La campanella è suonata. Vacanze finite. L’anno scolastico è partito per i 9 milioni di studenti italiani portando con sé le novità della Riforma Renzi-Giannini, e con, al seguito, la scia di polemiche sulla presunta ricostruzione della scuola, sul precariato e sulle assunzioni. Al via la good school della legge 107, un papiro di 209 commi e 25 mila parole, approvata in aula dalla Camera con 277 si, 173 no e 4 astenuti.
La Giunta della Regione Sardegna parrebbe non essere intenzionata a impugnare la legge, e in attesa di capire che ne sarà della Bona Iscola sarda, per la quale sarà dedicata una seduta del Consiglio martedì 22 settembre, le critiche e i dibattiti non sembrano placarsi. Docenti primi fra tutti, in particolare quelli della cosiddetta fase B, che hanno visto affidare il proprio destino a un frettoloso algoritmo, costretti, infine, a uno spostamento lungo lo stivale. ll paradosso. Insegnanti della stessa materia, sardi e siciliani, rimescolati come un mazzo di carte fra le due isole, quando, a dover di logica, ciascuno poteva restare in casa propria.
Il 97% dei precari, secondo il premier, avrebbe accettato il ruolo proposto, ma i sindacati, dubbiosi, rispondono con altri dati secondo cui i docenti avrebbero detto sì alla cattedra, ma prenotandola in pratica per il 2016.
In mezzo a calcoli matematici e computer che decretano i destini delle persone, rimane la scuola. Non il CDA di una grossa azienda dove l’amministratore delegato sceglie dove ripartire risorse umane e materiali, ma come contenitore di sogni, di speranze, di ambizioni. Luogo che esalta le attitudini di una futura società, che traghetta e non annienta. Scuola che, storicamente, prima che venisse destrutturata da un continuum di riforme e controriforme, ha trainato generazioni di studenti. Scuola dal ruolo sociale, con all’interno uomini e donne, divenuti in seguito modelli educativi di menti che si affacciavano in un mondo esterno alla famiglia. Sarà in grado, oggi, di adempiere il suo compito attraverso figure, stremate, che cambiano ogni anno? Non ci resta che attendere, e per quanto ragionarci sopra possa essere complesso, ci sarebbero una serie di riflessioni che andrebbero fatte. In particolare mi ha colpito un articolo dell’ex Ministro Tullio De Mauro, uno dei più grandi linguisti al mondo, che a proposito della legge, non si è soffermato sulle cose che essa dice, ma sulle cose che la legge non dice, sui 3 silenzi aboliti dalla legge. La scuola è sempre stata un punto di riferimento e manca il riconoscimento per ciò che essa ha fatto e fa. La scuola ha un dovere costituzionale, e in quanto tale è obbligatoria e aperta a tutti. La scuola ha combattuto il vecchio analfabetismo e tenta di combattere il nuovo, che è causa di un carente problem solving negli adulti scolarizzati.
Aggiungerei un altro silenzio, se l'ex Ministro me lo consente. La scuola dovrebbe essere una “fabbrica” dove si produce cultura.