di Camilla Pusateri*
“SEMPRE IL MARE, UOMO LIBERO, AMERAI!” (Charles Baudelaire)
Il mare è qualcosa che abbiamo dentro, un richiamo, una forza nella quale ci riconosciamo, dove vediamo riflesse luci e ombre del nostro mondo interiore. Come Ulisse attratto dal canto di Circe, così noi al suono dell’acqua desideriamo sciogliere le catene che ci legano per poter seguire quella melodia, il nostro istinto di bellezza e di libertà. Istinto di vita.
Il viaggio di Terra Mea prosegue verso il mare, alla scoperta della meraviglia blu che circonda l’isola rendendola un paradiso unico al mondo.
Alla ricerca dei tesori da valorizzare, cerchiamo di considerare la storia della Sardegna nel rapporto con il mare, ma soprattutto di immaginare il futuro per le nuove generazioni che aspirano ad un ritorno consapevole alla natura.
Lo facciamo in compagnia di Antonio e Angela a bordo di Asinarafun, il catamarano escursionistico che naviga nel parco marino dell’Asinara per circa metà dell’anno.
Il doppio scafo è simbolico dell’esperienza aumentata che si fa su questa barca.
“Asinara” è la premessa, “Fun” è la promessa: si offrono gite turistiche lungo le coste dell’isola-parco a bordo di un’imbarcazione pensata, nel design e nel servizio, per stare bene e divertirsi.
“Con noi ti diverti di sicuro” garantisce l’equipaggio. Ed è la verità, l’energia di capitano e skipper si diffonde a tutti gli ospiti creando una sorprendente atmosfera di complicità e amicizia (come si legge anche nei commenti e nelle recensioni che le persone hanno piacere di pubblicare online).
Ma c’è di più: alla base c’è IL PROGETTO DI VIVERE IL MARE, di ricostruire il rapporto con la natura in forma di armonia e di scambio. Da un lato l’uomo trae dal mare il sostentamento per il proprio lavoro, dall’altro si prende cura di questa risorsa, per sè e per la vita del Pianeta.
L’offerta turistica incontra la divulgazione ecologica, il parco marino è occasione per un’esperienza di piacere e al tempo stesso per un ripensamento del rapporto con l’ecosistema, che possa pian piano portare ad una nuova responsabilità, ad un cambiamento delle abitudini, dei comportamenti che attuiamo in mare, del modo in cui ci avviciniamo ai pesci, alle coste, ai colori, ai profumi…
Una novità, o una riscoperta, se si pensa che storicamente il popolo sardo si è ritirato nell’entroterra - come ci spiega Antonio all’inizio della navigazione - per sfuggire alle scorrerie barbaresche, alla malaria, alle incursioni stagionali dei transumanti, radicando quella che a lungo è stata la dominante cultura pastorale.
Eppure mai come in Sardegna la storia è figlia della geografia e il richiamo del mare lambisce il sistema agropastorale, favorendo un lento ritorno alle pianure e alle coste.Oggi, dietro il fallimento dell’illusione industriale e della devastazione petrolchimica, il mare può forse tornare ad essere una risorsa ambientale sulla quale riporre speranza e visione.
La pensano così i due giovani di Stintino che hanno scelto di legare la loro vita al mare unendosi in “doppio matrimonio” con l’isola dell’Asinara, lembo di terra a nord-ovest che prende il nome dal profilo sinuoso delle sue colline (anticamente “Sinuaria”) e che rappresenta un patrimonio ambientale fondamentale per la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali.
Cosa vi ha spinto a creare Asinarafun?
Antonio: “L’amore per il mare, la voglia di vivere e far conoscere questa bellezza, il piacere di incontrare persone di nazionalità e culture diverse. E’ una scelta di libertà. Come tutti i lavori stagionali questa attività ha un picco di grande intensità nei mesi estivi, facciamo il doppio turno per offrire uscite diurne e serali con aperitivi e cene al tramonto, l’impegno è tanto, ma la gioia di navigare e lo stupore dei nostri ospiti che diventano compagni di viaggio ripaga gli sforzi. Per buona parte dell’anno poi abbiamo tempo per stare insieme, per crescere nostro figlio, per godere di un clima mite continuando a uscire in mare, e se va bene per viaggiare. In una parola: vivere”.
Qual è la missione di un progetto come Asinarafun?
Angela: “Cerchiamo di trasmettere il rispetto della natura facendo vivere alle persone un’esperienza di divertimento e benessere grazie alla natura stessa. Il mare, il paesaggio, gli animali sono i protagonisti. Sull’Isola dell’Asinara si può vedere e toccare con mano cosa succede quando c’è l’intervento dell’uomo e al contrario come la natura si espande quando l’uomo se ne va. Questo lascia un segno nelle persone che fa riflettere. E per noi è importante trasmettere questo messaggio”.
