Anno 2005, vivevo a Valencia, capoluogo della Comunità Valenciana, terza città della Spagna, a sud-est del Paese a circa metà strada da Barcellona (più a nord lungo la Costa) e Madrid, che si trova esattamente al centro della Penisola Iberica.
Quante volte abbiamo preso il bus Barcelona-Valencia per rientrare a casa assieme agli amici Erasmus che partivano con me dalla Sardegna. Spesso eravamo stanchi, l’aereo Alghero-Girona partiva alle 22.30 ed entro l’1 di mattina dovevamo essere alla Estación del Norte di Barcellona. Spesso non riuscivamo a salire per qualche piccolo ritardo o perchè il bus era pieno. Non si poteva prenotare ancora il posto online. Allora dovevamo stare tutta la notte in giro, e poi, stremati sul bus, crollavamo.
Ci fidavamo dell’autista di cui non abbiamo mai dubitato. E immaginate…dopo tutta la notte in giro, eccome se si dormiva durante il viaggio che iniziava alle 7 e terminava alle 13 circa. Il sonno veniva interrotto solamente dalla fermata vicino Tarragona in cui eravamo costretti a scendere dal bus. Eravamo giovani, spensierati, volevamo solamente tornare nella città in cui vivevamo, così come le ragazze che da Valencia volevano tornare a Barcellona. Eppure, per un errore umano le ragazze hanno preso una destinazione diversa.
Si è parlato tanto di controlli, del fatto che il bus non doveva partire di notte. Ma quanti bus partono a qeull’ora? Esistono i mezzi notturni proprio per permettere di tornare a casa ai ragazzi che escono la sera o anche ai lavoratori notturni che non hanno mezzi propri. Piuttosto bisogna indagare sulle condizioni di stanchezza di chi guida i mezzi, sulle sue condizioni psico-fisiche nel momento in cui si mette al volante.
Ma soprattutto a volte capire che si tratta di una fatalità, dato che in queste condizioni poteva capitare a chiunque di essere vittima in questa tragedia, erasmus o no, giovane o anziano, europeo o africano.
Le Fallas: un’occasione di festa, di rinascita, la celebrazione della Virgen de los Disamparados, che viene adornata da fiori portati dalle ragazze e signore vestite in abiti tradizionali che realizzano un’ofrenda (offerta) alla Madonna ubicata in Plaza de la Virgen.
Le sculture di cartapesta, posizionate per la città il 15 marzo, vengono bruciate nella notte di San José, la Nit del Foc, la Cremá, un rito che si lega alla primavera e coinvolge tutta la città, la seconda festa più importante della Spagna, che attira turisti da tutto il mondo da vedere almeno una volta nella vita. Io ho avuto la fortuna di assistere per tre volte nel 2006, 2007 e 2015 e spero di tornare ancora perché mi sento ancora molto legato a questa bella città.
Un altro ricordo: i miei genitori che vengono a trovarmi a Pasqua nel 2006. Siccome arrivavano a Barcellona, decido di andare nel capoluogo catalano sempre con il solito bus, dato che arrivavano anche mio fratello e la ragazza da Milano. Ci troviamo tutti a Barcellona. Giro nel Barrio Gótico, la Cattedrale, Parc Guell e la Rambla, a tutti è piaciuto il modernismo delle sculture di Gaudí.
E poi autobus per Valencia, anche qui ci si fida ciecamente dell’autista, c’era tutta la mia famiglia sul bus!
Giro nella spiaggia, paella nel porto, spettacolo di flamenco al Radio City, un locale nel Centro Storico della Città, il Carmen con le sue viuzze e la sua storia che risale ai romani. I musei della Città della Scienza, l’Hemisférico e l’Oceanografico, uno dei più grandi acquari d’Europa con uno spettacolo di delfini superbo.
Tutti contenti per le belle feste passate, esattamente dieci anni fa, i miei genitori, mio fratello e l’ex ragazza tornano a Barcellona per prendere l’aereo. E ancora una volta lo fanno con il bus.
Insomma non abbiate dubbi sullo stato delle strade spagnole né sugli autisti e soprattutto come ha detto un caro amico “Non tarpate le ali all’Erasmus”.
E’ un’epoca di gioia, di scoperta, di viaggio, di crescita personale, di vita.
Facciamo le condoglianze alle famiglie delle 13 ragazze e il loro ricordo deve essere motivo per continuare il sogno Erasmus, si tratta di un’epoca in cui si può imparare una lingua, essere spensierati, vivere emozioni uniche che rimarranno per sempre, conoscere il mondo e vederlo con nuovi occhi.
“Erasmus una vez, Erasmus para siempre” (Erasmus una volta, Erasmus per sempre) era un altro dei nostri slogan assieme alla canzone di Coti “Nada de esto fue un error”, niente di tutto ciò è un errore. Non ci sentivamo sbagliati, ci sentivamo liberi, anche di viaggiare per la Spagna e di esprimere la nostra personalità in un’Europa migliore grazie al progetto Erasmus, Leonardo e a tutti i programmi comunitari per far crescere la collaborazione e la libera circolazione all’interno dell’Unione Europea.
ALESSANDRO DELFIORE