L’Itinerarium Antonini, un'opera che contiene la descrizione delle principali vie che attraversavano le province dell'impero romano, che si attribuisce all’età dell’imperatore Caracalla, almeno nella sua prima redazione dell’inizio del III secolo d.C., distingue all’interno di un unico iter Sardiniae (complessivamente lungo quasi mille miglia) ben sette percorsi, che in realtà sono solo una selezione di carattere annonario rispetto ad una più ampia serie di itinerari di maggiore o di minore importanza documentati anche archeologicamente. Le fonti utilizzate dal geografo sono sicuramente successive all’età di Traiano (dal momento che le Aquae Ypsitanae sono già divenute Forum Traiani), con aggiornamenti che forse risalgono addirittura alla fine del III secolo.

L’impressione che se ne ricava è quella di un documento certamente lacunoso ed eterogeneo, ma prezioso, come ha osservato René Rebuffat (Un document sur l’économie de la Sardaigne, in L’Africa Romana, VIII, pp. 719 ss.), per comprendere l’economia della Sardegna romana, l’organizzazione del cursus publicus istituito a partire da Augusto soprattutto con l’intento di curare la raccolta di grano ed altri prodotti di carattere annonario e insieme per stabilire l’importanza dei suoi porti, in particolare del porto di Carales, verso il quale convergevano le principali strade che si originavano nella Sardegna settentrionale. L’Itinerario Antoniniano conosce in Sardegna 40 diverse stazioni, ma il numero totale delle fermate è di 48, perché Caralis è citata quattro volte su strade diverse, Portus Tibulas, Tibulas, Ulbia, Othoca e Nura (Nora) due volte. Conosciamo due diverse Sulci (Sant’Antioco sulla costa occidentale e Tortolì sulla costa orientale) così come due diverse Viniolae (Nostra Signora di Buoncammino a Dorgali ed una località ad occidente di Tibula). Altre stazioni compaiono nella Cosmographia dell’Anonimo Ravennate (VII secolo d.C.), elencate secondo un ordine che consentirebbe di distinguere tre percorsi tutti originantisi da Caralis; infine in Guidone.

I sette percorsi dell’Itinerario Antoniniano in realtà possono essere schematicamente ridotti a quattro, ordinati da Est ad Ovest, con le stazioni citate sempre da Nord a Sud, particolarmente diradate e distanti tra loro nelle regioni interne della Barbaria, con percorsi più brevi nell’area occidentale dell’isola, a testimonianza forse di una maggiore ricchezza e di una maggiore disponibilità di risorse che potevano essere destinate all’ammasso nelle singole mansiones, con una distanza che varia dalle 45 miglia di alcune aree barbaricine alle 12 miglia delle aree costiere.

Possiamo allora distinguere:

1) la litoranea orientale, chiamata a portu Tibulas Caralis, lunga 246 miglia, cioè 364 km, di cui conosciamo ben 14 stazioni con una distanza media tra loro di 19 miglia che toccavano la Gallura, la Baronia, l’Ogliastra: le distanze tra singole mansiones variano dalle 12 alle 38 miglia; per il tratto gallurese fino ad Olbia esisteva una vera e propria variante interna che collegava il porto di Tibula (forse alla foce del Coghinas) con Olbia, lunga a quel che pare 56 miglia cioè 83 km (in realtà i codici dell’Itinerario Antoniniano hanno 16 miglia): a portu Tibulas per compendium Ulbia, un percorso che doveva consentire di risparmiare ben 23 miglia rispetto alla litoranea.

2) la strada interna della Barbagia, chiamata alium iter ab Ulbia Caralis, una variante lunga 172 miglia cioè 254 km, che con le sue 5 stazioni (distanti in media tra loro 43 miglia) collegava il porto di Olbia con Carales, passando lungo le falde occidentali del Gennargentu e toccando il suo punto più alto (oltre 900 metri) a Sorabile, oggi presso Fonni: le distanze tra singole mansiones erano notevoli e variavano da 40 a 45 miglia. Se collegassimo a questa strada la via a portu Tibulas per compendium Ulbia, avremmo anche in questo caso un itinerario che iniziava dal Porto di Tibula.

