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Data l’esperienza maturata con Abbanoa, provo a spiegare la drammatica questione elettrica della Sardegna, ricorrendo a una storiella idraulica.
Pensate di aver una casetta sulle sponde di un laghetto. Fino ad un anno fa in quel lago versavano 3 condotte locali con una portata variabile e regolabile fino a 1.000 lt/h a secondo del livello del lago, ed un fiume che scaricava in base alle piogge fino a 2.000 lt/h. Ora vi comunicano da Roma che metteranno una diga ed una chiusa in grado di controllare fino a 1.000 lt/h., che chiuderanno le tre condotte e che quindi il livello del lago dipenderà dalla variabilità delle piogge e dalla bravura dell’operatore della chiusa che non sta più lì, ma che vogliono trasferire a Torino.
A stare agli atti, (vedi la Direzione regionale del Pd di sabato), e ai fatti, (vedi il Patto per la “città metropolitana di Cagliari” concordato dal Governo con Zedda) sembra che la riforma degli enti locali sia ormai alle nostre spalle. Sembrerebbe. Purtroppo.
Che sia un destino compiuto, una decisione aperta, o l’annuncio di una battaglia che inizia, conviene fermarsi un momento per capire e valutare un pò meglio la cosa.
Non penso al giudizio sul suo rilievo complessivo da tutti considerato giustamente storico. Penso invece a quello sulle sue distinte componenti. Bene riorganizzare l’assetto interno della nostra comunità regionale incoraggiando i comuni ad associarsi autonomamente in unioni. Non invece riconoscere tra queste unioni ad una e ad una sola il titolo, la funzione e i poteri che a nessun altra sono riconosciuti.