-Mariella Cortés*-
Sembra già così lontana quella domenica di donne con i fiori sottobraccio, di sorrisi, auguri e gesti di galanteria. Perché, che dir si voglia, l’8 marzo è ancora una celebrazione a scadenza. 24 ore di ricordo dei gesti di emancipazione, delle conquiste, dei traguardi e trascorsi delle donne italiane e internazionali, di auguri e fiori che già, all’indomani, sfumano in mobbing, stalking, senso di inferiorità e sensazione che quel famoso tetto di cristallo che separa i diritti delle donne da quegli degli uomini, sia in realtà infrangibile.
E qui, purtroppo, parlano i numeri. Statistiche che solo apparentemente raccontano di un mondo lontano dal nostro quotidiano.
Pensiamo alle continue news su stupri di gruppo in India, alle donne arabe e iraniane, che, ancora, non possono guidare né andare allo stadio, alla giovane turca uccisa a calci e data alle fiamme dopo un tentativo di stupro, a quante sono costrette a percepire il mondo dalla rete del burka e quante, per vendetta e follia, vengono deturpate con l’acido. Ma riflettiamo anche su tutte le violenze di casa nostra, sulle tante Lucia Annibali, Valentina Pitzalis, Annamaria Sales, Dina Dore.
Sembrano tutte così lontano le storie di quel mondo ampiamente descritto anche da Oriana Fallaci ne “Il sesso inutile”, mentre le ascoltiamo distrattamente al telegiornale o leggiamo le brevi sui giornali mentre andiamo al lavoro o rientriamo a casa. E le avrete sentite, sicuramente, anche nei resoconti di domenica 8 marzo, mentre il profumo delle mimose riempiva le vostre case. Avrete sentito che nell’Unione Europea le donne guadagnano in media il 16,4 per cento in meno degli uomini, che i casi di femminicidio nel solo 2014 sono stati 137, in pratica quasi una vittima ogni 3 giorni. Se da una parte si riscontra una riduzione rispetto all’anno precedente, sono fortunatamente aumentate le denunce soprattutto nei casi di violenza domestica e sul posto di lavoro.
Perché, a costo di essere ripetitivi, la violenza non è solo quella fisica, visibile: spesso, i lividi e le percosse sono interne e vanno ad incidere la psicologia delle persone che, apparentemente sembrano non avere nessun problema. Vita personale negata, senso di appartenere completamente, in una situazione di sottomissione totale (e, no, non nel senso di “50 sfumature di Grigio”) al proprio partner, percezione di inadeguatezza e situazione di stress continuo. E in questo mondo sommerso, di violenze psicologiche, sono pochi i casi di denuncia. Stesso discorso accade per il mobbing e, anche in tal caso, la Sardegna non ne viene esentata. Secondo un articolo pubblicato su “La donna sarda” i casi di mobbing sul lavoro denunciati sono una minoranza: dei 125 casi pervenuti nel 2013, il 39 % riguardava le donne e il 61% gli uomini.
Gli indennizzi sono stati solo 17, trattandosi di accuse difficili da dimostrare e di una materia ancora oggetto di studio. Se da una parte, dunque, queste situazioni, solo apparentemente lontane dall’uscio della nostra casa che andrebbero ricordate ogni giorno dell’anno, sembrano far calare un velo nero sull’universo donna, dall’altra, sembra farsi più consistente il raggio di sole pronto ad illuminarle. Ecco che Google, celebrando la ricorrenza con i noti doodle, ha ritratto donne chimico, astronaute e sportive. Se il primo pensiero va a Samantha Cristoforetti, prima donna italiana nello spazio, sfogliando, ancora, le pagine della Donna Sarda, scopriamo che nell’ultimo anno su 16.917 imprese giovanili registrate in Sardegna, 4.828 sono capitanate da donna. Percentuale, questa che oltre a far salire il “tasso di femminilizzazione”, supera la media italiana: 22,29% a livello regionale mentre a livello nazionale si parla del 21,45%. Numeri che fanno ben sperare anche la Sardegna, quindi, che affonda le proprie radici in una affascinante cultura matriarcale e che si ritrova, negli ultimi anni, ad affrontare la sfida della disoccupazione e della nuova emigrazione.
A queste donne coraggiose, a quelle che non hanno ancora trovato la forza, a chi sta cercando di lottare e a chi, ora si ritrova a ricostruire tutto da capo, non vanno gli auguri in una sola occasione, ma un pensiero costante nella speranza che via sia un 8 marzo 365 giorni l’anno, per celebrare le donne libere senza che vi sia necessità di parlare di diversità di genere come divisione.
*FocuSardegna