La Sardegna ha la più elevata incidenza di diabete di tipo 1 fino ai 15 anni d'età, 4-5 volte maggiore rispetto alle altre regioni italiane. E’ quanto emerge da uno studio condotto nella nostra regione da Marco Baroni, professore associato di endocrinologia all’Università La Sapienza di Roma i cui risultati sono stati presentati al XXV congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia (SID) svoltasi a Bologna a fine maggio. A confermare questo record il convegno che si è svolto a Cagliari nei giorni scorsi promosso dall'Associazione per la ricerca sul diabete Italia Ardi Onlus e Diabete Zero Onlus, dal quale è emerso che attualmente sono circa 80 mila le persone con problemi di diabete in Sardegna, con una crescita di 130 casi ogni anno nella fascia d’età compresa tra 0 e 14 anni.

“Abbiamo voluto dedicare questo incontro ai pazienti e ai loro familiari - ha sottolineato Aurora Ketmaier, presidente Ardi Onlus - convivere con questa patologia comporta impegno, motivazione e sacrifici, e le aspettative e la fiducia riposte nella ricerca sono altissime. Perciò abbiamo organizzato questo incontro per incoraggiarli, sostenerli e far sentire la nostra costante presenza”.

Il diabete è una patologia sempre più diffusa ad impatto epidemiologico e rappresenta un grave problema di sanità pubblica per il pianeta.  Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la malattia entro il 2030 potrebbe diventare la quarta causa di morte in Europa. Raggiungerà quindi il triste primato come contributo alla mortalità della popolazione più di quanto non facciano collettivamente AIDS, Malaria e Tubercolosi considerate la “peste nera” dei nostri tempi.


 

PIU' DI UNA MALATTIA

Quando si parla di diabete in realtà non si intende una sola patologia, ma in essa troviamo una serie di disturbi e una moltitudine di manifestazioni differenti. Ciò che accomuna tutte è l’iperglicemia, cioè l’eccesso di zuccheri nel sangue.

Le forme più diffuse e conosciute, su cui si incentrano la maggior parte degli investimenti nella ricerca, cura e prevenzione sono due: il diabete di tipo 1, noto come “diabete giovanile” e diabete di tipo 2, conosciuto anche come diabete dell’adulto o “non insulino-dipendente”. Il Diabete di tipo 1 è sostanzialmente una malattia autoimmune, l’organismo riconosce come non-self (non sue) cellule del pancreas, le isole di Langerhans, che producono l’ormone insulina; si manifesta tra l’infanzia e l’adolescenza e porta ad una totale assenza dell’ormone. Il Diabete di tipo 2 è dovuto invece ad un eccessivo consumo di cibi ipercalorici ed al sovrappeso; insorge in età più avanzata,  in questo caso può anche esservi una discreta quantità di insulina ma agisce male, lasciando comunque innalzare il tasso di zuccheri (glicemia) nel sangue. Il confine tra queste due forme però tende ad assottigliarsi  per la rilevanza di sfumature differenti da caso a  caso; oggi si evidenziano giovani obesi che presentano diabete di tipo 1 e soggetti relativamente giovani che riscontrano diabete di tipo 2.

Molti passi in avanti sono stati fatti nell’arco degli ultimi dieci anni relativamente all’assistenza e alla cura, mentre per quanto riguarda la prevenzione bisogna ancora attuare dei piani specifici e capire soprattutto quali tipi di approcci utilizzare per i vari casi che si presentano. I costi che il Servizio Sanitario Nazionale si trova ad affrontare sono elevatissimi:  ben 1 milione di euro ogni ora, per un totale di 9,2 miliardi di euro l’anno, pari al 9% di tutte le risorse messe a disposizione per la sanità nel nostro paese. In particolare, non è il diabete in se stesso a richiedere gran parte delle risorse, ma vengono indirizzate maggiormente sulle complicanze: solo il 7% della spesa riguarda i farmaci, il 25% è legato alle terapie per le patologie concomitanti; il 68% è relativo al ricovero ospedaliero e alle cure ambulatoriali.

Emerge inoltre che la precocità nella diagnosi e tempestività di intervento sono fattori che possono fare la differenza nella cura del diabete: è importante aggredire la malattia in tempo e attualmente la tendenza è quella di arrivare ad una personalizzazione dell’approccio terapeutico, vista la complessità e variabilità della malattia da soggetto a soggetto.


