-Simone Tatti*-

Nonostante la maggior parte di noi abbia già abbondantemente maturato piena consapevolezza sulla difficile situazione attraversata, nell’osservare gli ultimi dati diffusi dall’Istat non vi è certo da rallegrarsi. Disoccupazione, contrazione economica e corruzione sono parole a noi usuali che rimbalzano da un Tg all’altro in un tintinnare mediatico che oramai ci lascia pressoché indifferenti.

Tuttavia, al di là dei dati strettamente economici, c’è un aspetto al quale la maggior parte dei media ha prestato poca attenzione e che in realtà è sintomatico di un decadimento non solo economico ma anche culturale. In Italia si legge poco e ci si informa male. 

Rattrista scoprire che quasi una famiglia su dieci (9,8%) non ha alcun libro in casa. Quasi quanto scoprire che nel corso dello scorso anno il 58,6% degli italiani non si è dedicato alla lettura se non per motivi strettamente scolastici o professionali. Difficile quindi sorprendersi se il nostro Paese appare stanco, senza idee e pronto a votare chi la spara più grossa in televisione. Esiste infatti una precisa correlazione tra la percentuale di lettori in un determinato Paese ed il benessere economico, culturale e sociale dello stesso. Ed ecco spiegato il perché del nostro declino.

Lèggere consente di acquisire consapevolezza e strumenti per esercitarla. Avere una solida struttura culturale ci aiuta a focalizzare i problemi e a trovare una soluzione. Ci consente di essere cittadini responsabili e ci permette di difenderci dai soprusi e dalle prevaricazioni. È l’investimento più grande in assoluto, poiché è quello che facciamo su noi stessi.

Sosteneva Asa Gray che le persone di successo hanno l’abitudine di fare ciò che le persone comuni non amano fare. E non aveva torto; anche le statistiche lo confermano. Interviste, biografie, autobiografie concordano tutte su un elemento: la stragrande maggioranza degli uomini e donne di successo sono avidi lettori.

L’italiano medio invece? Legge poco, anzi pochissimo.

Secondo il New York Times, Steve Jobs aveva un’ossessione per i poeti inglesi. Phil Knight, fondatore del brand sportivo Nike, venera a tal punto la sua libreria, che i suoi ospiti sono costretti a visitarla scalzi. David Rubenstein, co-fondatore di The Carlyle Group, un private equity che gestisce quasi 154 miliardi di dollari ha l’abitudine di lèggere una dozzina di libri a settimana. Non dimentichiamoci poi Winston Churchill, il carismatico primo ministro inglese durante la seconda guerra mondiale, che vinse il premio nobel, non per la pace come molti credono, bensì per la letteratura.

Detto ciò, siamo ancora convinti che sia un caso che le persone di successo divorino libri e le persone comuni, invece, trascorrano il proprio tempo a seguire talk show, aggiornare ossessivamente la propria pagina Facebook oppure giocando alla Play? Esistono precise motivazioni che spingono le persone di successo a lèggere. Quelle stesse motivazioni spiegano perché lèggere ci spinge a diventare persone di successo.

*FocuSardegna

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Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e startupper. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa quindici anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Per sapere altro su me o quel che faccio, visita il mio sito www.simonetatti.it.

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