Annalisa Atzeni, di Sisini, cuoca professionista specializzata in cucina tipica sarda, vive con la grande passione degli antichi mestieri e dei prodotti locali. Ci parla delle tradizioni sarde e ogni sua parola apre e rimanda a mille discorsi, tempi e ricordi.
Ci racconta le tradizioni legate al tempo di Natale in Sardegna e subito siamo come iniziati a un arcano composto di mille storie semplici: la sua e di un’intera popolazione. Dal ricordo all’antropologia il passo è breve. Annalisa ha conservato la memoria della sua famiglia. Ha raccolto e registrato i ricordi di suo padre, sua nonna, di sua madre e suo zio. La sua voce, a tratti emozionata, parte da un respiro lontano.
“Tutto quello che dava l’autunno veniva conservato e preparato per sa Paschiscedda (piccola Pasqua: nascita di Gesù): uva, mele cotogne, melegrane, la sapa... A novembre si ammazzava il maiale”.
La festa più solenne dell’anno diventa subito motivo per constatare la divisione tra ricchi e poveri: i proprietari mangiavano il maialino e l’agnello, tutti avevano una gallina per il brodo della Vigilia ed era raro non avere un maiale da mettere all’ingrasso. I poveri non avevano niente, tuttavia, durante la festa dell’uccisione del maiale, i ricchi regalavano qualche taglio di carne a chi non poteva.
Nelle zone vicine al mare, come nella provincia di Cagliari, alla Vigilia si cenava di magro - e lo si fa ancora oggi - con il pesce e le frattaglie.
Diventava festa grande anche quando qualche giorno prima si faceva il pane. Il coccoi pintau è il pane delle feste, quello più candido e decorato, fatto di semola, acqua, lievito e sale: i soliti ingredienti ma lavorati più a lungo e con maggiore esperienza fino a ottenere un impasto liscio che una volta cotto si presenta con una crosta sottile come il guscio dell’uovo, decorata come se si trattasse di un metallo prezioso lavorato a sbalzo e filigrana, molto simile ai gioielli sardi. Alcune forme fanno sognare i bambini e a loro venivano regalate insieme a frutta secca e mandarini, piccoli doni semplici destinati a diventare indelebili ricordi una volta diventati adulti.
Il pane si afferma anche a Natale quale cibo simbolo di carità cristiana ed emblema di eucaristia, cibo che non viene negato a nessuno e che viene assicurato ai poveri. Ma questo succedeva anche con la pasta che era preparata in occasione del giorno dei morti. Il pranzo quotidiano consisteva di solito in una semplice minestra ma durante sa dia de macarronisi, il giorno dedicato alle anime dei morti, il pranzo diventava speciale a basta di pasta che veniva fatta in casa. Per i poveri si trattava dei malloreddus (gnocchetti) e sa fregula (o freula, fregola), mentre chi aveva formaggio e ricotta preparava la pasta ripiena, come alcune varietà di ravioli, tra i quali i celebri currujonis (o culurgionis, culurxionis, culirgiones culurzones, culurjones, culirjonis, culunjonis, culinjonis, culurzones…). Tutto in nome di una sacrale partecipazione dei poveri.
La Sardegna, come ogni regione d’Italia e del mondo, ha il suo pane dolce tradizionale fatto con gli ingredienti a disposizione donati dalla terra. Il pane e’sapa è nero, compatto, umido, profumatissimo e dal sapore intenso conferito dalla sapa, lo sciroppo ottenuto mediante un’interminabile cottura del mosto insieme alle spezie. Il mosto è un ingrediente prezioso e alle volte introvabile così che spesso è sostituito dal fico d’india dal quale si estrae uno sciroppo.
Il primo giorno di gennaio, capodanno, compare ancora la pasta come simbolo di prosperità. La bisnonna Chiara preparava su trigu cottu (il grano cotto), preparato per la benedizione della famiglia, dei vicini e per la casa, dei campi e del cielo. Si aufurava così un anno ricco di grano e fonte di vita sicura.
Condivisione ricorre spesso nelle parole di Annalisa: le donne preparavano il cibo e non dimenticavano mai di serbarne una parte per i poveri, per gli amici, i vicini e soprattutto per il nonno e la nonna.
Annalisa Atzeni da circa sei anni è presidente del Comitato antichi mestieri della Trexenta e pratica la condivisione del suo sapere con gli adulti e con i bambini dai 4 agli 11 anni, che imparano da lei l’arte di preparare le ricette tradizionali sarde e di fare la pasta violada o violata, la base di molti dolci sardi a base di semola e strutto. Gli allievi apprendono anche la tecnica di lavorazione della pasta per il pane e le paste alimentari, comprese le preziose lorigghitas, originarie di Morgongiori, per le quali occorre un lavoro di 3 per ricavare 1 kg di pasta.
Annalisa condivide con i suoi allievi anche il suo prezioso lievito madre. La condivisione è l’ingrediente più bello e più antico: si tratta di un’attitudine non solo alla generosità ma soprattutto al rispetto per l’altro.
Il tessuto sociale sardo affonda nella tradizione contadina e pastorale, una memoria che va salvata e che può, attraverso la difesa delle biodiversità e uno stile di vita sostenibile, individuare la via della salvezza del pianeta. È un modo di vivere e del quale essere orgogliosi, che non è solo del fare ma anche del dare.
Maria Milvia Morciano
LE RICETTE DI ANNALISA ATZENI PER NATALE
Pane delle feste (Pane Pintau)
Ingredienti: semola fine, acqua, sale e lievito madre.
Procedimento: impastare 1 kg di semola fine un quarto di acqua tiepida con due cucchiaini di sale fino, 200 gr di lievito madre finché l’impasto risulta liscio, quasi setoso. Mettere a riposare alcuni minuti, quindi fare le forme, lievitare e infine mandare in cottura con il forno a temperatura moderata per 15/20 minuti.
Pane e sapa
Ingredienti: sapa, fiore sardo (farina di semola di grano duro sardo), tre o quattro uova, noci, mandorle, uvetta, lievito madre, cannella e scorza d’arancia tostata.
Procedimento: in poca acqua, ravvivare il lievito (circa 400 gr) e quando è ben sciolto aggiungere la farina, la sapa e fare un impasto omogeneo. Aggiungere le uova, le mandorle e le noci tostate e tritate, la cannella e l’uvetta. Amalgamare il tutto e far riposare per circa un’ora. Lasciare a lievitare per almeno 24 ore. La giusta lievitazione si riconosce quando la superficie diventa liscia. Dare la forma e mettere in forno a temperatura moderata per 40 minuti, lasciare raffreddare, ricoprire di sapa e decorare le forme con “sa traggera”, con noci e mandorle.
Gueffus
Ingredienti: mandorle, zucchero, limone (la scorza grattugiata), acqua fior d’arancia, zucchero a velo.
Procedimento: pulire e tritare finemente 400 gr di mandorle, aggiungere la scorza di limone e due cucchiai di acqua al fior di arancio; mettere 200 gr di zucchero in un tegame con mezzo bicchiere d’acqua di fior d’arancio, cuocere a fuoco basso per alcuni minuti, lasciare intiepidire e quindi formare delle palline, disporle in un vassoio e passarle nello zucchero a velo. Quando sono ben asciutte avvolgerle nella carta velina colorata, a forma di caramella.
Annalisa Atzeni
rappresenta per la Sardegna
l’Associazione Nazionale Cuoche a Domicilio
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