Gigi Sanna, 74 anni di Abbasanta, è il candidato alle Regionali 2014 del “Movimento Zona Franca” che non si riconosce in Maria Rosaria Randaccio. Docente di latino e greco al liceo De Castro di Oristano sino al 1998, è stato consigliere comunale di Oristano (dal 1981 al 1995) e vicesindaco (dal 1989 al 1990). Già consigliere di amministrazione della Sfirs per tre anni alla fine degli anni Ottanta, collabora con l’istituto di scienze religiose della facoltà pontificia di Oristano, dove insegna storia della chiesa antica e storia della chiesa in Sardegna e dirige la rivista Monti Prama/Quaderni Oristanesi. Il Professor Sanna è il terzo (dopo Francesco Pigliaru e Pier Franco Devias) tra i candidati alla Presidenza della Regione Sardegna a rispondere alle nostre domande della rubrica “10 domande a…”.

Partiamo

1. La priorità assoluta, la cosa che ha più a cuore, che non è disposto a negoziare con nessuno, neppure con i suoi collaboratori e alleati più importanti.

La politica sarda deve fare un salto culturale in avanti facendone alcuni indietro per arrivare ai tempi dove valori come coerenza, integrità morale ed etica comportamentale erano vissuti e non calpestati come lo sono stati almeno nelle due ultime legislature. Se non riusciamo a ritrovare la purezza della politica interpretata come atto di altruismo e generosità nei confronti della comunità alla quale apparteniamo ogni tema politico sarà sempre fine a se stesso. Perché prima della politica viene sempre l’onestà, quella intellettuale e quella materiale, vergognosamente dimenticate.

2. La Sardegna ha margini per aumentare il gettito fiscale? In quali settori economici indirizzerà le sue politiche di sviluppo? Quali settori meritano attenzione privilegiata e quali andrebbero invece abbandonati o non “coltivati”?

La Sardegna deve ripartire dalle sue eccellenze e creare a livello politico con uno strumento economico potente come la Zona Franca tutti i presupposti perché ci sia un terreno fertile per lo sviluppo del benessere, abbassando le tasse in maniera drastica per tutti coloro che vogliano investire in aziende che creano posti di lavoro. Il nostro tessuto produttivo è alle corde. Importiamo l’80% delle cose che consumiamo, non siamo autonomi né da un punto di vista alimentare, figuriamoci da un punto di vista economico generale. Noi puntiamo su 3 settori: Agroalimentare, Turismo e Distretti industriali sostenibili, basandoci per quest’ultimo sulle nostre esperienze artigianali modernizzandole e portandole a livelli di boutique aziendali. Informazioni sui dettagli di come vogliamo costruire questi settori si trovano su http://www.movimentozonafranca.com/programma/economia/. Se si punta su questi 3 settori si devono tralasciare settori che sarebbero deleteri per lo sviluppo degli altri, quindi il settore dell’industria pesante e altamente inquinante non ha più un futuro nella nostra isola se vogliamo conservare l’ambiente come base produttiva sia per il turismo sia per il settore agroalimentare, che in una sua versione futura, non può che essere solo di produzione biologica.

3. La disoccupazione giovanile è uno dei mali peggiori che affligge la nostra isola. E’ disposto/a a fare un patto con i giovani sardi senza lavoro e in cerca di speranza per il futuro? Ci dica un impegno inderogabile cui chiederle conto durante e alla fine del mandato.

Dobbiamo imparare da chi questi problemi li ha risolti. Nel nostro programma prevediamo che nessun giovane debba ma anche possa rimanere a casa. Come in Germania vogliamo far ritornare “di moda” l’apprendistato: tutti i giovani, anche e soprattutto coloro che lasciano prematuramente la scuola, devono imparare un mestiere in maniera professionale, lavorando per 3 giorni e andando a scuola per altri 2 con una paga regolamentata. Dopo alcuni anni in dipendenza dal programma settoriale specifico ci sono gli esami di maestranza che abilitano i singoli a definirsi “specializzati” e soprattutto a poter iniziare una carriera o autonoma o in quelle aziende in cui si è fatto l’apprendistato. Ma anche in altre aziende, dato che il loro valore sul mercato sarà standardizzato, qualitativamente accettato e quindi interessante sul mercato del lavoro.

