- Mariella Cortés*-
Il porcetto della discordia ce l’ha fatta. entrerà ad Expo, dopo polemiche, infiniti bracci di ferro, settimane di lavoro. Ecco che arriva, a due settimane dalla dibattuta Esposizione Universale, la notizia tanto attesa: la nostra eccellenza alimentare sarà presente, pronta a raccontare una parte del nostro patrimonio agroalimentare.
La ragione del dissidio affondava le sue radici nella diffusione della peste suina e del divieto assoluto, in vigore da tempo, di esportazione della carne di maiale e dei suoi derivati. Il porcetto locale sarebbe stato un pesante convitato di pietra all’evento lombardo se non ci fosse stata la svolta last minute con l’autorizzazione, in zona cesarini, del Ministero della Salute, al quale sono stati forniti tutti i dettagli relativi alla messa in sicurezza della carne suina e ai regolari – e assidui – controlli ai quali questi vengono sottoposti.
Le polemiche, i discorsi e i commenti che ha sollevato la sua possibile assenza dall’agognata Esposizione Universale, sono rimbalzati per settimane su media e social network e, come in tutte le occasioni di protesta che si presentano, i sardi non hanno esitato ad ergersi ad ariete d’attacco contro la contestata decisione. Se tutto è bene quel che finisce bene, sarebbe opportuno, alla luce di questa vittoria, non sciogliere quella rete di sardi pronti a riunirsi per protestare e poco propensi alla messa in rete per l’azione e adoperarsi in maniera efficace, dopo anni di tante parole che non hanno consentito di raggiungere il risultato sperato, per contrastare, una volta per tutte, il flagello della peste suina.
Il discorso non deve partire dal fatto che, siccome ad Expo ci saranno tutte le possibili categorie di cibo ( dal coccodrillo a ragni e insetti) era fondamentalmente ingiusto negare l’accesso al porcetto. Va chiarito il perché di quel “no” che aveva alle basi una serie di normative di sicurezza che andavano garantite. L’invito alla riflessione sul tema della peste suina era stato più volte ribadito da Emanuele Dessì sulle pagine de L’Unione Sarda: è da più di 40 anni che combattiamo contro la peste suina africana. Battaglia, questa, che oltre ad avere comportato una spesa imponente, non ha modificato di tanto la situazione esistente andando a precludere la partecipazione delle nostre carni suini e dei derivati, alle evoluzioni del mercato europeo. Se ad ogni vittoria precede un momento di riflessione, ricordiamoci che se il porcetto è un ottimo apripista alla promozione agroalimentare e principe della tavola, non è la nostra unica eccellenza e, al contempo, se vittoria Expo è stata, ancor più attenzione merita la sua somministrazione, diffusione e promozione in terra isolana.
E, a tal proposito, in un momento di tale fermento e attesa, va ricordato che i 6 mesi d’Expo non coinvolgeranno solo le dinamiche di Milano e dell’hinterland meneghino. L’attenzione alle bellezze e alle tipicità, soprattutto agroalimentari del nostro Bel Paese, si estenderà di regione in regione e se le stime sono corrette, dobbiamo aspettarci non solo un incremento dei flussi turistici per la prossima stagione ma, anche e soprattutto, dei visitatori ancora più attenti, curiosi e desiderosi di scoprire le eccellenze. Non basta più, dunque, la somministrazione del “menù turistico”.
Serve, se si vuol davvero promuovere la nostra ricchezza alimentare – che sta anche alla base della ricetta della longevità – raccontare più che somministrare, insegnare mentre si accoglie nella propria attività ristorativa e non dar nulla per scontato. L’invito a pranzo per Expo deve aprire le porte alla conoscenza di una cultura antica della quale dobbiamo imparare ad esserne fieri ogni giorno, non solo quando si pongono dei dubbi sulla sua presenza a una manifestazione. La cucina è parte della nostra storia e quando sventoliamo i quattro mori, è ogni singolo piatto a far parte e comporre le trame di quella bandiera.
*FocuSardegna