Fretum Gallicum è la denominazione utilizzata in epoca romana ad indicare lo stretto braccio di mare, quasi una sorta di canale (fretum) tra la Sardegna e la Corsica, ossia le attuali Bocche di Bonifacio. Essa sostituì quella di Taphros (fossato), utilizzata da Plinio il Vecchio (Nat. Hist., III, 6, 83) che la trasse da un’autore greco la cui identità resta per noi sconosciuta. La denominazione Fretum Gallicum, attestata nell’Itinerarium Maritimum (495,2 Wess.), un indice della rete di collegamenti per via marittima risalente all’epoca imperiale (III sec. d.C.), fa riferimento alle rotte commerciali che collegavano la Gallia Narbonensis (da cui l’aggettivazione Gallicum, nel senso di rotte per le Galliae), la Penisola Iberica e la Sardegna occidentale con il Tirreno. La navigazione nel settore marittimo del Fretum era propiziata dal vento di maestrale (il Circius), ma d’altra parte comportava notevoli rischi a causa del rapido e improvviso ingrossarsi dei venti e del mare e della presenza di isole e scogli (Cuniculariae, Phintonis e Fossae insulae, PLIN, Nat. Hist., III, 6, 83).
Il Fretum Gallicum fu spesso teatro di naufragi, come quello incorso, presso l’isola di Spargi nell’arcipelago di La Maddalena, intorno al 110 a.C., alla nave, forse diretta verso la colonia di Pollentia nelle Baleari (Maiorca), che trasportava un carico di anfore vinarie (del tipo Dressel 1 e Dressel 2/4); ed ancora il naufragio, databile all’epoca epoca augustea (principio del I secolo d.C.), di una nave che trasportava lingotti di piombo, verificatosi nel settore occidentale delle Bocche di Bonifacio, presso il litorale gallurese di Rena Maiore (comune di Aglientu).
Rubrica "Sardinia Antiqua" a cura del Prof. Attilio Mastino
testo tratto da: "La Sardegna. Enciclopedia Brigaglia"