-Matteo Setzu*-
Eccoci giunti alla settimana del Carnevale. Un carnevale che come ogni anno, da tempi ormai lontani riempira' di storia e tradizione i nostri paesi.
Quei riti ancestrali che ricordano la notte dei tempi e richiamano quegli antichi rituali propiziatori e di buon auspicio per allevamento, agricoltura e fertilità.
Re Giorgio e Don Conte verranno bruciati.
Le maschere tradizionali usciranno in Barbagia e non, a Oristano e Santulussurgiu si correrà a cavallo, a Seneghe si ballerà, Bosa richiamerà la fertilità , Ovodda esploderà di unicità, altrove ci saranno sfilate allegoriche.
Tutti a far festa, tutti a mascherarsi, tutti a dimenticare per qualche giorno i problemi che la vita ci sta dando. Ci maschereremo per vivere delle giornate diverse e per auspicare per noi qualcosa di nuovo, di migliore.
Perché il rito del carnevale alla fine è quello, quello di augurarci un'annata migliore. Un' annata che ogni anno sembra non ascoltare più quel desiderio che noi poveri cittadini vorremmo, quelle certezze che stanno venendo a mancare.
Quei Re Giorgio e Don Conte a cui siamo legati e affezionati e che bruciando si presentano sempre puntuali, anno dopo anno, pronti a essere insultati e scherniti ma che ogni volta fanno più male. Quei raccolti e quei pascoli sempre più poveri, destinati a essere sempre meno protagonisti per la nostra economia.
Ma si sa, siamo in balia del grande carnevale che ci accompagna tutto l'anno nelle nostre giornate e che uomini mascherati ci spaventano al risveglio. Quel carnevale che non ci piace festeggiare ma che siamo costretti a vivere anche senza maschere.
E allora che carnevale sia, sperando davvero che venga bruciato una volta per tutte e augurandoci che qualcuno si tolga la maschera, mostri finalmente il proprio volto e si rimbocchi le maniche per permetterci di tornare a vivere serenamente esaudendo quel rito propiziatorio che questa festa chiede.
*Focusardegna