Vi sono persone che con la loro vita, arte e conoscenza arricchiscono il mondo di un profumo nuovo ed innovatore. Difficile capirlo nel presente certo e concreto nel futuro, quando ormai lontani da sguardi fanciulleschi nella maturità si riesce a cogliere la profondità di una linea che diventa arte. Così oggi, passato il 1969, Carlo Petromilli, rappresenta una delle eccellenze artistiche della nostra amata Sardegna. Tra danza e moda si costruisce l'architettura di edifici sontuosi che compongono mirabili forme di donne eccelse e vive tra la tradizione della cultura sarda e l'innovazione internazionale del magico mondo luccicante della moda. In quel di Oristano ormai dimora, dal 2003, l'atelier del creativo sardo che compone poesie ed epici sonetti fatti di piroette e moda, di contaminazione e suggestioni che portano la donna e l'uomo al di là della storia per vivere il presente con l'occhio acuto di un domani illuminato. Scale ricche di volute, dal sapore fiammingo e barocco, boiserie di ispirazione spagnola composte da boustier e volumi, in due parole : Moda - Arte firmata Carlo Petromilli. L’abbiamo incontrato per FocuSardegna.
Come si è formata la moda di Carlo Petromilli?
Credo che la mia moda sia sempre stata insita in me: fin da piccolissimo, passavo tantissimo tempo nel negozio di abbigliamento di mia nonna, ed all’interno c’era una sartoria dove mi rifugiavo e tutti i ritagli erano miei! Da lì, creavo i vestiti per i Playmobil, organizzavo delle rappresentazioni con tanto di scenografie ed ambientazioni…Poi ho avuto un percorso di studi regolare una maturità classica ed una laurea in architettura e proprio durante il periodo dell’università ho iniziato a frequentare alcuni degli atelier di Milano ed alcuni tra i più importanti stilisti del Made in Italy dai quali ho sempre cercato di assorbire tutto ciò che potevo. Sono sempre stato molto curioso di scoprire qualsiasi espressione artistica, ho sempre cercato di imparare e mettere da parte, perché sicuramente un giorno servirà quel determinato file che ho incamerato. Così, nel 2001 sono tornato in Sardegna e nel 2003 ho aperto un piccolissimo atelier che porto avanti sin da allora.
In che modo il DNA della cultura sarda vive nelle sue creazioni?
Le mie origini – come avrete capito dal cognome - non son sarde al 100% ma sono sardo da 2 generazioni. La Sardegna è un’Isola che ti impregna di ogni suo carattere: sono arrivato allo studio della tradizione sarda in punta di piedi e con grande rispetto. Non volevo cadere nel banale del solito scialle o negli usi del broccato applicato così, sono arrivato a creare una collezione ispirata alla Sardegna solo dopo 6 anni di attività ed un lunghissimo studio sui costumi. Si è aperto un mondo di linee colori e forme che è praticamente infinito e che continuo a studiare; di volta in volta si scoprono straordinarie combinazioni di tessuti colori e forme. Ho fatto mio tutto questo, creando un mio linguaggio che riprendesse le forme ma magari cambiandone i tessuti tradizionali: le classiche camicie in lino vengono ripensate in organza di seta, snellite le forme, riportati alcuni particolari dei corpetti su dei tubini neri, riproposto l’orbace in chiave più moderna, sia per l’uomo che per la donna.
Moda e Sardegna: binomio possibile?
Bella domanda… Diciamo che spesso noi sardi ed anche noi italiani tendiamo a sottovalutare un po’ quello che è il nostro potenziale creativo e di manualità, ad essere un po’ troppo esterofili. Il binomio è sicuramente difficile e non si fanno grandi numeri però son convinto che il futuro sarà nell’artigianalità, nell’ unicità e personalizzazione del capo: dopo la globalizzazione selvaggia credo che ci sia voglia di uscire dal coro e cercare di avere dei capi unici che ci possano distinguere. Nel mio piccolo posso dire che con tanti sacrifici ma il binomio è possibile.
In che modo la moda può raccontare e promuovere la Sardegna?
