Il filo degli antichi mestieri ancora una volta, mi ha guidata verso una delle fonti inesauribili di conoscenza e di sapere originario che tramandato lungo il corso del tempo, si è tramutato in una figura che era e continua a rivestire, un ruolo di fondamentale importanza, necessario per un percorso sociale, culturale ed educativo: la figura della maestra/o della scuola elementare (oggi scuola primaria), uno dei mestieri più antichi della storia dell’umanità, presente in tutte le culture ed in tutte le epoche.
A raccontarmi della figura della maestra e del suo ruolo nella scuola, nella società, è la signora Marisa Sarigu settantenne di Decimomannu.
La scuola ha rappresentato la mia seconda casa e famiglia, così esordisce la maestra Marisa che, per ben quarantaquattro anni, ha dedicato la sua vita all'insegnamento. Un percorso lavorativo che ha condiviso con suo marito Enzo, il figlio Emanuele e i genitori Luciano e Consolata che sono sempre stati motivo di crescita e confronto, sostenendola durante tutta la sua carriera, permettendole di far conciliare il ruolo di figlia, madre, moglie e insegnante.
Ricomponendo i passi della sua passione per l'insegnamento, come la sabbia di una clessidra che va a ritroso, maestra Marisa con aria amorevole e con grande emozione, ritrova le immagini nitide delle persone che ha avuto la fortuna di incontrare lungo il suo cammino e con esse, le loro storie. Testimonianze di vita che diventano ossigeno al contatto con il presente. Fin da quando era bambina, ha sempre amato l'arte e la lettura, ma soprattutto amava socializzare ed ascoltare le persone, lasciandosi trasportare nei mondi da loro narrati, vivendo in prima persona tutte le emozioni.
Maestra Marisa sostiene che ogni parola che andava a comporre la storia narrata era ed è lo strumento di una ricerca interiore che scava nel profondo di una miniera scura, ma luminescente di informazioni, una sorgente dalla quale attingere nozioni per comprendere l'essere umano.
Nei rapporti umani, soprattutto per un educatore scolastico, saper ascoltare è molto di più di un semplice atto passivo. É una vera e propria arte che richiede presenza, apertura e sensibilità. Saper ascoltare significa comprendere non solo le parole espresse da chi abbiamo di fronte, ma anche i pensieri, i sentimenti e le emozioni che accompagnano le parole stesse. L'obiettivo dell'ascolto non è rispondere o consigliare, ma accogliere e comprendere la realtà altrui.
Maestra Marisa racconta che tutto il suo percorso di vita è impregnato dell'ascolto e il suo operato ne è un esempio, perché è stato una continua ricerca dell'origine, lontano dalle illusioni e dalle immagini riflesse nel nome di un fluire che è necessariamente purezza e visione di un esistere. In questo suo viaggio dell'ascolto e dell'istruzione educativa, si è sentita come una pioniera non solo dell'alfabetizzazione e dell'educazione, ma soprattutto dell'ascolto, pensa che forse lo siamo tutti da più tempo di quanto pensiamo. E' consapevole che sia difficile plasmare l'irrazionale partendo dall'argilla dell'esperienza, ma chi è in grado di ascoltare il silenzio delle parole, tra le note di questo vivere, riesca a farlo.
Ma come e quando nacque la passione per l'insegnamento?
Per maestra Marisa, il forte desiderio per l'insegnamento nacque in seconda elementare, quando il padre Luciano, per esigenze lavorative, si trasferì con tutta la famiglia nel comune di Parona Lomellina, in provincia di Pavia. In quel periodo i meridionali che si trasferivano nel Nord Italia, erano sottoposti ad una forma di discriminazione razziale, politica e sociale. In particolare dei sardi, si aveva una concezione abbastanza negativa, con pregiudizi fomentati dalla paura, alimentata dal fenomeno del banditismo in Sardegna. Come in tutte le città del Nord Italia, anche lungo i muri delle vie del paese di Parona Lomellina, erano presenti diversi manifesti, con i nomi e le immagini dei banditi latitanti ricercati in quel periodo. Anche per la famiglia della maestra Marisa, l'integrazione locale fu un processo graduale, che si concluse positivamente con l'inclusione nel tessuto socio-economico della comunità di Parona Lomellina.
