Ha fatto bene il giornalista Luciano Piras, con il suo ottimo articolo “Atene Sarda capitale degli insulti”, a richiamare l’attenzione sul fatto che Nuoro «sia travolta da una crisi di rappresentanza che lascerà il segno nella storia». Una crisi di rappresentanza che sta coinvolgendo l’intero territorio sempre più in difficoltà nel far valere le proprie istanze. Eppure Grazia Deledda, descrivendo le principali caratteristiche del capoluogo, lo aveva definito “il luogo più colto e battagliero della Sardegna”. Se la cultura resta una peculiarità distintiva di Nuoro e dei nuoresi, si è persa invece proprio la capacità di lottare per il territorio e il bene comune. Sono subentrate indifferenza, inerzia e arrendevolezza, manca una reazione convinta ed efficace al degrado e al declino.
Tutto ciò è strano, anche considerando l’attuale grande vivacità del tessuto sociale nuorese, che pullula di associazioni, gruppi di volontariato, iniziative culturali di vario genere. A Nuoro, negli anni recenti, sono nate eccellenze come il MAN, l’AILUN con Simannu e il DecaMaster. Sono cresciute aziende simbolo come Ilisso, e si è sviluppata l’area produttiva di Pratosardo. Possibile che un territorio che sa esprimere tanta vitalità dimostri poi di non essere coeso e in grado di tutelarsi? Altrove riescono a farlo, pur di sopravvivere.
Ad aggravare il quadro in modo quasi irreversibile è intervenuta la riforma degli enti locali che sta portando e porterà a una frammentazione di tutto il Territorio, privando il Nuorese della sua unità istituzionale e della rappresentanza politica e incrinandone così anche la forza identitaria e culturale. Speriamo poi che l’imminente riforma ospedaliera sia equa e non ci penalizzi ulteriormente.
Oggi il Nuorese non riesce a opporsi in maniera efficace alla crisi economica e alle politiche dello Stato e della Regione che nell’ultimo decennio hanno marginalizzato il centro Sardegna e che ormai non onorano neppure gli impegni presi. Le “priorità” oggi sono per Sassari e domani saranno per la città metropolitana di Cagliari. Si sfornano quantità industriali di comunicati stampa e tweet per dimostrare che tutto va bene. È la politica degli annunci ma non c’è una politica industriale e manca una reale e concreta politica per le zone interne. Ora si annuncia un Masterplan per le zone interne ma ci sono voluti diciotto mesi per arrivare all’approvazione del Piano di Rilancio del Nuorese i cui risultati sono tutti da verificare. Vedremo adesso cosa riserverà l’imminente Patto per la Sardegna per i nostri territori.
Giorno dopo giorno assistiamo, quasi impassibili, a una situazione che peggiora progressivamente: il divario infrastrutturale e il deserto produttivo si allargano, aree industriali abbandonate e vertenze disastrose, le aziende travolte dalla burocrazia e dalle tasse, presidi pubblici che chiudono, con scuole e ospedali a rischio. Risultato: crescono lo spopolamento e la disoccupazione soprattutto quella giovanile, e soprattutto nelle zone interne. Inoltre, c’è il rischio, da un lato, che cresca a dismisura la sfiducia delle imprese nei confronti dei governi e delle istituzioni, e dall’altro, che la politica venga percepita sempre meno credibile.
In questo senso, anche a causa di governi spesso indifferenti nei confronti della Sardegna centrale e delle sue zone interne, ma anche per responsabilità del territorio, siamo sempre di più il Mezzogiorno della Sardegna, siamo i “territori dimenticati”. Se non si interviene subito si rischia di arrivare a un punto di non ritorno.
Occorre ripartire, è indispensabile. Le proposte per il rilancio non mancano, ma è indispensabile ritrovare unità di intenti e coesione interna, condizione necessaria anche se non sufficiente, per dare un futuro ai nostri figli e alla nostra terra.
*Lettera aperta di Roberto Bornioli, presidente di Confindustria Sardegna Centrale, pubblicata sulla Nuova Sardegna di domenica 12 giugno 2016