La moda, come elemento sociologico, racconta sempre un popolo e le sue tradizioni, sicuramente siamo seduti su una miniera d’oro e su un grandissimo patrimonio culturale. Per i miei servizi fotografici utilizzo sempre location sarde: a breve uscirà un editoriale che valorizza al massimo una parte della costa dell’oristanese, per esempio. Penso che bisognerebbe creare un “Sardinian mood” tipo il “Sicilian style” di una nota coppia di stilisti che probabilmente avrebbe una giusta presa e promuoverebbe ulteriormente la nostra Isola.
In qualche modo la durezza/ il rigore della donna sarda, rivive nelle sue creazioni?
Sicuramente c’è un certo rigore nella mie collezioni. Anzi, più che rigore direi pudore: la donna sarda è sempre stata dura e rigorosa perché richiesto dal suo ruolo all’interno della famiglia ma allo stesso tempo emancipata. Pensiamo ad una Eleonora d’Arborea o ad una Grazia Deledda: esempi di una durezza ed un rigore che non dimenticano il loro ruolo di donne e il potere della loro seduzione. In che senso pudore? Nel senso che comunque sai va a scoprire il giusto, tanto per farti immaginare, ma senza scoprire le carte. Credo che al giorno d’oggi si sia un po’ dimenticato il gioco della seduzione e dei ruoli: la seduzione non è far vedere, ma far immaginare anche se oggi è difficile entrare nell’immaginario maschile sfilando un guanto o facendo vedere una caviglia. Oggi il corpo è iperesposto e non c’è più il piacere della scoperta, che per me è una parte fondamentale nel rapporto tra uomo e donna.
Che posto ha l'uomo nel suo processo creativo?
Nel mio atelier mi occupo anche di moda uomo. Anche se si hanno più vincoli sulle forme ed è meno creativo rispetto alla donna, si ha più soddisfazione a creare un capo da uomo in quanto molto più complesso tecnicamente. Devo dire che gli uomini oltretutto sono molto spesso più attenti ai dettagli delle donne, quindi la cura per le fodere per le rifiniture il bottone il piccolo accorgimento per il confort . Anche per l’uomo tendo a reinterpretare in particolar modo la tradizione sarda.
Confronto: la moda italiana e la moda di Carlo Petromilli. Punti di incontro e di separazione.
Punto di incontro credo sia la manualità ed artigianalità, anche se in molti casi si sta andando a perdere, specialmente per l’eccessivo costo della manodopera. Punto di separazione, forse il fatto di non voler imporre un’immagine ben precisa, nel senso che nella maggior parte dei casi lavoro su misura e mi piace proporre una mia idea che però deve trasformarsi nell’abito del cliente. E’ dunque fondamentale il confronto e la comprensione del cliente: l’abito non deve sovrastare la persona, ma la persona deve vivere l’abito. La stessa idea è quella delle case che vediamo riprodotte sui giornali che sono bellissime e curate in ogni dettaglio, ma non c’è vita vissuta dentro; allo stesso modo, nell’abito ci deve essere una mia idea ma che è vissuta dal cliente e che diventa sua.
Dea o Amazzone? A quale di queste due figure si avvicina maggiormente la donna Carlo Petromilli?
Non esiste dicotomia tra le due, la mia donna è allo stesso tempo dea e guerriera, ma credo che lo sia sempre stata e sempre lo sarà dea e guerriera nell’affrontare la vita di tutti i giorni ed i suoi mille problemi sempre cercando di non dimenticare la sua femminilità ed il suo ruolo.
Che consiglio darebbe a un giovane stilista sardo?
Studiare studiare studiare! Essere curioso e continuare a studiare senza mai pensare di essere arrivato e, poi, uscire dalla Sardegna. Deve vedere cosa succede fuori, magari poi tornare - come ho fatto io - e cercare di far crescere qualcosa in Sardegna, ma ricordandosi che oltre il mare c’è tanto altro e tanti altri molto più bravi… quello che qui manca spesso è il confronto e la voglia e l’umiltà di confrontarsi.
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Andrea Tisci per FocuSardegna
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