-Irene Bosu*-
Anno nuovo, vita nuova. Chi non conosce questo motto? I buoni propositi di inizio anno sono quasi sempre gli stessi, pieni di speranze, riflessioni e bilanci. C'è voglia di ampliare gli orizzonti, rivoluzionare la propria vita e, magari, lasciare tutto alle spalle. Lo scopo è sempre quello di sperare in un futuro migliore.
È proprio da questo che voglio partire, dalla stessa speranza di cui parlava Sebastiano Satta nei suoi scritti; nel 2014 ricorre il centenario della sua morte. I nuoresi, suoi concittadini, lo chiamavano “Pipieddu, s’abocau - poeta”. Grandissimo intellettuale, avvocato, giornalista, cultore della lingua sarda, autore di poesie straordinarie, la penna che ha narrato e illustrato le realità sociali di fine '800 di una Sardegna ancora inascoltata. "Barbaricino E Poeta dei Sardi", così lo deominava Vincenzo Soro, che lo conobbe quando fu colpito dalla malattia che aveva reso ancor più amara la sua vita, dopo la morte prematura della figlioletta. Goffredo Bellonci, sul Giornale d'Italia del 30 Novembre 1914, scrisse che Satta “aveva il senso della terra, il più grande dono che Federico Nietzsche facesse al suo Zaratustra, la più grande virtù che abbia cantato nel libro della giungla immortale Rudyard Kipling. Ogni strofa, ogni verso, ogni parola sigillava del suo stile sardo, inimitabile nel ritmo, nelle immagini, nei trapassi”.
Saluto il nuovo anno partendo da questa importante ricorrenza. Sebastiano Satta amava la Sardegna, per lui era un'isola gloriosa, caratterizzata da una fierezza selvaggia e da un patriottismo ardente. Il periodo era quello della Prima Guerra Mondiale, segnato da un eroismo spavaldo, amico delle armi moderne. Il poeta, legatissimo alla sua terra natale, la Barbagia, famigerata ma allo stesso tempo mitica patria dell'abigeato, fu profondo conoscitore dell'anima del popolo barbaricino. Era uno scrittore passionale, un incitatore, il capostipite della poesia sociale sarda. Aveva sempre fiducia nel progresso, basti pensare ai Canti del Salto e della Tanca del 1924, da questo momento in poi il poeta si lascia dietro le morali del villaggio, che raccontava nei Canti Barbaricini, lascia il verismo, le tradizioni e dà un magnifico balzo in avanti, si butta propositivo nel futuro, nella modernità, nella speranza che tutto questo seppellisca l'arretratezza della sua terra. I Canti di Satta avevano per protagonisti uomini comuni. Narrava di individui che, pur vivendo in condizioni disumane e precarie, speravano e sognavano un futuro migliore per se stessi e per le generazioni future.
Quale migliore augurio per affrontare il nuovo anno?
Buon 2014
*FocuSardegna