Tra paganesimo e cristianità, niente cambia tutto si trasforma.
A Bonorva, vicino a Sassari, c’è un luogo magico dove paganesimo e cristianità si sono fusi, sovrapposti nel tempo, dove al culto, e alla devozione per i defunti, rituali ancestrali e arcaici si sono susseguite le celebrazioni delle messe paleocristiane, un luogo della continuità, dove tutto si è trasformato e nulla è cambiato. Una delle prime chiese nel tempo delle persecuzioni, un tempio cristiano costruito in uno spazio pagano simbolo dell’evoluzione della sacralità nel tempo, che niente cancella e tutto trasforma.
La necropoli preistorica di Sant'Andrea Priu è nella piana di Santa Lucia non a caso la Santa che da la luce e permette di vedere, di capire di conoscere, di andare oltre.
Il complesso di domus de janas, costruite dalle genti della così detta cultura di Ozieri, risale al Neolitico Finale (3500-2900 a.C.) ma l’utilizzo del sito come sepoltura e a scopo devozionale si è protratto fino all’epoca bizantina e medievale. Le domus, case create per diventare tombe, e poi diventate Chiesa ed è affascinante pensare come ancora oggi per i Cristiani la Chiesa è la casa di Dio e degli uomini.
Questo sito archeologico è uno dei più importanti della Sardegna, ma anche un unicum nel Mediterraneo, dalla preistoria al medioevo è stato considerato un luogo sacro, un luogo che attraverso la sepoltura, i rituali e poi la preghiera, ha messo l’uomo in comunicazione con il mondo altro, con l’aldilà, con Dio. Le tombe scavate nella roccia e gli ingressi si trovano a qualche metro di altezza dal piano della campagna, il fronte roccioso nei secoli ha subito distacchi ora resi saldi da un’opera notevole di messa in sicurezza del sito. Migliaia di anni fa quando in Sardegna un popolo cominciò a scavare nella roccia “villaggi” che ospitassero i suoi morti decise che quel mondo doveva essere un riparo sicuro, protettivo, quasi inviolabile, sacro, in alto, nella roccia o sotto la terra. Oltre alla protezione, la simbologia: entrare in una domus de janas è tornare indietro nel tempo, da dove si è venuti, nella roccia, sotto terra, alle origini, nel ventre della terra come quello della madre, l’utero da cui siamo nati, oscuro e protettivo come una grotta, fonte di vita.
A Bonorva una domus, la così detta Tomba del Capo per la sua grandezza, diciotto vani per circa duecentocinquanta metri quadri, da casa è diventata tomba e poi tempio, e infine chiesa rupestre. Nel 1313, fu riconsacrata e intitolata a Sant'Andrea dal vescovo di Sorres. Una tomba che ha ospitato i morti ed i vivi per onorare la morte e celebrare la vita. La compongono diversi ambienti, loculi e piani per la deposizione dei defunti. Alla base del rito preistorico della sepoltura le credenze della vita dopo la morte. Il defunto doveva avere a disposizione il corredo per vivere nell’aldilà, il mondo capovolto.
Gli antenati hanno quindi scavato nella roccia un mondo creato a specchio di quello reale che ad esso si ispirava riproponendo l’architettura delle case, le suppellettili, gli arredi che ospitavano il defunto da vivo e lo avrebbero accolto da morto.
Case dove tornano i morti e i vivi dunque, case di passaggio, tombe che diventano case e poi chiese. Le porte che attraversano i defunti li conducono nell’aldilà, la porta è magica. Qui si arriva alla fine del viaggio e da qui si riparte. Nella Domus di Bonorva l’uomo ha aperto in seguito altre porte, allargato e adattato gli spazi, portato la luce e dato nuova vita alla tomba, perché c’è sempre una vita dopo la morte, grazie alla morte. False porte per i defunti e porte per i vivi. Sopra il punto dove nel Medioevo era l'altare cristiano, è stato aperto un punto luce, affinché l'officiante, nelle funzioni, fosse investito dalla 'luce divina' e dal quale probabilmente si raccoglieva l’acqua del battesimo.
Le colonne preistoriche vennero smussate ed arrotondate.
Tre gli ambienti principali, nel primo il tetto di una capanna scolpito nella roccia ci fa entrare nella casa. Nel pavimento coppelle votive preistoriche utilizzate per le offerte, per la luce e per i rituali edue tombe scavate in epoca tardo romana: la casa è una casa dell’aldilà. Nel secondo e terzo ambiente iscrizioni medievali e affreschi paleocristiani, nella seconda una figura femminile, ghirlande ed uccelli; nel soffitto tracce della tintura preistorica in ocra rossa. Nel terzo ambiente affreschi di scuola romanica con scene del Nuovo Testamento, l'Annunciazione, la Nascita di Gesù, i Re Magi, e poi Gesù nel Tempio, la Strage degli innocenti, San Giovanni Battista ecc. Al centro Cristo con i quattro Evangelisti, alza la mano benedicente. Una storia che ha cambiato il mondo, scritta nella culla eterna dell’uomo. Il soffitto incanta, riccamente decorato da motivi geometrici, losanghe, frecce convergenti, figure di uccelli, disegni cruciformi, un firmamento colorato che lascia senza fiato.
Niente è cambiato, tutto si è trasformato.
Alessandra Derriu
Archivista e storica. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Sassari, specializzata a Roma alla Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano e presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio di Stato di Cagliari. Autrice di: ‘Il tribunale dell’Inquisizione di Alghero. Storie di donne e di uomini attraverso documenti inediti del XVIII secolo’, 2015. Magia e stregoneria dal Logudoro alla Barbagia. Le denunce dell’Inquisizione vescovile settecentesca nella diocesi di Alghero’, 2016. ‘Maura, l’indovina di Orotelli. Streghe nella Sardegna del ‘700’, 2018. 'L'eredità di Angela. Magia e stregoneria in Sardegna tra '800 e '900', 2020.
(Foto ©Studio 5 Alghero Fabio Sanna)
Articolo realizzato per il progetto "FocuSardegna a più voci"
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