“Non c’è speranza sociale senza un lavoro dignitoso per tutti, poiché quando c’è crisi, e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia”.
Questo è solo un piccolo estratto dell’appello che Papa Francesco ha rivolto ai tanti sardi disoccupati, precari e cassaintegrati accorsi ad acclamarlo nel corso della sua visita pastorale nell’Isola dello scorso anno.
Da allora è passato più di un anno, ma in Sardegna, come nel cuore di Papa Francesco, nulla pare esser cambiato. Parole che il Papa ha ripetuto anche la settimana scorsa quando, in occasione della celebrazione per il venticinquesimo anniversario della visita pastorale a Taranto di papa Giovanni Paolo II, ha inviato agli operai dell’Ilva il suo personale messaggio di cordoglio per la difficile situazione attraversata.
Taranto come Elmas, Ottana, e Carbonia. Luoghi simbolo di un processo di industrializzazione fortemente voluto e sostenuto dallo Stato che non ha rispettato le aspettative dichiarate sia in termini occupazionali che di ricaduta economica sul territorio. Taranto come Olbia, Lula e Carbonia che in questi giorni sono stati teatro di manifestazioni da parte di uomini, donne, madri e padri che rivendicano il loro diritto ad una vita dignitosa.
Sono drammatici i dati che trattano dell’occupazione in Sardegna.
Sono solo 552 mila i sardi che nel 2013 potevano vantare un’occupazione, circa un terzo della popolazione e 43 mila in meno rispetto al 2012. I disoccupati, invece, si registrano in costante aumento: crescono di 8 mila unità nel corso del 2013 e toccano la cifra record di 117 mila unità.
Il tasso di disoccupazione passa dal 15,5% al 17,5% (classe d’età 15-74 anni), ma se si considera il tasso di mancata partecipazione, cioè si sommano ai “disoccupati Istat” (quelli che cercano attivamente lavoro seguendo le regole dettate a livello europeo), le persone che pur volendo lavorare non fanno ricerca attiva di occupazione, allora si arriva al 30,6%.
Il tasso di occupazione è invece del 48% per la fascia d’età tra i 15 e i 64 anni (51,7% nel 2012), ma diventa appena il 37,7% se si considerano tutte le persone con più di 15 anni. Tra questi vanno ricompresi anche i cassaintegrati, che pur non lavorando non si contano tra i disoccupati.
Sembrerebbero solo numeri ma non è cosi. Dietro ogni numero si nasconde una storia, dietro ogni storia la sofferenza. Vite difficili fatte di genitori incapaci di garantire il giusto sostentamento ai propri figli e di figli rassegnati che tornano a vivere in casa dei propri genitori rinunciando all’idea di costruirsi una famiglia. Non c’è bisogno di ulteriori dati né parole per comprendere che questo problema rappresenta la vera priorità per lo Stato italiano. Una piaga che mese dopo mese accresce di dimensioni e di pericolosità coinvolgendo non più solo i giovani ma adesso anche gli adulti.
Una problematica che non è solo economica ma anche sociale. Perché come dice Papa Francesco: “ Senza lavoro non c'è dignità”.
*FocuSardegna