Come dure pennellate su tela o meticolosi e studiati tratti di carboncino su carta, la poesia è per certi versi come la pittura: alle volte frutto dell’impeto incontrollato dei sentimenti, altre, invece, di accurate e minuziose riflessioni. Parole che congiuntamente prendono corpo, e talvolta anche anima, trasformandosi da semplice mezzo di comunicazione in qualcosa di più articolato e veicolo di emozioni, sentimenti, stati d’animo.
Nascono così, un po’ per caso, le poesie di Mari Mura: come una sorta di compendio della sua vita. Lustri di riflessioni tenute in disparte e che poi, con coraggio, prendono vita. Uno scrivere deciso ma non pretenzioso, solo a tratti controllato per non lasciar trapelare oltremodo i sentimenti. “L’umore delle parole” è un omaggio alla semplicità delle cose più care, le stesse che troppo spesso si danno per scontate ma che, sovente, accompagnano la vita dell’autrice.
Un titolo che - come recensisce Giuseppe Tirotto - si sposa perfettamente con la sostanza della raccolta perché ne condensa la levità che caratterizza l’opera, soprattutto per l’impiego, consapevole e voluto, di anacronistici termini tronchi che infondono un brio scapigliato e dissacrante all’opera.
La raccolta, efficacemente prefata da Flavia Weisghizzi è suddivisa in quattro parti, ognuna introdotta da un proemio, con epilogo esortativo aperto ad un’ostinata fiducia nella vita.
Nella prima mini-silloge riaffiorano i ricordi più atavici e l’interiorità ha il sopravvento. Sono rievocati i legami materni e l’innocenza della bambina che si misura in un rapporto con la madre condizionato da troppo orgoglio e troppo amore e in quello complicato con un padre all’antica.
La seconda mini-silloge è la più corposa (14 componimenti) e anche la più complessa ed è sostanzialmente caratterizzata dal tema dell’amore. Poesie idealizzate, introspettive, espressioniste, seriose e giocose, ordite di versi ora densi ora lievi che talvolta rimangono come sospesi, senza mai evolvere in slanci di autentico eros.
La terza è, invece, orientata a considerazioni sociologiche contingenti, affrontando le problematiche della quotidianità e delle sue contraddizioni che inevitabilmente condizionano la vita, mentre, la quarta e ultima mini-silloge è dominata dalla notevole lirica Guernica (la tela del dipinto di Picasso) che parla in un monologo rivolto all’umanità.
Un collage di vita ed emozioni che, come in un’opera impressionista, si compone di diversi e svincolati tasselli, non sempre omogenei, la cui funzionalità è percettibile solo a posteriori, arretrando e meditando.
Mari Mura (alias Maria Luisa Mura) nasce a Goni nel 1960. Da circa venti anni lavora a Roma e vive nel viterbese, dove ha conseguito la Laurea in Scienze Politiche e coltiva i suoi maggiori interessi. “L’umore delle parole” (Europa Edizioni, Roma, Maggio 2013) è la sua prima silloge edita, già presenta al Salone di Torino, al Caffeina di Viterbo e presso i Giardini Pubblici di Cagliari.
Simone Tatti