-Mariella Cortes*-
“Tempus, tempus! Bendimus tempu barattu!” ("Tempo! Tempo! Vendiamo tempo a poco prezzo") recita un verso di un poeta quasi contemporaneo, Pedru Mura. L’idea del tempo in Sardegna esula tante altre logiche che chi, come me, vive a Milano o in altre città – soprattutto del Nord Italia - , ha avuto modo di conoscere.
Cedere tempo a poco prezzo non significa svendere, sia chiaro, quanto averne in surplus e potersi permettere di venderlo con tariffe ridotte. Tempo dilatato, quello sardo, tempo scandito da momenti che necessitano di lunghe preparazioni, anni e mesi che si rincorrono con la cadenza di ritmi antichi. Tempo di semina e di raccolto, tempo dell’accoglienza e degli addii, tempo, ancora, del lavoro e del riposo. Vi sarà capitato di trovarvi in un luogo, nell’orario del pranzo, e non sentir altro che il rumore di piatti e stoviglie andare a riempire le vie deserte; o di assistere alla lunga preparazione di una festa, alla vestizione di un candeliere a Sassari, de “su componidori” per la Sartiglia di Oristano o alla preparazione del carro e de “sa ramadura” per S.Efisio. Non vi è fretta in questi momenti né ritmi eccessivi. L’avrete capito anche durante gli ultimi week end di Autunno in Barbagia quando, visitando le diverse Cortes, avrete riscoperto un mondo di tradizioni antiche dove la vera arte sta nella pazienza e nella precisa conoscenza dei ritmi necessari.
C’è un tempo per ogni cosa in Sardegna, come ci ricorda l’intramontabile Salvatore Cambosu nella sua opera Miele Amaro: “È tempo vostro, tempo di spose. Quando, quando? Parole che gridate al tempo che va come il fiume. Tempo vostro. Non date retta alle vecchie pietrose che si voltano indietro, chiudono gli occhi e sospirano: e che i tempi sono cambiati, sfido io, e che le loro primavere erano più verdi, e il sole più brillante”. E’, ancora, “Tempo di vendere, tempo di comprare” o “È il tempo del mietitore, è il tempo anche dei gigli” ed, in particolare nel dialogo tra il pastore e i mesi dell’anno, lo scrittore orotellese accomuna ogni mese al suo tempo e al relativo ruolo.
C’è dunque, ad accoglierci, un’Isola che sembra non avere, per riportare le note parole del viaggiatore D.H.Lawrence, né un tempo né una storia ma dove tutto appare sospeso in un universo a sé stante. Basta guardarsi intorno e riempire lo sguardo di alberi secolari, di costruzioni che hanno attraversato i millenni, di sguardi e lineamenti che ricordano i vari scambi culturali e, soprattutto, i nostri beni più preziosi: gli antichi saperi e l’ospitalità per i quali non esisterà mai la locuzione: “ho fretta”.
E se, a una prima impressione, può sembrare che per i sardi il tempo sia dilatato o scorra troppo lentamente, provate a fermarvi, senza correre, senza fretta e ascoltare il suono del vento o ammirare il paziente lavoro di un artigiano, andate a visitare uno dei nostri ottomila (e più) nuraghi, a ricercare le storie dei giudici nei ruderi dei loro – un tempo imponenti – castelli o ad avventurarvi nei parchi e nelle foreste per incantarvi davanti ad alberi secolari. Capirete che avete speso bene i vostri soldi per acquistare il nostro tempo.
*FocuSardegna