L’isola dell’Asinara infatti è parco marino nazionale dal 2002. Per 115 anni, dal 1885 al 1998, è stata sede del carcere penitenziario di massima sicurezza, vicenda che da un lato ha determinato il carattere misterioso e leggendario dell’isola, quasi fosse una dimora piratesca, accrescendone il fascino nell’immaginario collettivo; dall’altro ha determinato la chiusura al pubblico a vantaggio dell’habitat naturale. Qui vivono circa 80 specie animali, tra anfibi, rettili, uccelli e mammiferi.
Un ruolo di primo piano spetta all’asinello bianco, una razza albina divenuta a tutti gli effetti simbolo del parco insieme alla tartaruga marina. Quest’ultima è una specie protetta in via d’estinzione affidata alle cure dell’equipe di esperti del CRAMA (Centro Recupero Animali Marini Asinara), che ha il suo centro a Cala Reale, dove Asinarafun fa tappa per permettere agli ospiti una visita guidata, a scopo di divulgazione e sensibilizzazione.
Asinarafun rientra nell’elenco delle attività certificate dall’Ente Parco per la navigazione turistica. Come riuscite a trasmettere un messaggio ambientale durante la navigazione?
Antonio: Navighiamo rispettando le regole del parco e cerchiamo di dare il buon esempio di come ci si comporta in mare, affinchè tutti sempre più impariamo ad apprezzarne la bellezza, ma anche a responsabilizzarci sulle nostre azioni, a partire dalle più piccole.
Ad esempio, l’ormeggio alla boa rispetta la distanza dalla costa, garantisce uno spazio di ossigenazione nella baia, non impatta sul fondale, rispettando l’ecosistema di alghe, coralli, pesci e tutta la catena vitale e alimentare marina. Ma anche in superficie possiamo fare qualcosa. Per esempio, parliamo dei pasti, che fanno parte della nostra offerta come momento di condivisione e interazione tra le persone: non solo serviamo cibi di origine controllata, ma qui in barca tutto ciò che utilizziamo è compostabile, i pranzi, gli aperitivi e le cene vengono serviti su piatti e bicchieri in carta di mais, che se cade in mare si decompone. Può sembrare una sciocchezza, ma è molto facile che un bicchiere voli in acqua con un colpo di vento. Immaginiamo cosa accade se cade un bicchiere oggi, uno domani, moltiplichiamolo per tutte le barche che ci sono… Io penso che sia doveroso utilizzare dei materiali che rispettano l’ambiente. Non mi importa niente se devo spendere qualcosa di più, di cosa stiamo parlando? Ammesso che questo ci possa ‘costare’ un paio di centinaia di euro all’anno siamo convinti che ne valga assolutamente la pena, dobbiamo prenderci cura della natura e se siamo i primi a farlo può darsi che le persone che vengono in barca con noi lo imparino. Così come lo impara nostro figlio. Ma non solo, per salvaguardare l’ambiente è necessario fare rete, amplificare le azioni positive, quindi con il nostro lavoro sosteniamo il progetto Eco Friendly”.
Ciò che si percepisce chiaramente in barca è che per Angela e Antonio Asinarafun è molto di più che escursionismo turistico. Questo catamarano rappresenta un modo di vivere legato alla natura, porta con sé i valori dell’ospitalità, della condivisione e del rispetto. Ma anche un’idea di libertà e di coraggio nella scelta di ritornare alla natura. Anche quando la vicenda personale sembra scrivere una storia diversa.
Con questa attività proseguite una tradizione di famiglia?
Antonio: “L’amore per il mare mi è stato trasmesso da mio padre, ma la verità è che Asinarafun è stata una svolta radicale e personale. Prima lavoravo come macellaio nella macelleria di famiglia, ma sentivo che non era la mia strada. L’ho fatto per vent’anni, ho molto rispetto e gratitudine, ma oggi i tempi stanno cambiando, ho fatto una scelta etica. Sentivo di essere legato al mare fin da piccolo, quando 6 anni ho fatto il corso di vela. Sono stato onesto con i miei genitori e ho preso la mia decisione di cercare di seguire la mia passione. Mi sono imbarcato come marinaio nel primo charter, uno yacht di 54 metri con cui ho viaggiato tra le isole del Mediterraneo. Ho fatto gavetta ed esperienza, ma avevo ben chiara la mia idea mare e volevo costruire il mio futuro con Angela, vivere insieme la nostra passione. Abbiamo deciso insieme, per due anni ho cercato la barca ideale, sapevo perfettamente cosa volevo e abbiamo acquistato un modello di catamarano da poter riadattare in tutte le componenti per renderlo perfetto in termini di sicurezza e comodità. Ogni dettaglio di Asinarafun è disegnato da noi e il risultato è eccezionale durante la navigazione. Il successo che abbiamo avuto nei primi tre anni lo dimostra. Oggi insieme siamo un equipaggio collaudato, con noi c’è Mavi che ci aiuta molto; Angela è il miglior marinaio possibile, siamo felici”.
