“Non esiste un posto al mondo bello come la Sardegna. Un patrimonio ambientale e culturale unico. La Sardegna è un paradiso.” Una frase che è testimonianza d’affetto, un’iperbole di chi ha la Sardegna dentro, di chi ha l’orgoglio di vivere in un isola con una grande storia ed un grande potenziale. Un patrimonio che avrebbe potuto e dovuto accendere il futuro. Quante volte anch’io ho scritto e ripetuto questa frase, una frase evidentemente bugiarda. Bugiarda perché il mondo è grande e pieno di posti belli. Vera perché ogni luogo, a modo suo, è unico.
Quante volte anch’io ho scritto e ripetuto questa frase, poi ho visto questa frase diventare un mantra, come per scacciare via la malinconia di una terra nella quale è difficile immaginarsi un futuro. Il mondo agropastorale, vero patrimonio dell’isola, messo alla fame, produttori di formaggio che con la collaborazione di società pubbliche aprivano caseifici in Romania per produrre formaggi “Italian Sounding” mentre il prezzo del latte in Sardegna scendeva oltre ogni limite. Le fabbriche che chiudevano. Le miniere attaccate al polmone artificiale dei contributi pubblici. I comparti della chimica, dell’alluminio e dei trasporti sacrificati sull’altare di una politica europea che non prevede aiuti di Stato, neanche per sostenere imprese che operano in aree difficili dal punto di vista infrastrutturale. Una situazione socioeconomica difficile. La disoccupazione che sale alle stelle, l’abbandono scolastico pure... ma noi viviamo in un luogo unico. Abbiamo il mare.
Non esiste un posto al mondo bello come la Sardegna. Un patrimonio ambientale e culturale unico. La Sardegna è un paradiso.
Quante volte ho sentito ripetere questo mantra, mentre tutto intorno franavano al suolo pezzi di un economia disastrata, mentre il lavoro diventava una vana speranza.
Se solo volessimo la Sardegna vivrebbe di turismo. Già, se solo volessimo. Non lo vogliono fare quei sardi troppo innamorati della propria terra per rendersi conto che la guardano con gli occhi appannati dell’amante. Non lo vogliono fare quei sardi troppo orgogliosi per accettare critiche. I sardi le critiche le fanno pure ma non sia mai che un turista possa lamentarsi. Diviene reato di lesa maestà. Non lo vogliono fare i politici sardi che, insieme a Roma matrigna ed all’Unione Europea -comodi alibi per evitare di assumersi le proprie responsabilità-, usano il mantra come eterna promessa mai mantenuta. Non sembra lo vogliano gli amministratori regionali, per i quali l’idea di un piano integrato per il turismo, invece che un’occasione di sviluppo economico, diventa occasione di scontro politico. Perché un piano unico significa sacrificare una parte del “potere” che esercitano sul proprio territorio e bacino elettorale. Non sembra lo vogliano gli amministratori locali. Non vogliono fare sistema nella preoccupazione che il comune vicino ne tragga più benefici del proprio. Non sia mai che i fondi da investire vengano concentrati in un unico progetto utile a tutti e non vengano equamente distribuiti tra i comuni, anche a costo di comprarsi una caramella ciascuno. Non sembra lo vogliano quei sardi che non vivono di turismo, spesso grazie alla serenità che deriva loro da uno stipendio pubblico, sempre pronti a ripetere, di fronte a qualsiasi critica, “La Sardegna è un posto unico, se gli va bene è così se no vadano pure da un’altra parte”.
E i turisti stanno andando da un’altra parte.
Non sembra lo vogliano tutti coloro che ripetono come un mantra : La Sardegna è un paradiso. La Sardegna è bella, la Sardegna è unica, i sardi sono ospitali. Posso sottoscrivere col sangue ciascuna di queste frasi, ma queste frasi, parti integranti del mantra, non servono al sistema turismo. Non serve ripetere che la Sardegna è bella. E’ vero che lo è ma i turisti pagano i servizi non il panorama. Il panorama, il mare splendido, l’entroterra selvaggio sono la cornice entro la quale sviluppare il sistema turismo. I turisti acquistano la vacanza. Un pessimo servizio rovina la vacanza.