4. La Zona Franca è una vera opportunità per la Sardegna, soprattutto in termini di creazione di lavoro, oppure rischia di essere solo un’occasione per le istituzioni finanziarie?

Non ho idea di cosa sia una zona franca per le istituzioni finanziarie, dato che il paese che ha puntato soprattutto sull’industria finanziaria, la Gran Bretagna, nella City of London, non è affatto zona franca. Le zone franche non sono per definizione zone off shore, alcune zone franche (ad esempio le isole della Manica) si sono sviluppate in quel settore, anche perché non avevano altre possibilità. La Sardegna è un’isola con 1.6 milioni di abitanti, non possiamo sopravvivere di hedge fonds o private banking, noi possiamo solo vivere e vivere nel benessere se cominciamo di nuovo a produrre. La nostra Zona Franca è quella del LAVORO. Solo il lavoro ci può riportare ad avere le basi economiche per permetterci servizi migliori.

5. Sviluppo economico e tutela dell’ambiente sono due percorsi alternativi? Ci dica se la Sardegna deve rinunciare alla politica industriale e se si a favore di che cosa?

Come detto sopra l’industria pesante, quella che alla fine ha creato solo assistenzialismo e cassa integrazione, è morta già da tempo, è solo tenuta in vita da una casta di politici che si serve di quei bacini elettorali, foraggiando di anno in anno chi cerca lavoro e dignità e riceve invece elemosina. A poco non ci saranno nemmeno le risorse per quella. Quindi o riscopriamo il lavoro o moriremo come popolo, perché i nostri giovani se ne andranno. Sviluppo industriale e ambiente non sono ossimori, le nazioni del Nord’Europa ce lo insegnano: La Danimarca ha quasi eliminato le energie fossili, la Germania sta definendo come una delle massime potenze industriali del mondo un piano per eliminarle fino al 2050. Le nuove tecnologie industriali ad esempio per lo stampo in 3d sono produzioni pulite, che richiedono però alta specializzazione ingegneristica. Non dobbiamo assolutamente perdere questo treno tecnologico, perché è uno di quei cambiamenti di paradigma che azzerano vantaggi acquisiti. Tutti si riparte da zero, e quindi noi ne possiamo approfittare con la Zona Franca perché possiamo attrarre le aziende che investono in questo settore.

6. La Sardegna deve andare verso l’indipendenza o deve rafforzare (e magari attuare) i poteri speciali che gli derivano dall’ordinamento vigente?

La zona franca integrale extradoganale non è altro che una forma d’indipendenza senza doverla dichiarare. Essere fuori dalla linea doganale europea fa della Sardegna un paese libero, che può ridefinirsi non solo da un punto di vista economico ma anche culturale, legiferando in zona franca autonomamente. Zone Franche extradoganali possono avere se vogliono anche rapporti diplomatici con altri paesi. E la cosa più bella? Essere Zona Franca è un diritto dei Sardi, un diritto costituzionale dal 1948, dimenticato da politici collusi e collaborazionisti che hanno fatto i propri interessi e mai quelli del proprio popolo.

7. La burocrazia regionale e statale: non pensa che bisogna cambiare qualcosa? Si ha l’idea di un plotone di persone, inamovibili, spesso slegate dalle ansie e dalla domanda di cambiamento che viene dal popolo sardo. Leva o freno allo sviluppo?

Uccide lo sviluppo! Nella zona Franca fiscale delle Canarie una persona apre un ristorante in un giorno, provate a farlo in Sardegna. Zona Franca vuol dire Zero burocrazia. Nel nostro programma siamo chiari e radicali: Semplificare vuol dire tagliare le norme non aggiungerne un’altra, vogliamo incentivare l’autocertificazione e istituire un rapporto paritetico tra cittadino ed enti con pagamenti certi. Il cittadino è il cliente della Regione non una mucca da mungere.

