L'opinione pubblica in questi giorni si è divisa in varie categorie: coloro che giustamente criticano la tragedia di Parigi e che invocano misure più rigorose contro l'immigrazione; coloro che condannano il vile attentato ma essendo liberali, mostrano come i terroristi siano appunto degli assassini e non rappresentativi della religione musulmana, e che quindi dividono tra terrorismo e Islam; coloro che criticano la satira e seppur condannando l'attentato vedono come le vignette "abbiano provocato" gli attentatori.
Ci sarebbe poi una quarta corrente, i dietrologi, che mostrano come il kalashnikov non abbia fatto uscire sangue al poliziotto, come non sia possibile che un attentatore abbia perso la carta di identità o abbia sbagliato l'indirizzo della località segreta della redazione di Charlie Hebdo.
Aggiunge ulteriore mistero alla strage, la fine degli attentatori, la loro fuga e poi il sequestro, affiancati da una seconda cellula, che addirittura sequestra e uccide gli avventori di una drogheria kosher del Nord di Parigi. Un giallo in piena regola. Insomma mistero sul mistero, in questo 7 gennaio parigino che verrà ricordato a lungo come uno dei periodi più neri e mediatizzati della storia francese.
Io mi identifico nella seconda corrente, quella dei liberali, che vogliono regole certe ma che non Incriminano a priori una religione.
Il giusto binocolo per me è l'analisi obiettiva del fatto per quello che è: un attentato realizzato da un commando esperto che uccide 6 giornalisti per il contenuto delle vignette satiriche e che è finanziato da potenti mezzi. Infatti la fuga, l'uso dei kalashnikov, l'esperienza militare degli attentatori, mostra come dietro l'assalto ci sia una mente opulenta.
I dietrologi mi perdoneranno se mi viene difficile credere che Le Pen abbia armato la mano dei terroristi per seminare terrore in Francia e uccidere 17 persone, tenere in ostaggio il Paese per tre giorni e non cedere se non davanti alla morte. La radice del gesto dei terroristi sembra essere ispirata da coloro i quali considerano la strage come giusta vendetta per l'offesa al Profeta, che noi consideriamo un vile attacco contro giornalisti inermi e disegnatori che volevano solamente criticare le convenzioni e il potere della religione sulla mente delle persone.
L'Islam buono esiste, eccome, ho conosciuto tante persone istruite e credenti, professionisti capaci, uomini che cercano di sfamare e far prosperare la propria famiglia e che non odiano nè gli occidentali nè l'Occidente. Siamo purtroppo abituati a sentir parlare di Islam solo durante episodi sanguinosi, decapitazioni, attentati e sequestri e quindi abbiamo associato la religione musulmana alla violenza, al selvaggio senza scrupoli, all'odio, all'omicidio.
Ma l'Islam, come la religione cristiana, come il buddhismo e l'ebraismo, vogliono solamente il benessere delle persone e della comunità di fedeli, seguire i precetti della religione, che spesso coincidono con l'etica e con il senso comune, e nessuna religione in primis ha l'obiettivo di uccidere gli "infedeli". La nostra società europea è abituata a tollerare e ad accettare le differenze e a scoprire le diversità con entusiasmo e meraviglia, ma non a criticare in primis partendo dal proprio punto di vista nè a mettere in dubbio a priori l'altrui cultura.
Il racconto dei media in questi anni è stato la messinscena di un Islam violento e selvaggio, il terrorismo senza scrupoli sbattuto in prima pagina e di tralasciare la parte buona delle religioni e il motivo per cui le comunità religiose si fondano: per la collaborazione tra i credenti e lo spirito di crescita comune all'interno di valori condivisi, non solo per la paura o per il rispetto all'autorità.
I disegnatori di Charlie Hebdo criticavano le religioni, i loro precetti e facevano ridere laici, agnostici, atei e amanti della satira con le loro vignette al vetriolo. Hanno dovuto cambiare vita per via dei fondamentalisti, dei predicatori che spesso hanno trovato un capro espiatorio per i mali della società Occidentale e per rafforzare il senso di identità della loro comunità contro un nemico che offendeva i loro principi cardine.
Ma non era quello l'obiettivo di chi disegnava: la scelta era mostrare come le religioni fossero una costruzione culturale, come la fede cieca fosse appartenenza, come smontare i precetti, i simboli della religione facesse arrabbiare e unire chi si sentiva debole, perchè si identificava nella sola religione anzichè nella libertà e nell'appartenenza al genere umano.
I disegnatori di Charlie Hebdo volevano mostrare la debolezza dell'uomo, costretto a rifugiarsi in un Dio, in una Chiesa, in dei dogmi per giustificare la propria esistenza effimera, volevano ridere di questa nostra vacuità da riempire, e per mano di terroristi, sono stati costretti a morire sull'altare della libertà di parola e del diritto alla risata e alla creatività senza filtri che hanno difeso con la loro vita.
Alessandro Delfiore