-Simone Tatti*-

 

Muta profondamente il tessuto imprenditoriale della Sardegna, mediante una lenta ma graduale trasformazione che la crisi economica iniziata nel 2008 ha innescato. Dall'inizio della crisi ad oggi sono 5.305 le imprese artigianali che hanno chiuso i battenti. Cifre impietose che non lasciano spazio a dubbi e ci riportano indietro nel tempo di ben 14 anni.

Nell'ultimo anno il saldo negativo è stato di 1.088 imprese che corrisponde a 1.584 iscrizioni contro 2.672 cancellazioni. Situazione pesantissima che a livello di circoscrizioni camerali si distribuisce con una perdita di 433 imprese a Cagliari, 366 a Sassari, 210 a Nuoro e 79 a Oristano. 

Cifre da capogiro che, come commenta il Presidente di Confartigianato Sardegna Maria Carmela Folchetti, non fanno altro che confermare il divario che separa la pubblica amministrazione e la politica dalle imprese, evidenziando quanto sia labile la connessione che lega i fautori delle politiche economiche e il tessuto produttivo della Sardegna.

Tasse, burocrazia, credit crunch e crollo dei consumi interni sono solo alcune delle cause che hanno messo in affanno l'artigianato isolano. Secondo i dati dell'Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell'Artigianato (CGIA), tra il 2008 ed oggi il costo dell'energia elettrica è aumentato del 21,3 per cento, quello del gasolio del 23,3% mentre la Pubblica amministrazione ha allungato i tempi di pagamento di ben 35 giorni.

Ma non è tutto, poiché sul fronte del credito la situazione è altrettanto allarmante. In questi anni di crisi economica gli impieghi bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10% mentre la pressione fiscale si è stabilizzata nel 2014 al 44%, anche se per le micro imprese il carico supera abbondantemente il 50%.

Anche il peso degli adempimenti burocratici ha assunto un livello non più sostenibile. Secondo i dati della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i costi amministrativi che le PMI italiane patirebbero ogni anno per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie, ammonterebbero a 31 miliardi di euro all'anno per un totale di 10 giorni al mese trascorsi a districarsi tra i vari iter burocratici e un costo medio annuo pari a circa 7.000 euro.

Costi che ricadono in maniera più incisiva sulle imprese più piccole che, a differenza di quelle di maggiori dimensioni, non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno e sono pertanto costrette a rivolgersi a dei professionisti esterni, subendo dei costi annui ancora superiori a quelli sopra citati.

Se a questi dati aggiungiamo il fatto che gli artigiani, come la quasi totalità delle piccole e micro imprese, vivono dei consumi delle famiglie, crollati in questi anni di crisi di circa 7 punti percentuali, è facilmente delineabile uno scenario che non lascia spazio all’ottimismo.

Detto ciò, in questo mese caratterizzato a livello normativo dall’introduzione del “Jobs Act”, sarebbe utile interrogarsi su quali siano gli interventi del governo per favorire l’arrestarsi di quest’emorragia produttiva che pare non aver fine.

Provateci voi perché io non ne ho trovato.

*FocuSardegna

Autore dell'articolo
Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e startupper. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa quindici anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Per sapere altro su me o quel che faccio, visita il mio sito www.simonetatti.it.

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