Ci sono posti dove si vive di turismo senza panorama.
Inoltre, non siamo più negli anni ’70 durante i quali la Sardegna rappresentava la meta esotica a distanza ragionevole. Il mondo è diventato piccolo. Ci sono tantissimi posti fantastici al mondo, facilmente raggiungibili, tanto quanto la Sardegna.
La Sardegna è unica, è vero, ma lo è anche la Calabria, la Sicilia, il Madagascar, Cuba, le Maldive, l’Irlanda, la Scozia, le isole Greche, la Turchia, le Canarie, la Nuova Zelanda …
La Sardegna è unica ma non è una. Cagliari non è rappresentativa dell’intera Sardegna. Non si può programmare il futuro turistico dell’Isola seduti dietro una scrivania di un ufficio cagliaritano.
Le necessità per lo sviluppo turistico del capoluogo sono diverse da quelle delle coste e diverse da quelle dei piccoli paesi dell’interno, dove si trovano monumenti archeologici, paesaggi montani mozzafiato, canyon e, soprattutto, quella ricchezza culturale che è parte del patrimonio che il mondo agropastorale ha tramandato, fatto di usi e costumi, eno-gastronomia ed artigianato. E sono diversi anche, Alghero, Olbia e la Costa Smeralda che rappresentano unicità con necessità di sviluppo differenti. Eppure, è necessario che tutte queste diverse offerte turistiche si integrino e facciano sistema.
I sardi sono ospitali. Verissimo! Lo ribadisco.
E’ una caratteristica evidente, soprattutto lontano dalla città. E’ una delle cose più emozionanti che si provano in Sardegna, il calore e l’ospitalità dei sardi. Ma l’ospitalità e l’accoglienza turistica sono cose diverse. L’ospitalità è una relazione tra individui. Ai turisti deve essere assicurata un’accoglienza professionale, fatta di preparazione, programmazione ed efficienza. Ma il turista, in fondo, pare disturbi ancora molta gente in un isola che vive di stereotipi. Stereotipi sulla sardità e stereotipi sui “forestieri”. Non può far parte di un sistema turistico chi vive come spregevole il fatto di “dover fare il cameriere a milanesi o romani”. Fare il cameriere è un lavoro che ha la stessa dignità di tutti gli altri lavori. Il cameriere non è un “servo” è un professionista che viene pagato per la propria opera. Così come tutte le persone che, con mansioni diverse, lavorano nel settore turistico.
Per poter fare della Sardegna quel paradiso turistico che potrebbe essere, bisognerebbe accantonare quel sentimento di subalternità che a volte rende supini, a volte ostili nei confronti di chi viene dall’altra parte del mare. Quell’assurdo sentimento di rivalsa che fa liquidare tutto con “vogliono che i sardi facciano tutti i camerieri a quelli là”.
Bisogna lavorare tutti, insieme.
Perché la cultura del turismo deve essere diffusa, altrimenti non funziona. Il turismo ed i turisti bisogna volerli ed offrir loro ciò che cercano, smettendola di pretendere di selezionarli. Bisogna essere attrezzati per consentire a tutti, con un offerta turistica differenziata in qualità e stagionalità, di godere delle bellezze dell’isola e di investire i propri soldi in una vacanza in Sardegna. Ma ora, andiamo al Poetto, a Tuarredda o a La Pelosa. Facciamoci un selfie con il mare azzurro ed il cielo limpido ed anestetizziamoci la coscienza con il solito mantra : vivo in paradiso, vivo in paradiso, vivo in paradiso…
Crisi, disoccupazione, abbandono scolastico… ai problemi ci pensiamo un altro giorno che ormai è arrivata l’estate.
Se solo volessimo la Sardegna sarebbe un paradiso.
Già, se solo lo volessimo davvero.
Giulio Volontè