Maestra Marisa era una bambina minuta e, quando varcò la soglia di quella che sarebbe stata la sua nuova classe, si sentì spaesata, perché catapultata in una nuova realtà scolastica dove non conosceva nessuno. L'accoglienza della maestra e dei suoi compagni fu abbastanza apatica, soprattutto quando consegnò i suoi quaderni all'insegnante che, con fare autoritario, affermò che avrebbe dovuto lavorare tanto per raggiungere il livello degli altri compagni. Furono parole che turbarono moltissimo maestra Marisa, ma proprio quelle affermazioni, la incoraggiarono a fare sempre meglio nel suo percorso di vita e di studi e soprattutto, fecero nascere in lei il desiderio di diventare una maestra elementare, con un approccio umano di empatia e di dialogo con tutti, affinché nessun' altro bambino, negli agli anni a venire, potesse sentirsi così mortificato come si sentì lei in seconda elementare.
La storia del suo percorso di studi
Maestra Marisa dopo aver conseguito il diploma presso l'istituto magistrale E. D'Arborea di Cagliari, si iscrisse all'università, scegliendo la facoltà di biologia. E' proprio in quegli anni, quando aveva circa vent'anni, che cominciò ad avere le sue prime esperienze come supplente, nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole elementari, con il grande vantaggio, di poter seguire i bambini durante tutto il loro percorso di formazione che prendeva vita nella scuola dell'infanzia, per poi proseguire nella scuola elementare.
Quali furono le sensazioni che provò quando varcò per la prima volta la soglia di una classe scolastica?
Maestra Marisa, si definisce una maestra atipica, perché non è mai riuscita ad integrarsi completamente in un percorso scolastico, dettato istituzionalmente dall'alto. Quando iniziò con le supplenze, nelle scuole era presente la figura del maestro unico, le materie erano tutte impartite dallo stesso maestro, compresa la religione. L'orario di ciascuna materia dipendeva dal maestro che, secondo le esperienze di chi ha vissuto l'insegnamento di quel periodo, finiva con il privilegiare alcune materie, preferendo ora quelle scientifiche ora quelle letterarie. Il canto, l'educazione fisica, le attività manuali e pratiche, spesso occupavano posizioni marginali: nemmeno allora tutto riusciva a stare nelle ventiquattr'ore.
Nella scuola vigevano ancora i programmi didattici del 1955, i “Programmi Ermini”, che si basavano principalmente sull'educazione umanistica ed erano ispirati al personalismo cristiano, alla quale la scuola doveva attenersi per la formazione dell'individuo e del cittadino, riconoscendo la dignità della persona umana e rispettando i valori che la fondano: spiritualità e libertà, all'istanza di una formazione integrale.
Maestra Marisa, racconta che quando ricevette la prima convocazione dalla scuola come supplente, il suo entusiasmo era alle stelle, anche perché rappresentava l'esordio della sua carriera lavorativa nell'ambito scolastico. Quando entrò in una classe per la prima volta, era consapevole delle sue competenze da poco acquisite che, comprendevano tanta preparazione teorica, maturata anche dagli svariati tirocini che, a quei tempi consistevano più nell'osservazione che nella vera e propria pratica.
Era una giovanissima supplente conscia di essere competente, professionale, autorevole ma non autoritaria. E' proprio in quel primo giorno di supplenza, quando maestra Marisa venne improvvisamente proiettata in una realtà di giovani studenti, che però, tutta la sua conoscenza di insegnante sembrò crollare. Durante tutto il trascorso come supplente, maestra Marisa si rendeva conto che i bambini erano consapevoli che la sua presenza in quelle classi, non rappresentava la figura della loro vera maestra, ma solo una figura che la sostituiva per poco tempo. Ma era in quel preciso momento che, lei come maestra, ritornava a ritroso nel tempo: a quella bambina mortificata della seconda elementare. Così, con determinazione affrontava quel mondo con uno strumento infallibile: la comprensività. Con grande comprensione, dava la possibilità a tutti i bambini di essere ascoltati, di entrare nel proprio “Io” interiore, coinvolgendoli in un ambiente in cui potessero essere accettati, valorizzati per quello che ciascuno di loro era.
Qual era il criterio di insegnamento che adottava con i suoi allievi?
