DI SARA MUGGITTU
A pochi giorni dalla festa della Donna, quasi come un segno che passa tra le mani, riaprì un libro, uno di quelli che custodisco gelosamente.
Forse perché i vecchi racconti e le storie sul nostro paese e sulla Sardegna mi hanno sempre affascinata sin da piccola. Ricordo che a casa di nonna rimanevo ore ad ascoltare e con profonda curiosità non mi risparmiavo di chiedere.
Ancora oggi vive in me questa curiosità e sete di conoscenza e forse è per questo che quando uscì il libro “La Sibilla Barbaricina” corsi a comprarlo al volo.
Gli appunti e le ricerche di Raffaello Marchi riportati in questo libro sono stati e sono tuttora per me una fonte di apprendimento.
Ma quello che mi ha colpita di più è la storia di una donna, tzia Elisabetta Lovicu, la tiina di Orgosolo.
La sentii nominare da nonna tanto tempo fa.
Mi raccontò che ai tempi della guerra, mia bisnonna, Vissentedda Mercuriu e alcune altre donne di Mamoiada si recarono da lei ad Orgosolo per sapere le sorti del fratello disperso in guerra, tziu Zosepp’Antoni. Insieme al gruppetto, si unì anche lei mia nonna Anna Rita che allora era una ragazzina.
Per tutto il tragitto non fece altro che disprezzare la sibilla deridendola. Diceva che non ci credeva e che non bisognava crederle.
Ebbene, giunte ad Orgosolo si recarono presso la casa della donna che le accolse tutte, tranne lei.
“Tue arrumbas in fora” – tuonò la donna contro mia nonna – “basta su ‘i ar narau in biazu” – (basta quello che hai detto in viaggio).
Mia nonna rimase impietrita: come poteva sapere quello che disse lungo la strada per Orgosolo? Cominciò a credere che forse quello che dicevano di lei fosse vero.
Mia Bisnonna raccontò invece per filo e per segno quello che accadde all’interno dell’abitazione.
Tzia Elisabetta cominciò a diventare strana, lanciò per aria delle immaginette, gridando: “Dimmi se è vivo” – “Voglio sapere se è vivo” .
Una immaginetta cadde in un punto preciso. “E’ vivo E’ vivo” – urlò la donna.
Dopo qualche giorno arrivò una cartolina, mio zio era vivo.
Quella storia rimase impressa nella mia mente e spesso ritornava nei miei ricordi.
Ogni volta me la facevo raccontare di nuovo, quasi come un mantra.
Forse non volevo dimenticarla.
E quando aprì il libro e cominciai a leggere del Libro Perogno, di quella donna, veggente di Orgosolo, era come essere lì quel giorno e rivivere di persona quell’episodio.
Una donna forte e “diversa”, autonoma e autoritaria, lei era in grado di predire il futuro, motivo per cui spesso non era ben vista dalla comunità, forse per il timore di qualche cattivo presagio. Ma nonostante questa paura mista a rispetto, riceveva moltissime visite da tutta la provincia.
“Non era cristiana e non andava in chiesa”, scrive Joyce Lussu, ma soprattutto “non temeva il prete”, anzi era lui a temere lei!
Quella che descrive Joyce Lussu, nel capitolo del libro, è una persona colta, affascinante, che risponde a tutte le sue domande senza reticenza.
Come divinatrice, si legge, era spesso inascoltata, ma era molto apprezzata per le sue conoscenze mediche. Aveva una profonda conoscenza delle erbe, unguenti e medicamenti e spesso persino il medico di base mandava gli ammalati da lei.
Parlava di una legge universale di giustizia, tzia Elisabetta.
“Una legge che riequilibrava instancabilmente le fratture e le contraddizioni tra le azioni costruttive le azioni distruttive, tra la vita e la morte”.
Una legge chiamata “Perogno”, un libro una parola scritta, che poneva giustizia per tutti gli uomini e le donne. Un libro della Sapienza!
Perogno Seculu Secloru – Per omnia saecula saecolorum
Joyce Lussu e Raffaello Marchi non seppero mai che libro fosse perchè tzia Elisabetta morì prima che potessero rivederla.
Nemmeno lui riuscì a scrivere il libro su di lei perché scomparve prematuramente.
Oggi resta questa appassionante testimonianza di quella che Joyce definisce una “Donna Intera”
E chiudo con un passo tratto dal Preludio di questo meraviglioso libro, in ricordo di una donna che aveva autonomia, autorità e identità.
“E’ abbastanza raro trovare una donna veramente intera. In generale alle donne hanno sempre tolto qualche cosa: autonomia, autorità, identità. Portano i segni di adattamenti forzosi, di rinunzia ad una parte di se stesse, di mortificazioni secolari, di mutilazioni profonde, di violenze subite che generano paure, inganni e meschinità”.
(Joyce Lussu – Il Libro Perogno)
Alcune frasi sono tratte dal Libro “La Sibilla Barbaricina” – Preludio di Joyce Lussu – Copyright 2006 ISRE.a
L'articolo originale è stato pubblicato sul sito di Sara Muggittu e ripubblicato su FocuSardegna su autorizzazione dell'autrice.