- Mariella Cortes - *
“Sardos, che su perdusimini!”” Sardi, come il prezzemolo”. Ammettetelo, vi sarà capitato, almeno una volta, di trovarvi in un luogo diverso dalla Sardegna, incontrare un altro sardo ed essere apostrofati così (o con una delle sue varianti)! Già, perché, volenti o nolenti, in qualunque angolo del Pianeta vi troviate, state certi che troverete un sardo pronto a chiedervi che aria tira nella terra natia.
Nel XXII canto della Divina Commedia, si legge: “E a dir di Sardegna le loro lingue non si senton stanche”. I protagonisti dei versi danteschi non sono nient’altro che due dannati del girone dei barattieri, vissuti nella Sardegna dei Giudicati: Frate Gomita (il famoso” vasel d’ogni froda”) e il fraudolento Michele Zanche, genovese d’origine ma sardo d’adozione (e di malefatte). Quel che ci interessa trattare oggi non sono le ragioni e le rocambolesche vicissitudini che portarono i due a penare nella pece bollente delle Malebolge, bensì a quella frase, fatidica e particolarmente evocativa dello spirito sardo, che il sommo poeta utilizza a mò di commento: “E a dir di Sardegna le lingue loro non si senton stanche”. Non ci sono prove storiche che attestino la presenza di Dante in Sardegna ma, per certo, il sommo poeta era parecchio informato di come andavano le cose nell’Isola dei giudicati e aveva colto quel volere, in continuazione, parlare della propria terra.
E dai, ammettiamolo, noi Sardi, anche a distanza di svariati secoli, teniamo fede alle prose dantesche. Nelle scorse settimane abbiamo parlato di emigrazione, immigrazione e del problema – sottovalutato – dello spopolamento. Oggi puntiamo invece i riflettori su una conseguenza – positiva – dell’emigrazione sarda. Un’emigrazione tardiva, la nostra, spesso bloccata da forti legami familiari e territoriali, che ha però “svuotato”letteralmente la Sardegna facendo varcare il mare a migliaia di suoi figli. Ad oggi sono oltre 600 mila i sardi emigrati e oltre cento le associazioni sarde riconosciute dalla Regione Sardegna, pioniera nella emanazione di una legge rivolta al mondo dell’emigrazione organizzata.
Questo perché il nostro desiderio di voler sempre raccontare di Sardegna ha fatto sì che in questi circoli sardi, dislocati da Melbourne a Montreal, da Roma a Udine, dalla Olanda al Belgio passando per Inghilterra, Francia, Spagna, Svizzera e Germania, si racconti la Sardegna e si faccia promozione culturale. Già, avete letto bene: i circoli dei sardi, nati con l’esigenza di sentirsi a casa anche a km di distanza, furono un grande palliativo per le centinaia di migliaia di sardi che lasciarono il proprio paese e i propri affetti ma si trasformarono ben presto in luoghi per la promozione a 360° della Sardegna. Cultura, letteratura, folclore, agroalimentare e tante altre attività, troppo spesso misconosciute o non considerate di particolare rilievo.
Eppure, se la presenza dei sardi all’estero venisse utilizzata per offrire una panoramica più ampia sul prodotto Sardegna, potrebbero esserci dei risultati interessanti dal punto di vista della vendita dei prodotti, della destagionalizzazione e, in generale, della promozione culturale. Come sempre, valgono le regole dell’informazione e del non sminuire le attività senza far prima, un’analisi accurata.