 

COME RIDURRE IL RISCHIO

Uno dei risultati recenti più significativi è stato descritto in uno studio apparso lo scorso anno sulla rivista Science Translational Medicine, secondo cui vi sarebbe un prototipo di un vaccino contro il diabete giovanile: si tratterebbe di un vaccino inverso che spegne la risposta immunitaria. Un altro traguardo promettente riguarderebbe i bambini, si presuppone che in futuro potrebbero scomparire le iniezioni di insulina grazie ad una terapia basata sull’utilizzo nelle 24 ore di un sistema di infusione, una sorta di “pancreas artificiale” con rilevatore wireless dei livelli di glicemia. Un’altra modalità di intervento è certamente rappresentata dalla prevenzione, da considerarsi forse il metodo più efficace per scongiurare l’insorgenza del diabete di tipo 2  e se attuata nel modo giusto risulta più efficace di qualsiasi altro farmaco. Gli studi dimostrano che un’alimentazione sana e l’esercizio fisico permettono di ridurre il rischio di diabete per quelle persone che sono considerate predisposte allo sviluppo della malattia, quindi l’avere soggetti diabetici nel proprio albero genealogico deve comunque mettere in allerta. Da questo punto di vista risulta molto interessante uno studio pilota svolto da un’associazione umbra BiciCuoreDiabete, con vice presidente Mirko Loche, sardo di Dorgali, la quale si occupa di promozione sportiva per diabetici e cardiopatici.

Nel 2012 un’equipe medica dell’associazione ha condotto un tour in giro per l’Europa da cui è risultato che attraverso l’attività fisica i soggetti diabetici presentavano un calo del glucosio nel sangue e di conseguenza un abbassamento della quantità di insulina somministrata giornalmente.

L’attività sportiva costante e calibrata, svolta più volte alla settimana ed associata ad una dieta adeguata può avere un effetto terapeutico e al contempo contribuire positivamente alla fase preventiva.

Nonostante tutto il diabete è ancora una patologia con una scarsa considerazione da parte del paziente che spesso si rivolge semplicemente  al medico di famiglia o nel peggiore dei casi tende ad autogestirsi col fai-da-te andando incontro ad una serie di complicanze di ogni tipo e di diverso grado e pericolosità.

Certamente il contributo delle associazioni può risultare importante per costruire quel network di legami e figure professionali da cui è possibile far emergere nuove teorie e nuovi approcci  e che pongano al centro di tutto il ruolo del diabetologo. In Sardegna, nello specifico,  come conseguenza dell’alto impatto della malattia, esistono una serie di realtà di operatori del settore i quali quotidianamente con estrema dedizione investono parte della loro vita e del loro tempo per portare avanti gli studi e cercare di migliorare la percezione della malattia sull’opinione pubblica, ma soprattutto possono rappresentare un punto di riferimento per i pazienti e le loro famiglie che spesso si trovano dispersi tra i meandri delle varie strutture ospedaliere ed accendere la speranza per un futuro senza diabete.


 

Attraverso gli occhi dei bambini

-          Cos’è la glicemia? E’ una cosa dove ti può controllare per sapere se stai bene o no. Se ti senti giù vuol dire che ti sei già divertita abbastanza e hai usato già tutti gli zuccheri che avevi. Invece se ti senti bella allegra vuol dire che gli zuccheri ancora ci sono e hai la glicemia alta.

-          Come fai l’insulina? Con la penna.

-          Cosa fai quando hai la glicemia alta? Mamma mi fa saltare sul letto, è divertente! 


 

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Natascia Talloru

Autore dell'articolo
Natascia Talloru
Author: Natascia Talloru
Freelance nel settore culturale. Dopo anni di formazione scientifica tra Cagliari e Milano, mi indirizzo nello studio delle terapie naturali, della medicina alternativa e antropologica, in particolare della Sardegna. E’ in Barbagia, nei luoghi del cuore, che le mie passioni per il giornalismo, la comunicazione e la musica si trasformano nel tempo in lavoro. Attualmente scrivo su testate giornalistiche online/offline e collaboro con diverse realtà locali nell’ambito della comunicazione web. Ho ideato Ilienses, un progetto musicale, culturale e audiovisivo sulla Barbagia, di cui sono anche General Manager. Vagabonda errante per natura, trovo la mia pace dei sensi nell’abitare e vivere i paesi della Sardegna, a contatto con la terra e le sue meraviglie.
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