Vi dice qualcosa “Madre Acqua”? Sergio Atzeni voleva intitolare così quel libro che tanto aveva faticato a scrivere. Il romanzo che racconta un viaggio simbolico di sola andata dalla Sardegna al continente. Due paroline che, però, non piacevano alla Mondadori, e dunque fu trasformato in “Il quinto passo è l'addio”. Paola Mazzelli, ultima compagna dello scrittore, ricorda questo passaggio davanti alla telecamera di Daniele Atzeni che ha scelto proprio quel titolo per il suo film-documentario, presentato lo scorso 20 novembre, a Nuoro presso l'Istituto Regionale Etnografico.
Dopo i saluti di Bruno Murgia, Presidente dell'ISRE, hanno presentato il film il regista Daniele Atzeni; Alessandro Stellino, critico cinematografico; Gigliola Sulis, docente di Letteratura Italiana presso l'Università di Leeds ed esperta di Sergio Atzeni; Antioco Floris docente di “Linguaggi del Cinema, della Televisione e dei New Media” presso l’Università di Cagliari.
«Ho molto insistito per avere il documentario a Nuoro e proiettarlo all'ISRE, che ha da sempre una tradizione ben radicata nel mondo cinematografico» ha dichiarato Bruno Murgia. «Il documentario prodotto dalla Araj Film dello stesso Daniele Atzeni, con il contributo della Regione, è un prezioso omaggio alla figura di Sergio Atzeni. Si tratta di un grande scrittore, questi importanti personaggi passano leggeri sulla terra ma lasciano segni molto forti».
«Sono molto contento di presentare il film alla presenza del regista e produttore indipendente, già autore del pluripremiato “I morti di Alos”. Quando ho saputo che Daniele stava realizzando il film su Sergio Atzeni, ha innescato in me un grande interesse – ha dichiarato Stellino - soprattutto perché non avevo mai visto un filmato che lo riguardasse e mai sentito la sua voce».
Il regista, prima della proiezione, non nasconde di aver conosciuto le opere di Sergio Atzeni abbastanza tardi, quando lui era già scomparso. «Anche se un po' in ritardo ho immediatamente capito che le sue opere potevano essere molto importanti per la mia formazione culturale perché in quegli anni, come ha fatto Sergio, abbandonai la Sardegna per per concludere il mio percorso formativo a Roma. Quando ho iniziato a dedicarmi ai documentari, ho pensato che sarebbe stato molto importante realizzare un opera che lo raccontasse e così è nato questo progetto. Sono principalmente frammenti di vita dello scrittore - come indicato nel sottotitolo - che ho raccolto attraverso le testimonianze di chi l'ha conosciuto. In questo ho potuto contare sulla consulenza di Gigliola Sulis, grande studiosa del lavoro di Atzeni, che mi ha aiutato per i contatti con le persone intervistate».
Così viene fuori il ritratto di un giovane militante comunista, leader del movimento studentesco, precoce giornalista, impiegato presso l'Enel, ribelle disilluso, pecora nera fuoriuscita dal sistema, emigrato in cerca di fortuna, scrupoloso traduttore, sperimentatore linguistico, fine artigiano della costruzione narrativa, scrittore coerente e autentico. Il documentario propone numerose testimonianze, filmati e audio inediti dello scrittore. È un racconto a più voci: quella di Paola Mazzarelli, Rossana Copez, Giovanni Manca, Giuseppe Marci, Nico Vassallo, Ernesto Ferrero, Antonio Franchini, Goffredo Fofi, Rossana Atzeni, Gigliola Sulis e Giorgio Pellegrini.
«Nel documentario emerge il rammarico per una Sardegna che non ha saputo valorizzare e riconoscere il talento di Atzeni quando era in vita», afferma Gigliola Sulis. «Adesso viviamo in un contesto in cui la narrativa sarda si è imposta a livello locale e anche nazionale. Però, se guardiamo tra gli anni '80 e '90 la situazione era ben diversa. Probabilmente, in quel periodo, la Sardegna non poteva offrire più di tanto a una persona, come Sergio Atzeni, che voleva investire al 100 % sulla scrittura. Ma Atzeni alla fine ci riesce, la vita da narratore non finisce nell'86, quando se parte “sconfitto” dalla Sardegna. Come sappiamo susseguono in realtà 8 anni intensissimi di grande produzione letteraria».
Tutto questo e molto altro fu Sergio Atzeni, narratore "sardo, anarchico, randagio" fra i più interessanti e singolari del secondo novecento italiano, scomparso nel 1995 quando non aveva ancora compiuto 43 anni.