-Mariella Cortes*-
Qualche giorno fa, sulla nostra pagina Facebook, abbiamo pubblicato un’immagine con la concentrazione dei siti archeologici nel bacino del Mediterraneo. In molti sono rimasti sorpresi nel notare che della Sardegna non si distingueva più nemmeno la forma tanto era grande la quantità di segnaposto indicanti questo o quel sito. Un museo a cielo aperto, insomma, ma spesso poco fruibile. O, ancora, poco o nulla conosciuto. Sarò ripetitiva ma dobbiamo diventare prima di tutto “turisti della nostra terra” e metabolizzarne il patrimonio storico, artistico, culturale…le nostre radici, insomma.
Nell’ultimo periodo, sembra fortunatamente trapelare qualche barlume di speranza in merito. Grazie al ruolo dei social network (pensiamo al gruppo degli Instagramers sardi che quotidianamente raccontano la nostra terra attraverso le fotografie o all’ azione di censimento siti avviata da Nurnet – la rete dei nuraghi, per esempio) sembra esserci un maggiore coinvolgimento dei sardi nella valorizzazione, conoscenza e censimento dei siti. Lodevole, sì, ma non sufficiente.
Pensiamo a quello che da diverse settimane è sotto i riflettori della comunità scientifica internazionale: l’imponente esercito dei giganti di Mont’e Prama. Tralasciamo tutte le polemiche legate alla loro sorte negli scorsi quarant’anni e pensiamo a quanto sta accadendo in questo momento, mentre anche il The Guardian e il Times ne parlano come una delle scoperte più sensazionali degli ultimi anni. Ad oggi i giganti sono solo in parte tornati a casa: 6 di loro sono al Museo Civico di Cabras mentre i restanti 28 stanno al Museo Archeologico di Cagliari. Divisi nell'esposizione ma ugualmente di grande successo se pensiamo al solo Museo di Cabras che, da quanto riportato sul sito istituzionale, ha totalizzato 150 presenze al giorno durante e dopo l’inaugurazione e alla fila chilometrica davanti alla cittadella dei musei di Cagliari.
Ma andiamo con ordine: nel 1974 un contadino, durante la fase di aratura, scopre casualmente qualcosa che andrà a sconvolgere la comunità scientifica. Si tratterà di una delle scoperte più importanti della nostra storia ma destinata, purtroppo, a rimanere “nascosta” per diversi anni.
La domanda che ci si pone, ora, è una: quale miglior meta e collocazione per valorizzare al meglio l’eccezionale ri-scoperta dei Giganti di Mont'e Prama?
Cabras, Cagliari o altre destinazioni? E in quale tipologia di museo?
Oppure, sarebbe opportuno una volta ripresi e conclusi gli scavi nell’area, riposizionare le statue sulla loro struttura originaria, come dovrebbe a mio parere essere, in un enorme museo a cielo aperto (adeguatamente protette, si intende) oppure ancora dedicar loro uno spazio direttamente nella nuova struttura museale di Cabras ?
I kolossoi, come li definì l'archeologo Lilliu, anticipano la statuaria a tutto tondo della Grecia, risalente all’ottavo secolo avanti Cristo ed inaugurano i complessi statuari del Mediterraneo. È dunque, allora, fondamentale mettere i giganti in prima fila per un nuovo discorso di promozione territoriale andando però, al contempo, a mettere in luce il patrimonio unico della Sardegna in un discorso di messa in rete delle strutture che ne garantisca maggiore fruibilità.
Mentre si realizzano le nuove sezioni dei musei di Cagliari e Cabras e si recupera – forse –il futuristico progetto del Betile che potrebbe essere una delle "case" papabili per i giganti, va pensato, in vista della prossima stagione, quale valore aggiunto mettere sul vassoio dei turisti e, in un momento che vede comparire nuovi competitors low cost sul mercato delle vacanze, avere il coraggio di prendere le redini in mano e offrire qualcosa di veramente unico, guardando al lungo periodo.
Ed in fondo, per guardar lontano, basta salire sulle spalle dei giganti.
-*FocuSardegna -