Circa venti giorni dopo la sagra del Girotonno, per l’esattezza durante la notte di San Giovanni Battista, che cade tra il 23 e il 24 giugno, a Carloforte si festeggiano due ricorrenze dal sapore antico: la promessa degli innamorati o giuramento di fedeltà, e l’elezione del compare e della comare, un patto indissolubile e sacro che pone il legame tra i contraenti un gradino sopra l’amicizia. Un tempo la promessa degli innamorati consisteva in un vero e proprio cerimoniale nel quale l’uomo donava alla donna alcuni chicchi di grano, simbolo di abbondanza, mentre questa stringeva il rosario, simbolo di fede.

Durante la notte, poi, si andava a cogliere nelle campagne la menta selvatica, chiamata erba di San Giovannie simbolo della promessa.

Oggi le due usanze non hanno più il peso sociale e il rigore di una volta, ma vengono comunque celebrate. Così come le danze e le canzoni tradizionali che sono state conservate, con il loro valore simbolico, dalla comunità locale.

L’antico ballo tipico della zona, una delicata coreografia che rappresenta il corteggiamento, continua a essere tramandato di generazione in generazione, come le canzoni tradizionali e le poesie, in dialetto, molte delle quali sono dedicate proprio alla notte di San Giovanni Battista.

 

Nötte de san Gianbattishta

(di Giuseppe Damele Garbarino)

Shtanötte

in questa nötte antiga

de föghi

a rüzò a bràighe

nell’odù dell’erba

i zöghi

dell’amù.

A shtè a s’avvie…

E duman u su

za u ciàighe

pê vie du se

versu a porta dell’invernu.

Eternu gìu

dansa

reshpiù e sushpiù

d’amante ad amante

eccitante magìa

se rinnöve

shtanötte infinìa

ch’a shcrove

a me nötte

a to nötte

suli

in ta fragransa

dell’erba

shtanötte superba.

Non trovate qualcosa di strano nel dialetto di questa composizione? Non è necessario essere dei linguisti per rendersi conto della sua lontananza dal sardo. A Carloforte si parla infatti il tabarkino, una sorta di genovese arcaico.

Per scoprire le radici di questa particolarità bisogna tornare al Cinquecento, quando alcuni pescatori liguri colonizzarono Tabarca, una zona dell’attuale Tunisia. Circa due secoli dopo una parte di questa popolazione, accresciutasi nel frattempo, fu costretta a trasferirsi e a dividersi tra l’isola di San Pietro e la località di Calasetta, sulla costa della vicina Sant’Antioco.

Nacquero così due nuove comunità le cui attuali discendenti conservano ancora buona parte delle tradizioni e, quasi interamente, la lingua d’origine.

Il tabarkino odierno, in entrambe le località, è graficamente normalizzato e insegnato nelle scuole. Parlato da circa l’ottantacinque percento della popolazione di Carloforte, e da quasi il settanta percento dagli abitanti di Calasetta, è particolarmente diffuso  anche tra giovani e bambini.

Ciononostante, non è ancora stato riconosciuto dallo Stato italiano come lingua. Tra gli specialisti è in corso un vivace dibattito. Ci sono quelli allineati con le decisioni nazionali e quelli che ritengono i parlanti del tabarkino degni di essere considerati minoranza linguistica. Aldilà delle baruffe istituzionali, fa un certo effetto sentire in Sardegna gente che parla il genovese.

Ma poiché molti di voi con ogni probabilità ignorano il ligure-tabarkino, ecco a seguire la traduzione della poesia sopra riportata:

Notte di San Giovanni Battista

Stanotte

in questa notte antica

di fuochi

la rugiada briga

nell’odore dell’erba

i giochi

dell’amore.

L’estate si avvia…

E domani il sole

piegherà

per le vie del cielo

verso la porta dell’inverno

Eterno gioco

danza

respiro e sospiro

d’amante ad amante

eccitante magia

si rinnova

questa notte infinita

che scopre

la mia notte

la tua notte

soli

nella fragranza

dell’erba

questa notte superba.

Dunque, se in questa notte avrete una promessa d’amore da destinare a qualcuno, fate in modo di andare a raccogliere la menta selvatica nelle campagne di Carloforte.

 

Da “101 cose da fare in Sardegna almeno una volta nella vita” di Gianmichele Lisai