8. Università, formazione professionale e mercato del lavoro: cosa non funziona in questo rapporto se continua ad aumentare il divario tra specializzazioni e opportunità di lavoro?

Negli stati OCSE sulla base dei dati del 2006 i canadesi sono con un 47% quelli con il maggiore numero di persone tra i 25 e i 64 anni con un titolo di studio accademico (anche se per i paesi di cultura anglosassone avere un diploma universitario vuol dire partire dal “bachelor”). Dopo segue il Giappone (40%), la Nuova Zelanda (38%), i paesi scandinavi (in media più del 30%), Svizzera, Olanda, Gran Bretagna (30%). L’Italia è la penultima della statistica OCSE (12.9%) appena prima della Turchia (10.4%) che è in grande rimonta. La Sardegna aveva nel 2006 una percentuale di accademici dell’8.4% oggi del 10%! Tutti quei paesi sopra che hanno un’alta percentuale di persone con formazione universitaria hanno anche un alto tasso di occupazione (dati del 2012): Islanda e Svizzera 80%, il resto sopra il 70%. La percentuale di occupazione italiana è del 57%, prima solo degli ungheresi (55%) e dei turchi (47%) e oggi anche dei greci, che hanno perso negli ultimi due anni in maniera notevole (dal 60% al 50%)! In Sardegna il rapporto tra gli occupati e la popolazione sopra i 15 anni è nel 2012 del 40.7%, con punte nella provincia di Carbonia-Iglesias del 34.1%. Non vi dice niente la correlazione dei dati? Bisogna dire altro?

9. I sardi sono cittadini di serie B. Non possono spostarsi liberamente e con le stesse opportunità del resto degli italiani. Un suo impegno concreto, inderogabile per la continuità territoriale.

La Zona Franca è essere accessibili, non isolati. Ogni mezzo che ci porta in continente deve costare come se quel tragitto lo facessimo in treno: 30 Euro per il traghetto, 40 Euro per l’aereo. 50 per trasportare una macchina. Le isole Canarie si raggiungono quasi solamente in aereo. La differenza tra i 1600 voli settimanali tra quelle isole e il resto del mondo e i nostri 150 (!) voli settimanali con il continente è comunque inspiegabile. Molti politici regionali non hanno ancora capito come funziona l’intreccio tra trasporti ed economia. Non si aspetta che ci sia richiesta per fare un’offerta, ma è l’offerta che crea la richiesta. In pratica esiste la stessa interdipendenza come tra un ascensore e un grattacielo. Se non ho inventato l’ascensore non posso costruire un grattacielo, ma se qualcuno non vuole costruire grattacieli è inutile inventare e produrre ascensori. Qualcuno deve iniziare il circolo virtuoso e in questo caso è la Regione Sardegna a doverlo fare.

10. Un suo sogno, come vede la nostra Isola fra 5 anni?

 In 5 anni potremo fare i primi passi ma per attuare tutto il progetto ce ne vorranno 20: La Sardegna può diventare una Svizzera in mezzo al Mediterraneo, dove ognuno parla sardo e almeno altre 2 lingue di valore internazionale, una base allo stesso tempo per aziende di alta tecnologia, per turisti nell’arco di 8-9 mesi all’anno con preferenze molto variegate e un’industria agroalimentare che fonda la sua forza su prodotti di nicchia ma di alta qualità. Ma soprattutto il mio sogno è rivedere la speranza negli occhi dei giovani e la loro volontà di costruire un futuro nella loro terra, che finalmente riconosce i meriti e null’altro, come si fa in una comunità di nuovo sana.

 

Simone Tatti

Autore dell'articolo
Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e startupper. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa quindici anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Per sapere altro su me o quel che faccio, visita il mio sito www.simonetatti.it.

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