Nel rapporto con gli allievi di ieri e di qualche anno fa, esattamente fino al 2019 quando maestra Marisa è andata in pensione, l'approccio umano è rimasto invariato: empatia, ascolto e dialogo. Ha insegnato e invogliato a ciascun bambino, senza distinzione, la voglia di vivere la scuola in forma gioiosa e giocosa, un luogo dove l'apprendimento non deve mai essere doloroso e, nel suo percorso d'insegnamento, non si è limitata solo a fornire le basi culturali. Maestra Marisa è sempre stata un'insegnante che ha cercato di suscitare nei suoi allievi il desiderio della conoscenza, li ha spronati a non arrendersi mai e a combattere per il raggiungimento dei traguardi della vita, li ha guidati alla costanza nelle materie scolastiche, per avere delle competenze sulle future materie di studio. Come un buon contadino affida alla terra un piccolo seme carico di futuro, e quel seme ha bisogno di esternare le proprie potenzialità per realizzare pienamente se stesso, allo stesso modo maestra Marisa ha cercato di seminare tra i suoi allievi, il pensiero critico, la capacità di porsi continuamente delle domande, di saper cercare le risposte e soprattutto, quel desiderio di conoscenza che dovrebbe accompagnare ciascun individuo, per tutta la vita.
Nel tempo come si è mantenuta viva la sua passione per l'insegnamento?
Con il passare degli anni la passione per l'insegnamento non è diminuita, anzi, maestra Marisa si è sempre messa in gioco, anche perché con l'esperienza maturata e con i continui studi, è diventata sempre più consapevole del suo ruolo così delicato nell'ambito scolastico, i rischi degli effetti negativi che, un lavoro mal riuscito avrebbe potuto creare, con ripercussioni catastrofiche, non solo nella mente di un bambino, ma anche in ambito sociale.
Durante il suo percorso d'insegnamento, ogni giorno si è trovata ad affrontare delle difficoltà davanti ad una scuola che, teoricamente avrebbe dovuto fornire delle soluzioni per tutto, ma che invece, si adagiava all'adattamento di una realtà diversa.
Mi racconta le difficoltà del mestiere della maestra?
I veri protagonisti della scuola sono i bambini, individui che fanno parte di una vita reale, con le loro famiglie, le loro gioie, ma anche con le loro preoccupazioni, le loro paure e le loro difficoltà. Gli insegnanti e tutti coloro che, nell'ambito scolastico collaborano con loro, cercano di rispondere alle necessità del bambino, ma non sempre riescono nell'intento e a creare un ambiente nel quale ognuno si senta accettato e valorizzato nelle sue differenze individuali. Quando una maestra è conscia di questo contesto, si rende conto dei propri limiti, della sua impotenza e di quella della scuola che, pur riscontrando dei disagi è concretamente carente di personale specializzato come: psicologi, pedagogisti, tecnici informatici per rendere operanti i dispositivi tecnologici, talvolta obsoleti e non sempre idonei alle risposte delle esigenze di ciascun bambino. Maestra Marisa afferma che negli ultimi anni d'insegnamento, si è sentita come una farfalla con le ali tarpate. Ha dovuto faticare per attuare giornalmente, la sua progettazione metodologica e didattica e questo, a causa del continuo e troppo veloce mutamento istituzionale. Ma non solo, il contesto nel quale doveva lavorare, tramutava l'insegnante in un burocrate, con il compito di produrre continuo cartaceo, con tutti gli affanni della società moderna che proiettandosi all'interno dell'ambito scolastico, comportavano il taglio dei finanziamenti economici. Un contesto dove purtroppo, i ponti di unione tra la scuola, le relazioni con le famiglie e il territorio sono venuti a mancare. Ma la passione per l'insegnamento, ha fatto sì che maestra Marisa non si perdesse nei meandri di un'istituzione scolastica sempre più burocratica. La sua passione si è tramutata in una forza che le ha permesso di proseguire il suo cammino, percorrendo la strada della scuola, alla quale ha sempre creduto.
Qual è la sua visione sul mondo di oggi inerente al mestiere della maestra?
Maestra Marisa afferma che il mondo della scuola è cambiato, con le riforme che destabilizzano, le famiglie spesso non sono in sintonia con i docenti, gli alunni talvolta sono restii al rispetto delle regole. Ma è convinta che tutti gli insegnanti rappresentino la garanzia di una società preparata ad ogni cambiamento, individui capaci di non farsi travolgere dai “mali” del potere. Sono dei “lumini” che incoraggiano ad attraversare le strade più oscure e impervie. Gli insegnanti sono la speranza di questo mondo contemporaneo così complicato. Sono lo strumento necessario, per trasmettere l'importanza dei valori morali e del senso del dovere, per affrontare in pieno e di petto la vita, al fine di costruire un futuro democratico per tutti. Nell'intercalare dei passi, ancora oggi, maestra Marisa, cerca sempre le tracce di ogni storia di vita, che si liberano dai fili della mente e volano alte prossime alle bianche nuvole, che affrescano il cielo del loro vagare, dove il respiro è più fragile e nel confondersi generano la brezza che conduce all'ascolto.
A cura di Rita Coda Deiana