Stesso periodo e non meno affascinanti delle grosse torri megalitiche. Sono i pozzi sacri: pietre che formano templi per il culto dell’acqua. Si tratta di strutture cariche di mistero, costruite nei pressi di fonti e sorgenti d’acqua, composte da un atrio, solitamente recintato con dei massi, e un ingresso da cui parte la gradinata che conduce al fondo buio del pozzo, non sempre buio, come vedremo a breve. Una sorta di mistica discesa verso l’acqua, fonte primaria della vita. Non abbiate timore di introdurvi in questi spazi: il livello dell’acqua difficilmente supera il primo gradino, e lo spettacolo, comunque, vale molto più di una sola bagnata. Esistono vari tipi di pozzo sacro. Il tipo a Tholos, di forma circolare, è una sorta di nuraghe sotterraneo. Il tipo a Megaron ha invece un perimetro rettangolare, e può essere diviso in più camere, coperte da un tetto a spioventi.
I pozzi più antichi risalgono a un periodo che si aggira tra il XIV e il XIII secolo avanti Cristo, e sono strutturalmente simili ai nuraghi: lavorati con grosse pietre tagliate rozzamente. Le architetture posteriori, realizzate tra il XII e l’XI secolo, sono invece più rifinite. Le pietre risultano meglio lavorate, le cupole sono più raffinate e le facciate sono scolpite con bassorilievi e decorate con disegni.
Dei circa quaranta pozzi sacri oggi conosciuti, il più importante - e affascinate – è quello di Santa Cristina, situato a Paulilatino, una località dell’oristanese. La scala di questo tempio, durante l’Equinozio, viene illuminata fino al fondo dove si vede l’acqua brillare.
Un fenomeno che aggiunge mistero ai tanti misteri di questa terra e che ha appassionato numerosi studiosi. Alcuni di loro ritengono che i pozzi sacri siano, in generale, frutto di un raffinato calcolo teso a determinare l’orientamento astronomico (discorso simile a quello che gira intorno al mistero delle piramidi egizie). La teoria, nello specifico, afferma che ogni diciotto anni e mezzo, nel momento della sua massima declinazione, la luna si specchia nell’acqua del pozzo, facendo filtrare la sua luce dal foro nella tholos. Negli Equinozi di primavera e d’autunno sarebbe invece il sole a riflettersi in questo specialissimo specchio nuragico.
Il pozzo di Santa Cristina, scoperto nel XIX secolo, fu descritto da La Marmora come: “Una specie di sotterraneo conico, largo in fondo e stretto in cima, formato di grosse pietre basaltiche ben tagliate. Vi si entra da un passaggio composto di pietre accuratamente lavorate e disposte l’una sull’altra in forma di gradini; l’interno del cono è costruito nello stesso modo: è un sistema che ricorda i primi tentativi delle volte. Esso si solleva per quattro metri dal fondo attuale (colmo di terra) all’apertura superiore che somiglia a quella di un pozzo.”
In pratica parliamo di una struttura tronco-conica, una specie di nuraghe interrato formato da massi ben lavorati. Gli studiosi, sulla base dei reperti rinvenuti durante gli scavi, tendono a farlo risalire all’Età del Bronzo, tra il IX e il X secolo avanti Cristo.
Un altro importante pozzo sacro è quello di Santa Vittoria, a circa quattro chilometri dal paese di Serri. E’ costruito con massi di basalto nero, ai quali dovevano aggiungersi, in passato, i massi bianchi della cupola. E’ profondo circa tre metri e ha una pianta che vista dall’alto appare come un gigantesco buco di serratura.
Chissà dove sarà nascosta la chiave.
Se la doveste trovare, non esitate ad avvisarmi perché sono curioso di aprirne la porta, per scoprire quali meraviglie ci sono dietro.
Da “101 cose da fare in Sardegna almeno una volta nella vita” di Gianmichele Lisai