Un Carnevale triste, un Carnevale delle ceneri, storia nostra d'ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro.”

Così Salvatore Cambosu descrive il carnevale di Mamoiada che ha inizio il giorno di Sant’Antonio Abate, il Santo che donò dagli inferi il fuoco agli uomini, il 17 gennaio, il rinnovarsi del ciclo solare a metà inverno, e si protrae fino alle feste di febbraio. Il fuoco, simbolo di forza, potere, luce, rinascita è il protagonista di questo Carnevale, di questa “festa” che è rito, devozione, preghiera, tradizione, storia e mito.

Febbraio era, per gli antichi Etruschi e Romani, il mese della purificazione, un periodo di passaggio tra l’inverno e la primavera, che apriva una porta di comunicazione con l’aldilà: la terra si prepara in questo momento dell’anno a tornare feconda e a nutrire uomini e animali. Si pensava che nel periodo invernale le divinità degli inferi vagassero sulla terra e che i rituali servissero a farli tornare indietro, favorire il raccolto estivo e ripristinare l’ordine costituito. Si allontanava il male, la stagione fredda e arida e si richiamava la terra al risveglio, la si pregava di tornare alla vita, a dare vita, ancora. Il Carnevale coincideva infatti con le annate agrarie prima, e ora anche con le festività cristiane.

Il Carnevale è anche caos, capovolgimento, ruoli che si invertono, ordine che diventa disordine: è necessaria, la morte dell’inverno perché ritorni la vita della primavera, è necessario il caos per ripristinare l’ordine, è necessario perdersi dietro spoglie animali, per ritrovare il contatto con la natura, per ritrovarsi. L’equilibrio tra gli opposti, la presenza degli opposti, permette la continuità della vita, la morte permette la rinascita, così l’uomo celebra la ciclicità del mondo e del suo essere, ciclico, mortale ed immortale allo stesso tempo, un tempo circolare, che torna sempre. A morire grazie alla maschera non è solo l’inverno ma è ciò che è falso, ciò che è andato male, ciò che va superato, ci si avvicina al divino per un rinnovamento che è della natura ma è anche intimo e personale, il rito di purificazione per la terra avvolge l’uomo, gli dà la possibilità di rinascere.

Lupercalia romani, e Saturnalia, erano feste rituali di purificazione, l’uomo indossava le pelli degli animali sacrificati e le donne venivano toccate per ricevere fertilità. Vietati da Papa Gelasio I vennero poi sostituiti dalla festa della Candelora, la purificazione di Maria. Stesso significato avevano le Dionisie greche. La maschera consentiva l’anonimato, il sovvertimento dell’ordine sociale, ma era anche difesa dalle forze ostili e diaboliche e vicinanza alla divinità.

A Mamoiada senti il suono, nell’aria, il suono preannuncia l’arrivo dei Mamuthones, il suono dei campanacci portati dall’uomo, diventato animale, diventato, forse, divinità, semi-Dio. Il suono è cadenzato, ritmico, forte, sicuro, batte e si avvicina; il suono è coinvolgente, trascinante, ipnotico. Il campanaccio, il suono, scaccia la negatività, è un elemento protettivo e risveglia la terra. I Mamuthones, uomini mascherati, il corpo coperto da pelli di pecora e sulla schiena i campanacci: sono senza identità e sono muti. Avanzano e compiono la loro danza rituale, una processione danzata, con giri, tre giri propiziatori attorno ai fuochi accesi in ogni rione. È la vita che torna a battere nelle strade, tra le persone, e la vita che viene invocata e che torna a sconfiggere la morte, sempre.

Danze propiziatorie per risvegliare la terra che avvengono durante il Carnevale si ritrovano in tutto il Mediterraneo, dall’arco alpino, alla penisola iberica e quella balcanica, fino alla Grecia

Anche in Sardegna il Carnevale è il mondo al contrario, è la maschera. Mascherarsi è metamorfosi, perdita di identità, al buio, la maschera separa il visibile dall’invisibile e lo rende accessibile. La vestizione è un rito, una figura guida celebra da un altare,  la giacca è al rovescio come il mondo capovolto dell’aldilà. Il fazzoletto che cinge il capo è un elemento femminile, Dioniso era una divinità androgina, maschile e femminile insieme. La maschera avvicina alla divinità ma è simbolo anche di altro, la sfilata è simile ad una processione religiosa, dodici uomini si muovono a gruppi di sei, la danza non è casuale, il ritmo è preciso ed ordinato, e si ripete cadenzato, come la vita.

Si tratta di suoni capaci di indurre stati di trance, ipnotici, suoni archetipi utilizzati dalla notte dei tempi, ora servono a risvegliare la natura dagli inferi, verso il mondo di sopra, aiutarla a salire, a crescere e a dare nuovi frutti. La morte del Carnevale riporta la vita, è tutto ciclico, come il bene ed il male, la vita e la morte.

La figura dell’Issohadore è positiva, è la primavera, il bene, se ti prende da fertilità, saltano per muovere la terra. La loro maschera è bianca, androgina, la casacca rossa simbolo di passione animalesca è smorzata dallo scialle femminile. Il vino offerto agli Dei è dato agli uomini, come la maschera, avvicina alla divinità: nei culti dionisiaci permette di raggiungere l’estasi e di allontanarsi dalla condizione umana, perdita dei freni inibitori e del contatto con la materialità. Dioniso sarà poi Bacco, il dio del vino, dell’ebrezza, della sfrenatezza. Il vino, il sangue della terra, che è vita, sangue sacrificale, ma anche sangue mestruale, nascita e morte. Il Sangue di Cristo che è salvezza. L’offerta agli Dei dei rituali pagani è diventata il dolce della festa, offerto in occasione del rito.

La morte e la vita danzano insieme in questo rito del carnevale,  “un Carnevale triste, un Carnevale delle ceneri” diceva Cambosu, ma dalla cenere risorge la vita, dal fuoco della brace.

Un Carnevale che è “gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro”, come la vita.


Alessandra Derriu

Archivista e storica. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Sassari, specializzata a Roma alla Scuola di Archivistica dell’Archivio Segreto Vaticano e presso la Scuola di Archivistica dell’Archivio di Stato di Cagliari. Autrice di: ‘Il tribunale dell’Inquisizione di Alghero. Storie di donne e di uomini attraverso documenti inediti del XVIII secolo’, 2015.  Magia e stregoneria dal Logudoro alla Barbagia. Le denunce dell’Inquisizione vescovile settecentesca nella diocesi di Alghero’, 2016. ‘Maura, l’indovina di Orotelli. Streghe nella Sardegna del ‘700’, 2018. 'L'eredità di Angela. Magia e stregoneria in Sardegna tra '800 e '900', 2020.

(Foto ©Studio 5 Alghero Fabio Sanna)

 

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Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e startupper. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa quindici anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Per sapere altro su me o quel che faccio, visita il mio sito www.simonetatti.it.

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