continua a crescere abile e forte, nessuno ti sta al fianco nella caccia al cervo e al muflone, nessuno è veloce come te nel filare e nel tessere, nessuno nello scheggiare selce e ossidiana, nessuno ti sta al pari in bellezza. Anche tu un giorno regnerai per la nostra gente.
La figlia insistendo le rispose: Se ci sono pericoli è meglio averne notizia prima che sia troppo tardi.
Passerò per Nuragus e Barumini e arriverò alla grande acqua, li saprò chi sono i questi nemici che arrivano dal mare. Io conosco bene le strade più brevi e cavalcherò il mio puledro più veloce del vento.
Dopo tante insistenze, la regina acconsenti e la figlia parti.
Nel frattempo la regina continuò a dare disposizioni per costruire il nuraghe, Erano passate in cielo due lune piene e la figlia della regina ancora non aveva fatto ritorno ma il fumo dei nuraghi visibili dal suo territorio le diceva che lei era in vita. Poi dopo due giorni più nulla, nessun segnale. Al terzo giorno un nero cavaliere sconosciuto aveva chiesto della regina.
-La regina è li che aiuta a costruire il nuraghe, vedi è quella che ha in mano due pietre in questo momento. E’ forte come un uomo la nostra regina , quel mucchio di pietre lo ha appena portato dalla cava di Corte Noa.
Il nero cavaliere rispose : Bisogna che sia forte per quello che le dirò.
-Chi sei e che notizie porti, nero viandante- gli chiese la regina poggiando nervosamente le mani sulle pietre.
Tua figlia è morta, regina Iddocca, morta e sepolta. L’hanno uccisa i nemici.
Caddari nieddu Cavaliere nero
ci andasa a Biddoreddu che vai a Biddoreddu
naraddi a Iddocca dì a Iddocca
ca sa fixia est morta che la figlia è morta
Morta de mercuris morta di mercoledì
e interrad’e giobia e sepolta di giovedì
La terrà tremo al grido della madre. Udirono l’urlo fino alla cima del Gennargentu e fino al monte dei Sette Fratelli e i coralli vibrarono in fondo al mare e atterrite le aquile gridarono e i grifoni stettero immobili. Era impazzita la regina.
La terra tremò alla furia del dolore.
Furiosa, Iddocca lanciò i sassi giganteschi che si andarono a conficcare per terra tutt’intorno come se un gigante li avesse presi e confitti nel terreno. E gli uomini guardavano con gli occhi sbarrati la loro regina forte, mille volte più forte di sempre, scagliare massi e gridare il nome della sua amata bambina. Uno rimase confitto con l’impronta della sua mano o forse tutta lei stessa si tramutò in pietra dal dolore.
Certo è che Iddocca sparì e sebbene la cercassero a lungo non la trovarono mai più.
Paola Fulghesu, Tutor dell'ospite della Comunità ospitale di Laconi
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