-Irene Bosu*-
Partiamo con un po' di numeri: in Sardegna ogni euro investito in cultura genera solamente 90 centesimi di guadagno. È un dato proveniente dal rapporto “Io sono cultura, l'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, uno studio realizzato nel 2013 da Unioncamere e Fondazione Symbola.
Il report mostra un sottoutilizzo delle risorse; siamo gli ultimi fra le regioni italiane per l'apporto delle imprese che operano nel settore culturale. Sono ancora troppo pochi gli interventi, gli investimenti e le riforme realizzate in questi campi che mostrano un deficit di azioni mirate ad una maggiore valorizzazione e tutela. Non solo le risorse culturali non vengono utilizzate, ma sembra quasi che vi sia la tendenza a rifiutare qualsiasi sfruttamento del patrimonio umano. Un vero e proprio spintone alla ricchezza, un voltare le spalle ad un'industria che frutta più di 200 miliardi di euro l'anno. Questa analisi rispecchia la cruda realtà: la mancanza di valorizzazione del nostro patrimonio artistico e paesaggistico che si traduce anche in perdita di posti di lavoro.
L'ideale sarebbe che la spesa culturale della nostra isola non si limitasse a conservare un patrimonio ingombrante e ad attirare a tutti i costi più turisti, anche quelli annoiati, senza progettare delle politiche mirate. Pensate quante cose cambierebbero se la nostra cultura diventasse un vero e proprio patrimonio valorizzato dall'investimento umano e trasformato in esperienze coinvolgenti. E se venissero eliminati i soliti nemici? Via la burocrazia, via la cattiva gestione delle risorse col connesso richiamo alla causa politica. Mi piacerebbe che le politiche culturali andassero oltre la salvaguardia delle rovine.
Ricordiamoci che se Cagliari dovesse diventare Capitale Europea della Cultura 2019 a beneficiarne non sarà soltanto la città ma l'intero territorio regionale. Insieme al capoluogo sardo ci sarebbero altre 17 candidate. È dal 1985 che una città dell' UE diventa capitale della cultura per un anno, durante il quale ha la possibilità di manifestare la sua vita e il suo sviluppo culturale. Notevoli i vantaggi in termini socio-culturali ed economici.Per avere un'idea del ritorno d'immagine ed economico, si può guardare al caso di Salamanca, che ospitò l'evento nel 2002. La città spagnola investì circa 120 milioni di euro e il rientro, secondo un approfondito studio dello European Urban and Regional Studies pubblicato nel 2006, è stato di circa 266 milioni di euro. Una cifra divisa tra biglietti venduti, spese generate da ogni turista, concerti, teatri e grandi conferenze.Un ambizioso progetto che potrà essere precursore di nuove spinte propulsive dello sviluppo dell'intera Isola.
In che modo la Sardegna saprà rilanciare la propria economia partendo dalla cultura? Come potrà valorizzare il proprio territorio e competere con i mercati globali del XXI secolo? Secondo voi è davvero tutta colpa della crisi?
Apparecchiamo, perchè con la cultura si mangia.
*FocuSardegna