Angela: “Facevo tutt’altro prima di Asinarafun, lavori di ufficio, un’esperienza come barista con un contratto da dipendente, poi l’esperienza di impresa con un ufficio di spedizioni. Poi la svolta. Mi ha insegnato Antonio a portare la barca, 6 anni fa ho colto l’opportunità di prendere la patente nautica entro le 12 miglia grazie al Comune di Stintino, che ha sempre promosso le attività marine per i giovani, e in seguito ho fatto l’integrazione a vela. L’idea di Asinarafun è nata un po’ per volta, ma quando l’abbiamo messa in piedi è successo tutto dall’oggi al domani. Ho chiuso la porta di un ufficio il 30 aprile e il 1° maggio ero in barca. Adesso che è nato nostro figlio Francesco gestirò da terra tutta la parte amministrativa e organizzativa, ma appena possibile tornerò a bordo”.
E’ stata una scelta coraggiosa?
Angela: “Sì, è stata una scelta radicale e coraggiosa. Non sai mai come andrà la stagione, non puoi sapere se il tempo sarà favorevole a lungo oppure se le mareggiate e i temporali ti costringeranno a tenere la barca in porto. C’è un margine di rischio molto alto, sei vincolato a tante condizioni imprevedibili e i costi sono molto alti, il bilancio di un anno si gioca in poche settimane. Ma quando fai un lavoro con passione il rischio è ripagato dall’emozione. Abbiamo imparato ad apprezzare il paradiso che abbiamo, è sempre nuovo, sempre bellissimo. Ma soprattutto facciamo la vita che abbiamo scelto di fare”.
Trovo che il tema della scelta sia fondamentale. Ogni progetto, per chiunque nella vita, nasce da una scelta. Spesso si tende a sottovalutare il ruolo del coraggio e dell’autodeterminazione, si è portati a pensare che chi fa un bel lavoro sia “fortunato”, tanto più se questo coincide una passione personale. Se nella storia non emergono elementi di sacrificio e di sofferenza allora è troppo facile, non ci immedesimiamo, non possiamo trarre nessun insegnamento.
In questa rubrica ci confrontiamo su nuovi punti di vista, cerchiamo soluzioni costruttive. Quindi se comprendessimo che tutti abbiamo in dote la facoltà di scelta? Si può scegliere di ascoltare senza giudicare. Di dare senza calcolare un ritorno. Di essere responsabili per noi stessi senza attribuire ad altri o ad altro le condizioni della nostra esistenza.
La libertà è sempre qualcosa che conquistiamo con impegno, fiducia e costanza, dopo innumerevoli cadute. Il “premio” è veramente nell’emozione, nel viaggio e non nella meta, come dice Angela. Asinarafun è la conferma che il successo segue un’intenzione positiva, in questo caso quella di condividere bellezza.
“Succede che sforiamo l’orario di rientro, anche di diverse ore – mi racconta Antonio - Quando le persone stanno bene, quando si emozionano per la bellezza di questa isola ci viene spontaneo dare di più, ci fa piacere, viviamo tutti insieme la giornata e le sue sorprese senza calcolare se ‘ci costa’ più energia e più denaro”.
E’ tempo di scelte etiche, che tengano conto del valore umano di ciò che diamo prima che del ritorno economico che ne avremo. E dobbiamo convincerci che le due cose possono viaggiare insieme.
Tutto si riassume nelle semplici parole di Antonio: “Ogni giorno guardo il mare e scopro una tonalità di blu che non conoscevo”.
Quando rientriamo in porto a Stintino leggo il sorriso nel volto di tutti gli ospiti del catamarano, un’espressione di felicità mista a nostalgia al pensiero di sbarcare, un piccolo distacco. E’ segno che i nostri comandanti ci hanno trasmesso l’emozione del mare, che ci siamo sì divertiti, ma al tempo stesso abbiamo vissuto un’esperienza profonda, che un grande narratore ha descritto così:
“Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare... Ma soprattutto: il mare chiama... Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole... Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti... Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà”. (Alessandro Baricco).
#TERRAMEA
Terra Mea è la voce della Sardegna, della sua natura e di chi sceglie di vivere in quest’isola. E’ una storia d’amore, una caccia al tesoro, un’avventura alla scoperta di segreti millenari e di scenari futuri, dove la creatività e la capacità imprenditoriale delle nuove generazioni si incontrano con culture diverse e con una bellezza che non finisce mai.
Camilla Pusateri
Camilla Pusateri, professionista della comunicazione e insegnante di yoga, ha trovato nel mare e nella natura i maestri di vita da cui imparare a coniugare la ricerca esteriore e quella interiore. Si interessa di arte, sostenibilità e gioia di vivere. Fa parte del Constructive Network italiano, una rete di giornalisti e comunicatori che divulga il giornalismo costruttivo, un’informazione consapevole basata su visioni inclusive e multidisciplinari e sulla ricerca di soluzioni ai problemi sociali.
Attualmente vive a Rena Majore dove ha creato The Sea Yoga Revolution.
sito ufficiale Sea Yoga Revolution: www.camyyoga.it
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