Non so voi, ma per me il Capodanno è l’occasione per visitare un piccolo borgo della mia isola nel quale non sono mai stata, e trascorrere qualche giorno in tranquillità. Né io né Andrea siamo amanti delle feste chiassose, perciò scegliamo accuratamente piccole località, lontane dal caos, e magari con qualche bel punto di interesse culturale in cui perdersi per ore.
Quest’anno, non mancano le proposte interessanti: ho visto ieri che a Laconi è stato organizzato un Capodanno tra cascate e menhir, con visite guidate al Parco Aymerich ed al Museo delle Statue Menhir; Sassari avrà, al Museo Sanna, una mostra di fotografie dei primi del Novecento, che raccontano la Sardegna con gli occhi (e l’obiettivo) di Thomas Ashby; e spero che anche quest’anno le ragazze di Passu Lebiu propongano un’escursione di due giorni, come l’anno scorso, in montagna… tenetele d’occhio!
A questo proposito, voglio condividere con voi una scoperta: il Parco Tepilora.
Quest’anno abbiamo intenzione di andare in una località di mare (tre anni fa abbiamo trascorso il Capodanno in una semideserta ed affascinante Cala Gonone), e mi è venuta in mente Posada, principalmente per il suo centro storico, per il Castello della Fava, per i paesaggi disegnati intorno al Rio Posada ed alla torre aragonese. Non ricordavo se nei pressi del paese si trovasse un parco, così ho digitato su Google le parole chiave “Posada” e “parco”, e tra i risultati è apparso il Parco di Tepilora, di recentissima istituzione, che si estende per circa 8000 ettari, in un’area che comprende quattro diversi comuni del nord-est della Sardegna: Bitti, Lodé, Torpé e Posada. Incuriosita, e non conoscendo bene la zona, ho subito cercato alcune informazioni su possibili punti di interesse culturale…
Bitti ospita, sul suo territorio, una delle aree archeologiche più importanti della Sardegna: Su Romanzesu. Il portale Sardegna Cultura lo descrive così:
“[…] uno dei più importanti complessi abitativi e cultuali della Sardegna nuragica, con un centinaio di capanne, cinque edifici di culto un tempio a pozzo e quattro a “megaron” – e un grande recinto cerimoniale.”
Inoltre, hanno sede a Bitti due interessanti realtà museali che mi piacerebbe conoscere: il Museo della Civiltà Contadina e Pastorale ed il Museo Multimediale del Canto a Tenore, arte (e tradizione) inserita nelle liste UNESCO del Patrimonio Immateriale dell’Umanità dal 2008.
Lodé è un centro di quasi duemila abitanti, ai piedi di una collina chiamata Su Inucragliu, ed ha un assetto urbanistico di stampo medievale, che si sviluppa intorno alle chiese, dove è ancora possibile trovare vecchie abitazioni costruite in pietra e fango, con porte e finestre in legno. Intorno al piccolo borgo, si trova il massiccio del Montalbo (il cui nome deriva dal candore della roccia calcarea), classificato come riserva biogenetica a livello europeo per via delle diverse specie endemiche che lo abitano.
Torpé, invece, conta quasi tremila abitanti, e si trova tra le pendici del Monte Nurres e la valle del Rio Posada. Il borgo ospita sul suo territorio un nuraghe quadrilobato, noto comenuraghe San Pietro, e diverse Domus de Janas in località Predas Ruias. Tuttavia, ciò che sicuramente vi incanterà sarà lo spettacolo del contesto naturalistico nel quale è inserito il territorio: la pineta Sa Dea, il lago Macheronis, e l’Oasi Naturalistica di Usinavà, nella quale è possibile incontrare, con un po’ di fortuna, gli esemplari di una colonia di mufloni.
Posada, infine, con i suoi tremila abitanti, che sorge su una valle di origine alluvionale che, con la sua zona umida, l’accompagna fino al mare. Segno distintivo di Posada, che vi permetterà di riconoscerla fin dalla strada che state percorrendo, è il Castello della Fava, che Sardegna Cultura racconta così:
“La particolare denominazione del castello, ”della fava”, viene da una leggenda secondo cui intorno al 1300 una flotta di Turchi sbarcò sulle coste isolane e pose sotto assedio proprio Posada nell’intento di conquistarla per fame. Nel tentativo di ingannare gli assedianti gli abitanti di Posada fecero mangiare l’ultima manciata di fave rimaste a un piccione, ferendolo leggermente; questo durante il volo cadde nell’accampamento dei Turchi, rivelando lo stomaco pieno di fave ed inducendo gli assedianti a sovrastimare le risorse alimentari degli isolani. Fu così che i Turchi, convinti di non avere nessuna speranza, tolsero l’assedio e lasciarono le coste dell’isola.”
In un’area come questa, gli itinerari possibili sono davvero numerosi, e spaziano dalle escursioni naturalistiche a quelle di interesse storico-archeologico, dalla scoperta delle tradizioni locali all’esperienza enogastronomica, ed essendo praticabili durante l’intero arco dell’anno, il Parco è sicuramente un’importante risorsa per il turismo sostenibile nell’isola. …Allora, ci andiamo?
Ilenia Atzori