3) la strada centrale sarda, chiamata a Tibulas Caralis, lunga 213 miglia cioè 315 km, che collegava la Gallura col Campidano toccando 10 stazioni (distanti in media tra loro 19 miglia) ed attraversando le regioni centrali dell’isola, nel senso dei meridiani: corrisponde in parte all'odierna strada statale 131 Carlo Felice ed esisteva già alla fine dell’età repubblicana (come forse testimonia l’originario caput viae Tibula che sembra precedere la fondazione della colonia di Turris Libisonis per opera di Cesare o di Ottaviano), ma fu sostanzialmente costruita secondo un disegno unitario nell’età di Claudio con due tronchi, uno in partenza da Turris fino alle Aquae Ypsitanae ed un altro con partenza da Carales, per quanto già il prolegato Tito Pompeo Proculo alla fine dell’età di Augusto fosse intervenuto in un percorso laterale, da Ad Medias verso Austis; i restauri voluti da Vespasiano testimoniano l’antichità del primitivo tracciato (gli interventi di Vitellio al 44° miglio presso Cabu Abbas di Torralba non è detto fossero dei restauri). Se stiamo all’Itinerario Antoniniano, le stazioni distavano tra loro da 12 a 36 miglia.

4) la litoranea occidentale, chiamata a Tibulas Sulcis, che toccava 14 stazioni (distanti in media tra loro 20 miglia), quasi tutte le antiche colonie fenicie e puniche della Sardegna lungo la costa occidentale; le mansiones erano distanti tra 12 e 30 miglia. La litoranea era lunga 260 miglia, pari a 384 km e può essere considerata un segmento di una strada più lunga, che comprendeva anche i tratti a Sulcis Nura lungo 69 miglia, con tre stazioni ed il tratto a Caralis Nura lungo 22 miglia. Nel complesso la strada costiera occidentale era lunga 351 miglia cioè 419 km e comprendeva ben 17 stazioni. Da questa strada (a Nord di Cornus) proviene il più antico miliario della Sardegna, riferito ai primi decenni dell’età di Augusto. L’espressione usata dall’Itinerario Antoniniano (item a Tibulas Sulcis) farebbe pensare ad un segmento di un percorso più ampio, che copriva l’intero perimetro dell’isola, comprendendo come primo tratto la via a portu Tibulas Caralis: se Tibula ed il suo porto erano veramente vicini, l’insieme del perimetro costiero della Sardegna era percorso da una strada lunga 597 miglia, cioè 882 km per un totale di 27 stazioni (si ricordi che Strabone calcolava per le coste dell’isola un perimetro di 636 miglia e Plinio il Vecchio di 565 miglia, tra i 940 e gli 835 km). Non mi nascondo però che una correzione possibile potrebbe essere quella di item in iter.

I miliari stradali ci fanno conoscere le stesse strade con differenti denominazioni, in genere con partenza da Karales, da Olbia o da Turris Libisonis; ma anche altre strade, tronchi parziali delle litoranee oppure vere e proprie varianti.

Gli elementi più significativi sono due:

5) la biforcazione per Olbia della strada centrale sarda chiamata sui miliari a Karalibus Olbiam, con origine sulla Campeda: si staccava a Nord della Campeda dal tronco principale, chiamato sui miliari a Karalibus Turrem oppure a Turre, una denominazione che è evidentemente successiva alla fondazione della colonia di Turris Libisonis.

6) la variante tra Sulci e Carales, lungo la vallata del Sulcis flumen, il Cixerri: un percorso diretto che toccava Decimo e dimezzava quello costiero che da Sulci (oggi Sant’Antioco), raggiungeva Tegula, Nora, Caralis.


Rubrica "Sardinia Antiqua" a cura del Prof. Attilio Mastino   

testo tratto da: "La Sardegna. Enciclopedia Brigaglia"