Il concetto di "besa" in Albania rappresenta un pilastro fondamentale della cultura tradizionale, incarnando un impegno sacro e inviolabile che lega le persone all'onore e alla responsabilità reciproca. Questo valore, fortemente radicato nel contesto sociale albanese, trova sorprendentemente delle similitudini con la tradizione sarda, specialmente nell'ambito agro-pastorale.
In entrambe le culture, la parola data assume un significato profondo, diventando un vincolo morale e sociale che determina il rispetto e la reputazione dell'individuo all'interno della comunità.
Nel contesto albanese, la "besa" è strettamente legata al codice del Kanun, un antico insieme di norme consuetudinarie che regolava i rapporti sociali, familiari e comunitari. La parola data non era solo un impegno personale, ma un vincolo collettivo che coinvolgeva l'onore dell'intera famiglia. Tra gli aspetti più significativi della "besa" vi era l'obbligo di ospitalità: chiunque si presentasse chiedendo rifugio o aiuto riceveva protezione, indipendentemente dalle circostanze.
Anche in Sardegna, specialmente nelle zone interne e rurali caratterizzate da un'economia agro-pastorale, la parola data aveva un valore sacro. L'onore personale e familiare si fondava sulla fedeltà agli impegni presi e sulla lealtà verso la comunità.
La figura del pastore, centrale nell'economia e nella società sarda, incarnava questi valori attraverso il rispetto degli accordi orali, la solidarietà tra pari e l'ospitalità verso chiunque ne avesse bisogno.
In molte zone dell'isola, l'accoglienza dell'ospite era considerata un dovere sacro, simile alla "besa" albanese. Offrire ospitalità significava garantire sicurezza e rispetto, un gesto che rifletteva il prestigio e l'onore della famiglia ospitante.
Le similitudini tra le due culture emergono anche nella gestione dei conflitti e delle offese. In Albania, l'accusa di essere "pabesë" (senza parola) era tra le più gravi, compromettendo irreparabilmente la reputazione di un individuo. Analogamente, in Sardegna, il tradimento della parola data o la mancata osservanza di un impegno venivano considerati atti disonorevoli, capaci di compromettere i legami sociali e familiari. Questo senso dell'onore e del rispetto reciproco permeava ogni aspetto della vita comunitaria, regolando i rapporti economici, sociali e persino i conflitti tra famiglie.
Tuttavia, con il passare del tempo e l'avvento della modernità, questi valori tradizionali hanno iniziato a indebolirsi. In Sardegna, la progressiva urbanizzazione, la globalizzazione e l'influenza della cultura anglosassone hanno portato a una trasformazione delle dinamiche sociali. La cultura individualista e orientata al profitto, tipica dei modelli anglosassoni, ha progressivamente sostituito i principi di solidarietà e onore collettivo. L'antico senso di responsabilità verso la comunità e il rispetto della parola data stanno lasciando spazio a relazioni più fluide e meno vincolanti.
Questo cambiamento si riflette anche nell'ospitalità. Se un tempo offrire rifugio e accoglienza era un dovere morale imprescindibile, oggi tale pratica tende a essere meno sentita, complice la minore necessità di affidarsi al prossimo, la crescente diffidenza verso l'altro e la maggiore enfasi sulla privacy e la sicurezza personale.
L'omologazione culturale ha reso meno rilevanti quei codici di comportamento che, per secoli, hanno garantito coesione e solidarietà nelle comunità sarde.
Fortunatamente per noi, in alcune persone questi sentimenti resistono ancora, specialmente nelle aree rurali e più isolate, dove il senso di comunità e l'importanza della parola data continuano a rappresentare valori fondamentali. Dove onorare l’impegno preso è una questione di dignità personale. Dove il senso di ospitalità nei confronti del forestiero è ancora spiccato.
Dove il valore di una persona coincide con quello della sua parola.